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 2025  marzo 14 Venerdì calendario

Groenlandia, Trump prova a coinvolgere la Nato. L’ira dell’isola e dei danesi

Mentre nella capitale groenlandese tutto è rallentato dall’ennesima tempesta di neve che frena la certificazione ufficiale dei risultati del voto tenutosi martedì perché l’aeroporto è di nuovo chiuso e dai luoghi più remoti non sono ancora arrivate le schede, le nuove esternazioni di Donald Trump aumentano il nervosismo locale. Il presidente degli Stati Uniti ieri l’ha infatti ripetuto: «Penso che l’annessione avverrà. Abbiamo lì dei soldati e potrebbero arrivarne di più», ha detto riferendosi evidentemente alla base aerea di Pituffik, la più a nord fra quelle controllate dagli americani, un piccolo contingente di 250 soldati. Sostenendo che «la Danimarca non ha nulla a che fare con la Groenlandia, una loro barca è approdata lì per sbaglio duecento anni fa». Ha poi cercato di tirare dalla sua parte pure il segretario generale della Nato Mark Rutte in visita a Washington: «Sai Mark, ne abbiamo bisogno per la nostra sicurezza nazionale. Molti dei nostri nemici navigano lungo la sua costa, dobbiamo stare attenti». L’olandese ha reagito imbarazzato: «Lasciami fuori dalla discussione, non voglio coinvolgere la Nato» ha detto ridacchiando. Per poi affermare che le «preoccupazioni degli Stati Uniti rispetto a quell’area del mondo sono motivate. Sappiamo che Cina e Russia usano quelle rotte, e noi abbiamo una carenza di navi rompighiaccio».
Una risposta che qui ha mandato su tutte le furie l’intero spettro politico.«Basta così» ha ruggito il premier uscente Múte Egede, annunciando una riunione dei leader dei diversi partiti «al più presto» per respingere tutti insieme l’ennesima offensiva verbale del presidente americano. «Dobbiamo essere più fermi e duri nel ribadire il nostro no all’annessione. Rispetto il risultato delle elezioni ma finché guiderò il governo mi considero obbligato a reagire. Non può continuare a trattarci senza rispetto. Quando è troppo è troppo». Tanto più che un recente sondaggio ha chiaramente detto che l’85 per cento dei groenlandesi non vuol diventare americano.
Un sentimento che si è riflesso pure sulla tornata elettorale, vinta dai Demokraatit, il partito che ha meno fretta sull’indipendenza. Sostenitori, sì del divorzio dalla Danimarca: ma graduale. Il che vuol dire che la maggior parte degli elettori si sente per ora più protetto dal legame col paese europeo. E infatti anche il suo leader Jens-Frederik Nielsen, destinato ad essere il prossimo primo ministro, ha respinto duramente le affermazioni di Trump definendole «Inappropriate. Dobbiamo essere uniti in questa situazione», ha scritto sul suo profilo Facebook.
«L’Unione Europea sostiene pienamente il Regno di Danimarca. Sovranità nazionale, integrità territoriale e indisponibilità dei confini fanno parte della Carta delle Nazioni Unite. Sono principi universali e non smetteremo di difenderli. A maggior ragione se l’integrità territoriale di uno stato membro della Ue è messa in discussione» ha detto pure la portavoce della Commissione europea Anitta Hipper. Mentre durissime sono state pure le reazioni di Copenaghen: «Non apprezziamo che il segretario generale della Nato scherzi con Trump sulla Groenlandia in quel modo. L’invasione dell’isola significherebbe una guerra tra due Paesi Nato», ha infatti scritto su X il presidente della commissione Difesa del Parlamento danese, Rasmus Jarlov. Ricevendo una risposta decisamente arrogante addirittura da Roger Stone – l’ex consigliere di Donald Trump condannato nell’ambito del Russiagate (fu accusato di essersi procurato da WikiLeaks le mail di Hillary Clinton): «Questa è la tua opinione malata, demente, ripugnante e infondata. Il problema è che non sei nessuno e non parli a nome della gente della Groenlandia. Fattene una ragione, a nessuno importa cosa pensi di niente», gli ha ruggito contro. Ma pure il ministro degli Esteri danese Lars Lokke Rasmussen ha ribadito la posizione ferma del suo governo: «La Groenlandia non può essere annessa dagli Usa. La difendono il trattato Nato, la Carta delle Nazioni Unite e il diritto internazionale».