il Giornale, 8 marzo 2025
Il plotone delle vedove russe e ucraine, madri con il seme congelato dei mariti caduti
Sia in Russia che in Ucraina, sotto il fuoco incrociato di due eserciti, c’è un plotone di donne che non intende rinunciare ad avere figli, decidendo di farli nascere in memoria del padre, ovvero dopo la morte di mariti, compagni, partner o fidanzati, tutti giovani soldati mai tornati dal fronte della guerra in atto, dove hanno perso la vita, ma che avevano lasciato preventivamente in dotazione il proprio seme congelato.
Già dal 2022 l’Istituto Clinico di Medicina Riproduttiva di Ekaterinburg, sugli Urali, che per primo ha avuto l’idea, ha criocongelato lo sperma di decine di migliaia di giovani uomini in partenza per la guerra, e tale materiale genetico, arrivato da tutte le regioni della Russia in seguito a una direttiva sostenuta, politicamente ed economicamente, dalle autorità centrali governative, è stato conservato con la finalità di esser utilizzato in futuro, qualora necessario, per «minimizzare le perdite demografiche». Che sia una polizza contro il calo demografico, una scommessa sul futuro o una realistica strategia aritmetica per non far scomparire una intera generazione, le ragioni politiche di questa scelta vengono spiegate, su Le Monde, dall’avvocato russo Olena Babich, che si occupa di fecondazione assistita, come una modalità per «trasmettere e proteggere il patrimonio genetico e un diritto acquisito per mettere in salvo il Dna della nazione». Sul sito web di San Pietroburgo, pochi giorni dopo l’annuncio della mobilitazione di oltre 300mila riservisti, c’è stato un boom di richieste per il congelamento delle proprie cellule riproduttive, e anche in Ucraina si è registrato un aumento del 40% di inseminazione artificiale da parte di famiglie che avevano un soldato morto in guerra, e sono centinaia le notizie che ogni giorno trapelano di concepimenti o nascite.
Sia in Russia che in Ucraina il congelamento dello sperma è gratuito e il costo del percorso di fecondazione assistita è molto contenuto, motivo per cui arrivano richieste da tutto il mondo, ma oggi, con la guerra in corso, tale procedura ha avuto una impennata, e sono state rapidamente superate e messe da parte tutte le questioni etiche e legali in discussione nelle Commissioni di Bioetica dei Parlamenti, al punto che, in alcuni casi, è stato accettato anche il prelievo di sperma dai soldati morti che non lo avevano donato, benché tale prelievo e utilizzo non sia a oggi regolamentato, visto che questa procedura richiede l’incisione del testicolo sul cadavere entro le 24 ore dalla morte, con successiva biopsia, isolamento delle cellule spermatiche e loro congelamento. La vitalità dello sperma resta alta se recuperato entro il giorno del decesso e anche gli spermatozoi non più mobili dei due giorni successivi e fino a 72 ore dalla morte, possono essere resuscitati per scopi di fecondazione. Una tecnica ideata in Israele e legale solo in questa nazione, autorizzata dopo le morti di molti ragazzi trucidati durante il festival Re’im del 7 ottobre, che sta prendendo piede silenziosamente anche in altri Paesi, e che viene applicata senza regole e anche senza consenso preventivo del donatore, ma semplicemente in assenza di una obiezione esplicita e dimostrabile, facendo affidamento sul desiderio della persona morta.
Ma è eticamente accettabile per una madre concepire un figlio come compensazione al lutto di un coniuge, farlo nascere già orfano di un genitore e farlo crescere senza una figura paterna, o che i genitori di un figlio morto possano utilizzare i suoi spermatozoi per avere dei nipoti da donne volontarie che non hanno mai incrociato il cammino del defunto? E dal punto di vista legale, un figlio concepito post mortem verrà riconosciuto come legittimo erede di un padre deceduto e mai conosciuto, ma del quale porta il cognome?
Un economista dell’Università Statale della Buriazia, Nikolaj Atanov, ha proposto al governo che lo Stato si assuma tutto il costo economico, dalla raccolta del seme alla maggiore età dei figli dei caduti, fino al loro inserimento sicuro nel mondo del lavoro, poiché considerati «prole degli eroi di guerra», anche per ottemperare alle spese delle madri rese vedove a causa del conflitto voluto dallo stesso Stato. Certamente la guerra tra Russia e Ucraina ha provocato in quei territori un calo demografico consistente di una intera generazione di giovani, alla quale è necessario porre rimedio per ragioni storiche e politiche, anche con un solido sostegno alla fertilità, e in molti Paesi le politiche demografiche e pronataliste hanno una rilevanza sempre crescente, la maternità è interpretata come un valore fondamentale per garantire la trasmissione dell’identità e il rinnovamento delle popolazioni.
Questo prelievo preventivo del seme dalle migliaia di giovani combattenti periti e la successiva fecondazione e impianto in utero di donne vedove o surrogate, è percepito dalla popolazione russa e ucraina come un omaggio ai soldati caduti, un mezzo per garantire che la loro eredità genetica e la loro essenza spirituale al sacrificio non scompaia e duri nel tempo, ma quei bambini che nasceranno non saranno mai dei cloni dei padri deceduti, bensì dei neonati dati alla luce come mezzi per sopravvivere al dolore di una perdita considerata ingiusta, causata da un conflitto subìto e imposto dai governi. E se le politiche per la fertilità esistono ormai in tantissimi Paesi, il congelamento dello sperma dei giovani soldati per garantire loro la possibilità di procreare anche in caso di morte, sta registrando numeri senza precedenti, sospendendo tutte le norme che imponevano di passare dai tribunali, per garantire protezione della specie e risarcimenti umani e morali dopo le stragi di guerra.
Una questione di sopravvivenza collettiva, fisica e culturale di un popolo provato da un conflitto mai accettato razionalmente, dove il soldato donatore trucidato al fronte diviene sia «il fornitore del prodotto che il prodotto principale stesso», che produrrà centinaia di futuri nascituri, membri di famiglie matriarcali, concepiti per far rinascere una nazione della quale magari si sentiranno, come i loro padri biologici, visto il patrimonio genetico acquisito, i futuri soldati.