Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  marzo 19 Mercoledì calendario

Dall’ex palazzo di Visibilia piovono scatole di Hermès

Al signor Piero piacciono le calze a righe. Più di quelle di lana grossa coi rombi che “fanno sudare i piedi”. A sistemarle per benino nella scatola è stata però la moglie, che la sa lunga. Scoprono che prima conteneva una borsetta da 15 mila euro, si guardano increduli. Ma la vera sorpresa è quando il signor Piero apre l’armadio, e inizia a tirarne fuori una via l’altra: tante arancioni con bordo nero e scritta Hermès, altre bianche con marchio Gucci, Valentino e via dicendo, in tutto saranno una dozzina. “Arrivano dal palazzo di fronte”, dice lei, quasi discolpandosi. Siamo in via Pompeo Litta 8 a Milano, dove due ignari pensionati le scrutano ora con occhi nuovi. Raccontano che allo stabile di fronte, al civico 9, c’era la sede storica di Visibilia. Dopo che ha chiuso, è saltata fuori quella batteria di scatole. “Pareva brutto buttarle e quando mi hanno chiesto se qualcuno le voleva le ho prese. Sarà stato un anno fa o poco più, sono così importanti?”. Dipende, signora.
“Non sono le mie! – tuona la ministra raggiunta dal Fatto – Le custodisco come reliquie, quando torno a Milano giuro che le mando le foto”.
Il fatto è che due giorni fa, Daniela Santanchè è tornata sul caso spiazzando tutti: “Grazie a Dio abbiamo trovato anche la fattura, ci vediamo in tribunale” ha detto rivolgendosi all’ex amica Francesca Pascale, rea di aver raccontato al Fatto di aver portato in una boutique quella che le regalò nel 2014, scoprendo che era una patacca. Le chiediamo per ben sei volte se le fatture di cui parla siano a nome suo o della società, ma la ministra non risponde. “Abbiamo depositato tutto, sarà tutto reso pubblico”. Parla però di “fatture”, cioè di documenti commerciali e fiscali intestati a una società, come è appunto Visibilia. Se l’avesse pagata in proprio, in negozio le avrebbero certo consegnato solo un comune scontrino fiscale, non una fattura. Se era un regalo, poi, le avrebbero rilasciato lo “scontrino cortesia” dove sono riportati il codice identificativo della borsa acquistata, la durata della garanzia, ma non il costo. E nessun problema sarebbe emerso dopo 11 anni. Santanché però dice anche “le abbiamo ritrovate”, come se parlasse di una vera e propria contabilità aziendale, l’unica verosimilmente capace di risalire a fatture emesse 11 anni prima. Nel frattempo, saltano fuori queste scatole, e proprio dal palazzo dove stavano gli uffici di Visibilia, a due passi dal negozio di via Monte Napoleone e dal tribunale dove si celebrano le udienze per falso in bilancio e truffa all’Inps. È qui che sono state “salvate”. La signora ce le presta. Sotto braccio le portiamo alla boutique per capire se sono originali visto che su eBay si vendono a 30 euro, mica poco per una scatola vuota. “Mi sembrano uguali”, dice la commessa di Hermes, mentre ripone una Kelly da 30mila euro indossando guanti di velluto. “Noi verifichiamo le borse mandandole a Parigi, non le scatole. È piuttosto singolare che una cliente se ne separi”.
Il mistero resta e anzi solleva domande nuove rispetto alla querelle originale/falso. I primi a farsele sono i piccoli azionisti di Visibilia che, con i loro esposti, hanno innescato gli accertamenti sulle società del gruppo. Sono inferociti. Guai se si accertasse che, mentre la società colava a picco, i suoi amministratori si concedevano anche questi lussi. Non lo esclude Giuseppe Zeno, oggi teste chiave dell’accusa. “In altri procedimenti paralleli, come quello di Ki Group e Bioera, è stato contestato all’ex marito Canio Mazzaro l’utilizzo di appartamenti indicati come ‘uso foresteria’, dove in realtà abitava. Idem per la famosa Maserati con le multe salate di cui avete scritto voi”. Il tema non è poi così peregrino. “Sarebbe gravissimo se le avesse acquistate coi soldi della società, perché già allora Visibilia correva verso il dissesto. Per ragioni di prescrizione, la Procura ha circoscritto le contestazioni al 2018, ma l’indagine ha documentato che già dal 2014 le perdite venivano occultate”.
Lo stesso, sostiene il manager di Torre del Greco residente alle Bahamas, anche se le avesse comprate con soldi suoi. “Perché sempre da Visibilia arrivavano: nonostante le perdite, gli amministratori hanno continuato ad attribuirsi stipendi esorbitanti che erano illeciti. Il loro reimpiego per pagare borse e altri lussi configurerebbe l’autoriciclaggio, un reato ben più grave di quelli che oggi vengono contestati”. Le indagini in effetti si sono concentrate sugli aspetti finanziari principali, il dissesto e il falso in bilancio. “La procura, tramite la Gdf, dispone ora di tutta la movimentazione bancaria che è sempre preclusa agli azionisti. Il mio auspicio è che si vada fino in fondo anche su acquisti e spese personali: essendo quotata, la società non era della signora Santanchè, ma di tutti gli azionisti”.