Il Messaggero, 19 marzo 2025
Circeo, riaffiora la necropoli dell’Homo Sapiens con tombe e ossa scarnificate
Un piccolo saggio di scavo, appena due metri quadrati di estensione. E dagli strati più profondi sono cominciate ad affiorare ossa umane preistoriche di oltre 9000 anni fa. Una sorpresa per l’équipe di archeologi al lavoro in un lembo ameno del Circeo, proprio sul margine occidentale del promontorio, a picco sul mare, dove è stata riportata alla luce la necropoli più antica del Lazio, legata all’Homo Sapiens.
E lo stupore non è finito, quando tra gli arti quasi completi dello scheletro di una giovane donna, gli studiosi hanno identificato i segni di tagli profondi eseguiti con uno strumento di pietra per distaccare carni e muscoli dal corpo. Mistero misto a meraviglia. «Siamo di fronte ai resti umani degli ultimi cacciatori raccoglitori del Mesolitico, qualche millennio prima che l’Homo Sapiens cominciasse a praticare l’agricoltura e l’allevamento», commenta l’archeologo Flavio Altamura, che ha condotto le ricerche insieme a Margherita Mussi in collaborazione con la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Province di Frosinone e Latina.
I SETTE SCHELETRI
Oltre il famoso faro di questa piccolo angolo di paradiso a sud di Roma, quasi a voler rubare la scena alle figure mitologiche di Ulisse e della Maga Circe che qui sono protagonisti da sempre, l’Homo Sapiens con i suoi rituali funerari sembra riscrivere una pagina della sua storia. «Sono stati rinvenuti gli scheletri di almeno sette individui, tra adulti, una giovane donna e bambini, databili tra 9300 e 7300 anni avanti Cristo», spiega Altamura, non nuovo a grandi imprese, visto che proprio sotto la direzione della Mussi ha partecipato alla storica missione archeologica italiana della Sapienza sull’altopiano etiopico di Melka Kunture, dove ha identificato l’impronta fossile più antica del mondo di un bambino, vissuto oltre 700mila anni fa.
«Resti umani di questo periodo non erano mai stati documentati nel Lazio – riflette Margherita Mussi – e sono estremamente rari in Italia centrale e nella penisola in generale, dove sono stati rinvenuti in appena una dozzina di siti». Il sito della necropoli aveva già calamitato l’attenzione degli studiosi negli anni ‘60, restituendo prime tracce di sepolture. Poi abbandonato. Si tratta del cosiddetto Riparo Blanc, un deposito archeologico ai piedi di una falesia. Roccia sulle teste e mare sotto i piedi. Non siamo lontani dalla Grotta Guattari che ha restituito il tesoro dei Neanderthal del Circeo.
LA DATAZIONE AL C14
La datazione al C14 dei reperti ossei (quelli nuovi e quelli precedenti) è stata risolutiva. «I resti umani dell’area funeraria risalgono al Mesolitico e sono i primi di questo periodo conosciuti nel Lazio», avverte Altamura. Ma il caso della donna “scarnificata” resta tutto da sciogliere, come riportato sullo studio appena pubblicato sul Journal of Archaeological Science. «Abbiamo scoperto che alcuni di questi resti appartengono infatti ad una giovane donna. Sono presenti numerosi frammenti e soprattutto un arto superiore quasi completo», riporta l’antropologo Mauro Rubini.
IL CORPO MANIPOLATO
Sono state le analisi condotte nel laboratorio di Antropologia della Soprintendenza ad evidenziare che il corpo è stato manipolato dopo la morte. L’omero documenta alcuni segni di tagli effettuati con uno strumento di pietra, eseguiti per il distacco delle masse muscolari. «Ci sono varie ipotesi per spiegare questo dato, molto raro nel record preistorico italiano: si trattava di una pulizia delle ossa finalizzata ad un trattamento rituale del cadavere, oppure quella carne fu asportata per un atto di cannibalismo», commenta Altamura. Per il soprintendente Alessandro Betori è «Un ennesimo caso attestante l’importanza del promontorio del Circeo nelle più antiche età dell’uomo».