Il Messaggero, 9 marzo 2025
Musk, il contrordine di Aviano: «Tutti devono rispondere alla mail». Tensione alla Base Usa
Sale la preoccupazione alla Base di Aviano: il timore di un possibile piano di ridimensionamento militare da parte degli Stati Uniti sta sfiorando più di qualcuno. Nel frattempo, proprio in questi giorni è arrivato il nuovo contrordine da parte dei vertici dell’area commerciale. Attraverso una comunicazione diramata dalla direzione a tutti i suoi iscritti, nella tarda serata di venerdì l’Aafes (Army and Air Force Exchange Service) ha infatti invitato i propri dipendenti a fornire, entro martedì a mezzogiorno, l’ormai noto resoconto in cinque punti relativo alle mansioni svolte nella settimana precedente, «ad esclusione dei documenti classificati o dei dati sensibili». È la “direttiva Musk”. I rapporti dovranno essere inviati in copia anche al proprio supervisore. In calce al documento di posta elettronica giunto venerdì sera è visibile anche il messaggio inviato nello stesso giorno dal Segretario Usa alla difesa, Pete Hegseth, in cui si sottolinea che tutti i dipendenti civili del Dipartimento della Difesa (Dod) sono tenuti a sottoscrivere i cinque punti come indicato.
Tensione
Nessuna risposta ufficiale è invece stata data alle rappresentanze sindacali, fino a ieri ancora in attesa di un riscontro alla missiva da loro indirizzata all’ambasciatore americano in Italia, Jack Markell, al Ministero dell’Interno italiano e al Jcpc (Joint Civilian Personnel Commettee-Italy), al fine di ottenere indicazioni riguardo i dipendenti civili italiani. In base a quanto sollevato dai sindacati, infatti, i lavoratori italiani rispondono alla legislazione del nostro Paese, e dunque a loro la richiesta non avrebbe dovuto essere inoltrata. Ad essere contestata dai sindacati, in particolare, è la modalità con cui la situazione è stata e continua ad essere gestita. E se nel frattempo qualcuno spontaneamente ha già provveduto a compilare e inoltrare la richiesta avanzata dal Dod, altri sono ancora in dubbio sul da farsi. In ogni caso, ad oggi, nonostante le prime mail relative ai “cinque punti” siano giunte ormai da diversi giorni, sembrerebbe non sia stato ancora segnalato alcun licenziamento nei confronti di chi non ha fornito il resoconto.
L’altra vertenza
Prosegue anche la querelle che riguarda i possessori delle carte di credito governative statunitensi, che da giovedì 6 marzo sono state bloccate per 30 giorni. Un provvedimento preso sempre dai vertici americani che andrà a sospendere per il prossimo mese (salvo eventuali eccezioni) tutti gli acquisti utili alle attività della missione, con significative ricadute in termini di indotto sul territorio. Sia le e-mail che il blocco delle carte di credito potrebbero essere interpretate come operazioni in linea con i fini che hanno condotto all’istituzione del “Doge”, il Dipartimento per l’efficienza del governo degli Stati Uniti, un organismo consultivo ma non ufficiale del governo nato principalmente per tagliare le spese del governo federale. La Base di Aviano, in realtà, è già reduce da un ridimensionamento della forza lavoro, se si pensa alle numerose posizioni da poco perse in termini di personale italiano all’interno dell’area commerciale dell’Aafes, a seguito dell’uscita volontaria di oltre 20 persone su incentivo. Una decisione presa dai diretti interessati a conclusione del lungo percorso che, dopo l’iniziale annuncio di 44 esuberi del settembre scorso, è stato seguito dallo sciopero indetto a novembre e dall’intensa attività da parte delle forze sindacali accorse in soccorso dei dipendenti. A gettare un’ombra di preoccupazione ad Aviano è soprattutto una consapevolezza. Da un lato, a tutela del personale non militare italiano, nell’installazione ci sono i sindacati e i punti fermi contenuti negli accordi bilaterali Italia-Usa, stabiliti in occasione dell’apertura della missione (secondo i quali la forza lavoro deve essere prevalentemente locale). Dall’altro è altrettanto vero che, qualora il governo americano optasse per un piano di ridimensionamento militare su scala europea, la situazione potrebbe ripercuotersi davvero anche in Italia. Ciò significa che la forza lavoro italiana potrebbe subire legittimamente un ridimensionamento proporzionato a quello dell’attività militare.