Corriere della Sera, 13 marzo 2025
Inghilterra, perché sono in aumento i minorenni assassini? L’ultimo caso: una 13enne a processo per aver ucciso una donna di 43 anni
Un orsacchiotto di peluche tra le mani, la tuta grigia dei suoi coetanei, il viso di una bambina che si affaccia appena all’adolescenza. Parla davanti al giudice solo per confermare il suo nome – che la legge protegge con l’anonimato – e la sua età: 13 anni. Una teenager, in tribunale in Inghilterra non da vittima bensì come presunta assassina di una donna di 43 anni, Marta Bednarczyk, a sua volta madre di tre figli, uccisa questa settimana a casa sua, a Newcomen Road, nella cittadina di Northampton. Un caso raccapricciante soprattutto per la giovanissima età dell’imputata e che porta il Paese, ancora una volta, a domandarsi cosa stia succedendo ai suoi ragazzini: perché tanta violenza?
L’anno scorso il 19enne Shawn Sheesashi era stato picchiato e fatto a pezzi da una banda di dodicenni a Wolverhampton; Alfie Lewis, 15 anni, era stato pugnalato a morte da un 14 enne davanti a una scuola elementare di Leeds; mentre la 16enne Brianna Ghey era stata uccisa a Manchester da due coetanei. Il responsabile della strage di Southport, la scorsa estate, aveva appena 17 anni.
L’impressione che siano in aumento i casi di violenza estrema da parte di ragazzi giovanissimi – e non solo nel Regno Unito – è confermata dai fatti: la percentuale di verdetti di colpevolezza per gli under 16 in casi di omicidio in Gran Bretgna è raddoppiata nei dieci anni tra il 2013 e il 2023. I dati relativi al 2024 indicano che otto under 16 (cinque maschie tre femmine) sono stati giudicati colpevoli di omicidio.
Secondo alcuni esperti tra le cause c’è l’«accettazione di livelli estremi di violenza» tra i giovanissimi. Secondo il criminologo Simon Harding, un caso che dieci anni fa sarebbe sfociato in una scazzottata, oggi ha più probabilità di vedere l’utilizzo di un’arma, come un pugnale: i ragazzi, inoltre, sanno dove colpire per infierire il danno maggiore.
Non a caso sta facendo discutere in Gran Bretagna una serie televisiva, Adolescenza, in cui un tredicenne è accusato di aver pugnalato a morte una compagna di classe, uno sceneggiato che in quattro episodi mostra l’effetto di un atto di estrema violenza sull’esistenza dei genitori e la famiglia della vittima, così come del colpevole.
Possibile che la violenza delle immagini di cui i ragazzi si nutrono attraverso social e giochi online contribuisca e normalizzare gesti e comportamenti estremi? Per David Baszuchi, cofondatore e amministratore delegato di Roblox – piattaforma di gaming con circa 80 milioni di utenti al giorno, di cui il 40% ha meno di 13 anni – una parte di responsabilità spetta ai genitori: «Il mio primo messaggio è, se non siete a vostro agio, non permettete che i vostri figli utilizzino Roblox. Mi fiderei sempre dei genitori».