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 2025  marzo 09 Domenica calendario

Israele annuncia: «Tagliamo l’elettricità a Gaza». E Smotrich: «Un organismo per spostare i palestinesi»

Bibi stringe la morsa sulla Striscia e cerca di mettere Hamas definitivamente all’angolo. Ultima mossa, il taglio dell’elettricità che – confermano fonti umanitarie al Corriere – avrà più che altro effetti sulla distribuzione d’acqua.
Se la fornitura energetica dell’enclave passa tutta dai generatori, ad andare in stop dovrebbe essere l’unico impianto di desalinizzazione dell’acqua. Difficile dunque ancora capire quali saranno gli effetti reali dello stop. Ma la decisione arriva dopo il nuovo blocco degli aiuti umanitari ed è stata annunciata da Eli Cohen, ministro dell’Energia israeliano che, in un video, ha spiegato come Israele userà «tutti i mezzi disponibili per garantire il ritorno di tutti gli ostaggi israeliani».
Obiettivo, fare pressioni sulle trattative, in vista della ripresa dei colloqui prevista per oggi a Doha cui prenderà parte anche l’inviato del presidente Usa Donald Trump, Steve Witkoff. Presente una delegazione israeliana di alto livello di cui fanno parte il responsabile del governo per la liberazione degli ostaggi, Gal Hirsch, alto funzionario dello Shin Bet, noto come «M», e il consigliere politico del premier Benyamin Netanyahu Ophir Falk.
Ma soprattutto si vuole costringere Hamas ad accettare un’estensione fino a metà aprile della prima fase del cessate il fuoco, entrata in vigore a metà gennaio ma finita formalmente lo scorso weekend. Il tutto dopo che Trump ha aperto un canale negoziale diretto con Hamas, mossa che ha infastidito Netanyahu. Il blocco degli aiuti annunciato domenica scorsa coincide con il tentativo di monopolizzare la gestione delle merci in ingresso nella Striscia. In due riunioni con le agenzie umanitarie, mercoledì e giovedì, il Cogat, l’unità del ministero della Difesa israeliano che coordina gli affari civili nei territori occupati, ha annunciato la decisione di permettere l’ingresso degli aiuti solo dal varco di Kerem Shalom.
Tutti i tir verrebbero indirizzati verso diversi nuovi «hub logistici» istituiti da Israele, la cui sicurezza verrebbe fornita da appaltatori privati, Hamas prova a tenere il punto sull’inizio della seconda fase della tregua, come previsto dall’accordo originario, chiedendo l’ingresso degli aiuti «senza restrizioni o condizioni». Ma l’Idf non ferma i raid che sono continuati anche nel weekend sia sul Nord che su Rafah. A complicare ulteriormente il quadro, i colloqui diretti tra gli Stati Uniti e Hamas, volti principalmente a liberare cinque cittadini statunitensi. E non solo. Forte del ritorno alla Casa Bianca di Trump, l’ultradestra messianica israeliana preme l’acceleratore per l’implementazione del piano Usa su Gaza per trasformare la zona «nella Riviera del Medio Oriente».
Un progetto che prevede quella che i critici chiamano «operazione di pulizia etnica». Non a caso,ieri il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich, il falco di estrema destra, ha annunciato un’«amministrazione per la migrazione» che sovrintenderà all’esodo dei palestinesi dalla Striscia di Gaza. Con una minaccia: «I gazawi non avranno nulla da cercare a Gaza nei prossimi 10-15 anni. Dopo che riprenderemo i combattimenti e tutta Gaza sembrerà Jabalia, non avranno più nulla da cercare lì».