il Fatto Quotidiano, 9 marzo 2025
FdI: meno vincoli ambientali sui poligoni e le basi militari
La difesa nazionale è di esclusiva competenza dello Stato. E le caserme, le basi militari e di addestramento non saranno più soggette alle leggi regionali che impongono vincoli ambientali, a meno che non ci sia il “consenso” dello Stato maggiore della Difesa. Le Regioni, dunque, non devono impicciarsi nelle future strutture militari sul territorio italiano. È questo il cuore di una proposta di legge a prima firma della deputata pavese di Fratelli d’Italia Paola Chiesa, appena incardinata nella commissione Difesa della Camera, e che il governo vuole iniziare a discutere. Una norma che si inserisce in uno specifico contesto: quello del piano di riarmo europeo da 800 miliardi proposto dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e dell’aumento degli investimenti che l’Italia dovrà fare per raggiungere il target del 2% del Pil in materia di Difesa.
La proposta di legge, presentata il 21 maggio ma incardinata giovedì scorso in commissione alla Camera, modifica le norme sul ministero della Difesa nel codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo 66 del 2010). Il primo prevede una puntualizzazione nel codice dell’ordinamento militare: in linea con l’articolo 117 della Costituzione, la nuova norma specifica che tutto ciò che riguarda le forze armate e la difesa nazionale sia di competenza esclusiva dello Stato centrale nonché “la predisposizione, l’organizzazione e l’addestramento delle unità degli enti” tanto quanto “la dislocazione delle unità militari e delle aree addestrative”.
Questa è la cornice. La nuova norma introduce una sorta di “clausola” di compatibilità delle leggi ambientali alle aree militari. Per rispettare le “esigenze di sicurezza nazionale” e la “preparazione delle Forze armate nonché sulla loro capacità addestrativa e logistica” in seguito alle guerre in Ucraina e in Medio Oriente, come si legge nella relazione illustrativa, la proposta prevede che in un’area su cui costruire una base militare, un poligono o anche solo una caserma non si applichino i vincoli ambientali senza che prima ci sia il consenso dello Stato maggiore della Difesa. Per fare un paragone simile, sarebbe come chiedere a Confindustria il permesso su un’area vincolata che contiene una fabbrica. Difficile che la Difesa possa opporsi.
Un evidente passo indietro rispetto alle conclusioni della Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito guidata da Gian Piero Scanu, risalenti al 2018: allora si stabilì infatti che non fosse accettabile che la Difesa avesse piena giurisdizione su se stessa in materia di tutela della salute e dell’ambiente. Nello specifico la questione riguardava i poligoni sardi, in particolare capo Teulada ma anche Salto di Quirra: per decenni lì sono state fatte esercitazioni con armi potentissime. La penisola Delta di Teulada, sudovest della Sardegna, è zona interdetta da terra e da mare ed è stata dichiarata addirittura non bonificabile, ma i generali responsabili dell’inquinamento sono stati assolti nel luglio 2024 perché i giudici hanno ritenuto che la normativa ambientale fosse applicabile ai poligoni militari solo dal 2018 in base a una legge del 2017.
Secondo un esponente di maggioranza a conoscenza della questione, la prima base su cui si potrebbe applicare la legge potrebbe essere quella di Coltano, a Pisa. Un progetto del governo Draghi aveva previsto la nascita di una base militare nel parco di San Rossore ma, dopo le proteste dei comitati e una parziale retromarcia, a luglio il governo Meloni ha rilanciato il progetto con uno stanziamento da 20 milioni senza costruirla ex novo nel parco ma riqualificando un centro militare dismesso. Non a caso la nuova legge di FdI equipara le basi militari alle aree industriali dismesse. Il movimento No Base però denuncia che anche il nuovo progetto sia protetto da vincoli paesaggistici che ora sarebbero superati.
La norma solleva perplessità nella maggioranza: le nuove basi militari impattano sui cittadini in alcune Regioni al voto, come la Toscana. Il capogruppo M5S in commissione Difesa Marco Pellegrini parla di “proposta folle” perché “calpesta ogni possibilità di controllo e di bilanciamento dei poteri sull’uso e trasformazione del territorio a fini di difesa nazionale. È l’ennesimo tentativo di stravolgere le regole, procedure e controlli, oggi esistenti, per mettere, di fatto, ogni decisione in mano ai militari, ignorando le volontà dei cittadini e dei territori”. La deputata Chiesa, contattata, non ha risposto.