la Repubblica, 12 marzo 2025
Markov, ex consigliere di Putin: “Il cessate il fuoco in Ucraina una trappola, non serve a nulla”
Il falco Sergej Markov, ex consigliere putiniano e direttore dell’Istituto di ricerche politiche di Mosca, parla con la solita schiettezza: «Sarebbe stato meglio per tutti se i negoziati a Gedda tra fossero falliti», ammette in videocollegamento con Repubblica.
Che cosa intende?
«Se le trattative fossero fallite, lo stop statunitense agli aiuti a Kiev sarebbe diventato definitivo e l’esercito russo sarebbe potuto avanzare più rapidamente. Alla fine, anche l’Europa sarebbe stata costretta a premere per una pace perché da sola non sarebbe riuscita a farsi carico del sostegno all’Ucraina e, insieme agli Usa, si sarebbe disfatta di questo Volodymyr Zelensky che è oramai diventato un maniaco della guerra. Dopo un certo inasprimento delle ostilità in primavera-estate, verso la fine dell’anno ci sarebbe potuta essere una pace totale».
Che pensa di quest’intesa?
«Come dicevamo da bambini, hanno ingannato un idiota con quattro pugni. Il gambetto di Zelensky è riuscito. Ha teso un agguato a Donald Trump, proprio come negli scacchi. Insieme a Gran Bretagna, Francia e Ue, è riuscito a tirargli un bidone. È semplice: ha fatto finta di acconsentire a tutte le sue proposte, sapendo però che la Russia è contraria a una tregua. Ora Trump proporrà la tregua a Putin che dirà di no. A litigare stavolta saranno Trump e Putin e gli Usa rientreranno nuovamente nel Partito della guerra con l’Europa. È un piano progettato da Londra e Parigi. Hanno spiegato a Zelensky che non occorre litigare con Trump, bisogna prenderlo in giro facendo finta di dargli ragione su tutto».
L’attacco di droni ucraino contro la Russia ha influito sui colloqui?
«L’obiettivo era di certo influenzare i negoziati. La Russia, si sa, propone una pace onnicomprensiva. Trump proponeva di firmare una tregua terra, mare e aria, invece Zelensky solo aria e acqua. Dal momento che vuole e spera che la Russia rinunci alla tregua perché Mosca e non ne ha bisogno, con l’attacco voleva smentire che la Russia sia più forte nell’aria. Così quando Putin respingerà la tregua, potrà aizzare Trump contro di lui dicendo che è Mosca a non volere la pace. Ma l’attacco in realtà ha dimostrato l’efficacia della nostra difesa aerea».
Gli Usa dicono che ora la palla è nel campo russo. Putin può davvero permettersi di rifiutare la tregua?
«La Russia ha bisogno di una pace, non di una tregua. Siamo sicuri che una tregua sarebbe una bugia totale da parte di Kiev e dell’Europa. L’Europa ha già dimostrato di essere bugiarda quando i leader di Francia e Germania, come hanno detto loro stessi, hanno firmato gli Accordi di Minsk-2 per fregare la Russia e ridare fiato all’Ucraina mentre la riarmavano. Putin ha detto chiaramente che, quando gli cominciano a mancare proiettili e cartucce, il nemico comincia a chiedere una tregua, ma lo fa soltanto per produrre più cartucce e proiettili. Una tregua del genere non serve alla Russia. Non ci dobbiamo cascare. A meno che, durante la tregua, non venga introdotto l’embargo totale sulle forniture di armi da parte di tutti i 52 Paesi della Coalizione Rammstein, noi continueremo a combattere fino alla fine».
Quali saranno i prossimi passi?
«L’inviato Usa Steve Witkoff porterà la proposta sul tavolo di Putin, ma dubito che Putin la accetterà. Per me le possibilità di una pace entro la fine della primavera sono del 20 per cento, entro fine anno del 65 per cento».
Ieri mattina Dmitrij Peskov aveva invitato a non vedere Trump con gli “occhiali rosa”. Non si fidava?
«Il Cremlino crede che Trump voglia sinceramente una pace. Il problema è che, anche durante il suo primo mandato alla Casa Bianca, sembrava sinceramente interessato a migliorare i rapporti con la Russia, ma ha prevalso il cosiddetto Deep State, Stato Profondo. Non possiamo escludere che vada finire allo stesso modo».