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 2025  marzo 08 Sabato calendario

Damiano David: «Maneskin? Non capisco come abbiamo vinto Sanremo». E su Victoria e Thomas dice: «Erano sempre in ritardo»

Resta il bello e maledetto della musica italiana, anche dopo aver momentaneamente lasciato i Maneskin. Un annuncio ufficiale sul futuro della band non è stato ancora dato, ma la presenza divisa del frontman e di Victoria De Angelis a Sanremo 2025 è un segnale forte sulla loro volontà attuale di concentrarsi su carriere soliste e separate anche Ethan Torchio e Thomas Raggi.
Il cantante, che si è esibito al Festival con una performance di Alessandro Borghi​ e un bambino, si è fermato a parlare con Alessandro Cattelan nel podcast Supernova. Era lui il conduttore quando la band è arrivata seconda  X-Factor e ora si rincontrano per commentare il successo mondiale e l’avvio della carriera da solista.

Guardare indietro
«Mio fratello scrollando Instagram ha trovato il video del bootcamp di X Factor e diceva “guarda quanto sei cambiato, sembrano passati 10 anni"». Racconta Damiano David. Correva l’anno 2017, ai fatti 8 anni fa. Un periodo nel quale nella sua vita è cambiato quasi tutto: «Dove vivo e vivo quello che faccio.

Ma frequento ancora le stesse persone e anche io mi sento di essere rimasto uguale. Poi ovviamente professionalmente si cresce». A dargli molta forza all’epoca era l’incoscienza: «Non so per quale motivo ma ero convinto di essere il più bravo di tutti. Negli anni ho perso questo lato, più facevo cose importanti e più mi mettevo in dubbio. Però all’epoca pensavo che entravamo, facevamo fare quello dovevamo fare e poi se vincevamo o menon non faceva differenza». Una sensazione che ha dato e preso nutrimento dal rapporto con gli altri membri della band: «Ero riuscito a passare l’iper sicurezza agli altri. Era di facciata perché mi proteggevo da ansie e dubbi. Loro essendo musicisti migliori di me erano più tecnici e studiati e mi supportavano».
X Factor
«Loro sono bravi, io sono bravo. Perché non dovevamo funzionare?». La concezione dei Maneskin si è raffrozata fin dalle prime puntate dentro X Factor: «C’è tutto quel pre che non si vede in televisione che mi aveva fatto capire le mie possibilità. Quando dovevamo fare le artist proposition portando le canzoni ai giudici, tutti avevano una media di 5-6 brani mentre noi abbiamo suonato 40 pezzi in 2 ore e mezza. Manuel Agnelli aveva detto: “Dobbiamo solo decidere che giorno fare questa canzone”. Di nostra indole eravamo già più pronti, poi quella visibilità o la usi o la perdi. Devi battere forte e costruire una carriera».
Volare
I genitori di Damiano erano assistenti di volo. Questo ha condizionato la sua prima infanzia: «Erano dipendenti di Alitalia e quando era molto ricca c’erano molti benefici per i dipendenti. Abbiamo volato tantissimo e visto cose fighissime». Curiosamente il suo nome su Instagram era Ykaar, prendendo Icaro che si bruciava le ali volando verso il cielo: «Era una cosa da ragazzini come le email». Ora prendere un volo gli piace: «Sì, tutto quello che concerne no. Dal biglietto all’aeroporto, che per me è il posto peggiore sulla faccia della terra». Il posto preferito? «Finestrino, perché io non mi alzo mai. Oddio se qualcuno mi sveglia per andare a fare pipì. Dormo solo se sono molto stanco».

Quale vita da rockstar?
Damiano allontana l’immaginario di una vita alcol, sesso e rockn’roll: «Il tour è proprio è una cosa molto vicina all’atletismo agonistico. Rischi anche di farti male, devi essere in forma». I tempi sono cambiati dagli anni ’80: «Non ti vedeva nessuno e se facevi un concerto orribile non era un problema perché tanto lo vedevano quelle millemila persone che stanno là, che te frega? Tanto rimarrà iconico solo quello che fai di buono. La serata del Madison Square Garden sei un po’ più attento, fai la serata giusta e quella rimane. Invece adesso non posso sbagliare».

Il rapporto con il pubblico
C’è un commento in particolare che fa infuriare Damiano: «Quando mi dicono che si è venduto agli americani. Perché? Ma che mi sono venduto? E mi verrebbe da rispondergli brutto st***zo, no? Tu non sai nulla di come funziona questo lavoro e questa industria, ma come ti come ti permetti di giudicare la mia scelta senza sapere minimamente niente? Però poi che devo rispondere a 50.000 persone». Sulla differenza di pubblico tra Paese e Paese: «Alcuni sono più acidi, tipo sei mio e se fai qualcosa di diverso ti odio. Altri sono forse più abituati ad avere un’industria rapida e delle star nella società. In altri ancora si odia chi ce la fa e c’è la cosa di non poter abbandonare il paese da cui viene. Sono sempre gruppi specifici di persona però, l’ascoltatore medio non è ossessionato». Sente un senso di dovere nei loro confronti: «Ho rispetto del palco e del live, quella gente spende soldi, prende la macchina, l’aereo, quello che ti pare, fa la fila. Mi sembra proprio il il minimo che devi fare. Tu sei pagato per fare lo show, devi garantire qualità. Sennò sei fuffa». I fan più affezionati? «In Francia nonostante proprio questa questa faida Italia – Francia. Mi vogliono proprio bene. Mi trattano benissimo, sono carinissimi, c’abbiamo dei numeri i folli ogni volta».

Dove vive
Damiano racconta la sua vita a Los Angeles, dove ha scritto in 6 mesi tutto il disco, ha fatto la promo e parte del tour: «Ci sono stato svariati mesi. Sicuramente è una questione di praticità e di quello che io voglio fare con questo progetto. Poi la mia compagna vive là». Una città che ha tanti limiti: «Devi avere la macchina, devi sapere dove andare, devi conoscere il tuo quartiere che non chiamerei mini città. Prima non mi piaceva perché la vivevo in quel modo in albergo, tutto con Uber, quindi sei molto limitato. Poi sono andato a convivere con la mia compagna, c’abbiamo la c’è la macchina sua, io me l’affitto quando vado là. Sono molto più libero e so dove andare. C’ho i miei amici, i produttori con cui lavoro e il mio giro. Sembra meno una una città fantasma». Descrive anche la sua giornata tipo: «Sveglia alle 9, vado in palestra e faccio colazione abbondante alle 10:30-11. Verso mezzogiorno inizia la sessione a oltranza, può finire alle 16 alle 2 di mattina». Rivela il suo approccio alla musica: «Mi dò dei periodi in cui scrivo musica, poi non ci voglio proprio più pensare perché mi pesa accedere a quelle parti del mio cervello che poi portano a scrivere le canzoni. Vado a riguardare tutte le cose che mi hanno fatto stare male, tutte emozioni forti».

L’Eurovision
La vittoria all’Eurovision dei Maneskin ha conciso anche con l’accusa a Damiano di aver fatto uso di cocaina in diretta. Lui ha una certezza: «Io ho sbagliato a fare il test antidroga e a smentire. Io continuo a dirlo. Dovevo essere per sempre quell’icona che questo potrebbe essere così matto che in mondovisione nel momento più importante della sua vita non resiste...».  Il successo non lo stupisce: «È qualcosa che si basa molto sulla teatralità, sullo fare spettacolo. C’erano solo tre-quattro canzoni forti. Noi eravamo un finto underdog perché avevamo una canzone molto pop. Ha una struttura pop e io sono un songwriter pop. Eravamo super glam in quell’ambiente giustissimo».

L’esperienza a Sanremo
Non ha la stesa convinzione sulla vittoria di Sanremo: «A livello mentale per me Sanremo è Sanremo, è impensabile. La nostra vittoria non aveva senso, c’erano tipo sette canzoni mega forti da Fedez e Franci a Noemi. C’era un sacco di gente forte. Noi avevamo il nostro pubblico in Italia ma non eravamo ancora quello che rappresentiamo oggi. Era la nostra prima partecipazione. La vittoria non l’ho mai capita e tutt’oggi non la capisco proprio. Il pubblico ci ha consegnato questo attestato». Da tifoso il paragone gli viene naturale: «È come la Roma che ribalta il il 4-1 del Barcellona. La guardi e dici “ca**o”, c’era una possibilità su un miliardo e ci siamo riusciti». Con Carlo Conti è tornato da special guest e insieme a lui aveva la fidanzata Dove Cameron: «Gli ho spiegato chi era Malgioglio. Un uomo con questo look pazzesco mega assurdo, con questo modo di fare mega assurdo ed è anche uno dei più grandi songwriter della storia della musica. È un Maneskin senior ad honorem».

La vita da solista
«Ci sono dei momenti più noiosi ma l’organizzazione è più facile». Damiano descrive così la diferenza tra la vita in una band e quella da solista: «Essendo da solo a volte ti annoi di più. Però io sono una persona di grande praticità proprio molto tendente al pragmatismo e quindi essendo solo i tempi sono molto molto più brevi, l’organizzazione è più facile e su misura per me». Il riferimento in particolare è legato alla puntualità: «Se ci troviamo nella hall dell’albergo alle tre, io arrivo alle 2.59. Vittoria e Thomas sono sempre in ritardo di quei 20 minuti di ordinanza. Ethan fa tardi raramente ma quando lo fa è proprio big time, un’ora e mezza. Venti minuti sembrano poco? Ti conquisto il mondo».