La Stampa, 19 marzo 2025
Ora legale, la resa dell’Europa
L’Europa si arrende. Perché tornare indietro è sempre difficile, a maggior ragioni quando le ragioni economiche sembrano più solide di quelle scientifiche. Succede anche per l’ora, quella legale, che anche quest’anno – per essere precisi succederà alle 2 di domenica 30 marzo – ci costringerà a mettere le lancette avanti e a rinunciare a 60 minuti di sonno. Uno sgarbo fastidioso o poco più per quanti godono di buona salute e non mostrano difficoltà a gestire i tempi di veglia e riposo, un problema più serio per chi, al contrario, fa fatica a ricalibrare il proprio orologio biologico. E che può avere ricadute anche professionali, con l’aumento del rischio di incidenti, perdita di concentrazione e di produttività. Così l’eterno dibattito sull’opportunità di cancellare o meno il cambio d’ora da marzo a ottobre si ripresenta, puntuale, ogni anno. E non è una questione che appassiona soltanto i semplici cittadini o i medici interessati a valutare l’impatto sulla salute del doppio cambio, forzato, dell’ora. Anche i governi a più riprese hanno affrontato la questione, senza però mai raggiungere una decisione definitiva.
La proposta dell’Ue
Dopo anni di incertezze, la resa. L’Unione Europea sembra aver definitivamente accantonato l’idea di abolire il cambio d’ora stagionale. Un’idea che aveva preso forma sette anni fa, congelata negli anni difficili della pandemia di Covid e che mai ha saputo trovare una reale applicazione, anche per le sostanziali divergenze di vedute tra i singoli Paesi. La Commissione aveva presentato un «programma di lavoro 2025», lasciando poi a ogni Stato la possibilità di valutare pregi e difetti dell’eventuale abolizione. E dopo il nulla di fatto degli ultimi anni, quel testo potrebbe essere ufficialmente ritirato nei prossimi mesi.
La posizione italiana
Era il novembre 2019 quando l’Italia ha esposto i tre motivi per cui si diceva intenzionata a mantenere l’alternanza tra ora solare e ora legale. Nel marzo dello stesso anno il Parlamento europeo aveva votato per la fine del cambio stagionale dell’ora – l’obiettivo era rendere il provvedimento effettivo già entro il 2021 – lasciando campo libero a ogni Paese europeo sulla sua abolizione o meno. In realtà il dossier inviato alla Commissione era già stato depositato a Bruxelles nell’estate precedente. E il nodo cruciale era, appunto, di natura economica. In ballo c’erano – e ci sono, fatte le dovute correzioni per aggiornare i costi energetici, che continuano a crescere – cento milioni di euro. Quelli risparmiati ritardando, la sera, l’accensione delle luci lungo tutta la Penisola. I conti li aveva fatti Terna: non solo i sette mesi di “lancette in avanti” permettono di immettere nell’atmosfera 250 mila tonnellate in meno di anidride carbonica, ma dal 2004 al 2018 l’ora legale ha fatto risparmiare agli italiani un totale di 1,5 miliardi di euro. In secondo luogo, veniva evidenziata l’assenza di basi scientifiche capaci di evidenziare effetti nocivi sulla salute. Statistiche robuste in grado di confermare, insomma, benefici reali di un’eventuale abolizione dell’ora legale.
Le origini
E del resto sono state sempre ragioni economiche a introdurre lo spostamento delle lancette a seconda della stagione. Adottata definitivamente in Italia nel 1966, dopo essere stata sospesa e ripresa più volte, l’ora legale era stata introdotta proprio come misura per il risparmio energetico durante la crisi provocata dai due conflitti mondiali. Ma già a inizio Novecento l’imprenditore britannico William Willett, attraverso una pubblicazione, aveva proposto di far avanzare l’orologio di 20 minuti per quattro domeniche consecutive di aprile e ritardarlo allo stesso modo in settembre. Il motivo? La modifica «avrebbe migliorato la qualità della vita delle persone, permettendo di godere di più ore di luce durante il tempo libero».
Spaccati in due
Oggi se si guarda al resto dell’Europa, il continente è diviso. Con i Paesi del Nord contrari all’ora legale perché d’estate fa buio più tardi e quindi non sentono come pressante il bisogno di risparmiare sui consumi. Nell’Europa meridionale, invece, il cambio permette di avere un’ora in più nelle sere estive e una in più nei freddi mattini invernali, consentendo così di ottimizzare i consumi energetici.