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 2025  marzo 08 Sabato calendario

Tensione in Bosnia, il memoriale di Srebrenica chiuso per motivi di sicurezza

Il Centro Memoriale di Srebrenica è stato chiuso al pubblico per motivi di sicurezza. Un comunicato della direzione, diramato ieri sera sul web, informa che la decisione è stata presa «a causa dell’incapacità di fornire adeguate garanzie di sicurezza ai nostri dipendenti, collaboratori, ospiti e visitatori, in seguito al colpo di stato in corso contro le istituzioni statali da parte di gruppi ribelli con sede a Banja Luka». «Tutti i dipendenti del Memorial Center – prosegue la comunicazione – svolgeranno le proprie mansioni lavorando da casa, per garantire la continuità delle attività amministrative e di altro tipo. Questa organizzazione del lavoro resterà in vigore finché non saranno soddisfatte le condizioni per il ritorno alle normali attività».


Non era mai successo prima d’ora che il grande museo-memoriale situato a pochi chilometri dalla città di Srebrenica, tristemente nota per il genocidio che vi fu compiuto nel luglio di trent’anni fa durante la guerra di Bosnia, venisse chiuso per motivi di sicurezza. Ma è situato nel cuore di una zona a maggioranza serba e sempre ieri il vicepresidente bosniaco della Republika Srpska Camil Durakovic ha fatto appello, con un video, ai musulmani che vivono nell’area chiedendo loro «di starsene a casa e di fare attenzione». Nel suo discorso Durakovic ha persino fatto riferimento a quanto accadde nei primi mesi del 1992, quando nella zona iniziò la pulizia etnica operata dai serbi.


Il termometro della tensione sta salendo in tutta la Bosnia dopo la condanna a un anno di carcere e l’interdizione per sei anni dai pubblici uffici del leader nazionalista serbo-bosniaco Milorad Dodik, che ha respinto la sentenza sostenendo che «radicalizzerà la situazione nel paese balcanico». Due giorni fa, lo stesso Dodik ha promulgato una legge adottata dal parlamento locale di Banja Luka (capitale dell’entità serba) che nega l’autorità delle istituzioni centrali bosniache in materia di polizia e giustizia sul territorio dell’entità e ha chiesto ai serbi che lavorano nelle istituzioni dello Stato centrale di abbandonare i loro incarichi per unirsi a quelli della Republika Srpska, l’entità serba della Bosnia-Erzegovina. La legge è stata sospesa temporaneamente dalla Corte costituzionale centrale di Sarajevo ma il leader serbo-bosniaco – che nel frattempo ha incassato anche la solidarietà di Putin – ha fatto sapere che «la Republika Srpska la applicherà indipendentemente dalle decisioni dei giudici costituzionali».


Una dura condanna nei confronti del leader serbo-bosniaco è arrivata in queste ore dal segretario di Stato americano Marco Rubio, secondo il quale Dodik sta minando la sicurezza e la stabilità del Paese balcanico con «un comportamento pericoloso e destabilizzante».


La missione dell’Unione Europea in Bosnia Erzegovina, Eufor/Operazione Althea, ha annunciato intanto un aumento temporaneo del numero dei militari dispiegati nel Paese nel pieno della crisi aperta dalla condanna di Milorad Dodik, presidente della Republica Srpska, e dei suoi appelli separatisti. “Nei prossimi giorni – fa sapere in una nota Eufor, alla quale partecipano anche soldati italiani tra i circa 1.100 che ne fanno parte – la popolazione potrebbe rendersi conto che la presenza della Forza dell’Ue è aumentata”.


«Assicuriamo ai cittadini della Bosnia-Erzegovina che questa presenza, come tutte le attività dell’Eufor, è direttamente collegata al suo compito di sostenere le autorità della Bosnia Erzegovina nel mantenimento della sicurezza», aggiunge la missione sul suo sito web. L’Eufor rimarrà, conclude la dichiarazione, «una forza imparziale, multinazionale e robusta, dotata dei mezzi militari necessari per sostenere le autorità della Bosnia Erzegovina e per garantire un ambiente sicuro e protetto ai suoi cittadini». Nella nota non viene specificato il numero aggiuntivo di truppe che si uniranno alla missione.