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 2025  marzo 09 Domenica calendario

Il trapianto incrociato tra paesi

Si scrive “crossover” ma si legge solidarietà. E pure internazionale, con un mezzo giro dell’Europa (a fin di bene) che inizia a Perugia e finisce a Bilbao, passando per Barcellona. Perché, quando in ballo c’è la salute, non ci sono confini che tengano: c’è, al contrario, quella speranza che molla mai, che tiene in vita, che ti ci aggrappi con la forza di un leone e non importa se passano otto anni, se ti sembra che tutto stia andando nel verso sbagliato. Lei, di crollare, non ne ha punto voglia. Un po’ come Patrizia.
Patrizia Babini. Sorriso buono, occhi gentili. Campionessa mondiale di ciaspole sulla neve e di generosità in sala operatoria. Lì, a fianco di Fabio Rosi, suo marito, una storia d’amore di quelle che non conoscono ostacoli, che celebra il suo sì nel 1990, nella cripta della basilica inferiore di San Francesco, ad Assisi, proprio dove c’è la tomba del religioso, e che ha trovato la forza di rinnovaris col dono più bello (e coraggioso) che ci sia.
È l’anno della caduta del muro di Berlino, quel fatidico 1989, quando Fabio scopre di avere dei problemi ai reni e inizia un calvario di dialisi. È il secolo scorso, per la medicina un’era geologica fa. Lui non si dà per vinto. Subisce un primo trapianto due anni dopo, nel frattempo Patrizia partorisce la loro figlia, quell’intervento non va a buon fine e Fabio è costretto alla dialisi dino al 2000, quando al policlinico Gemelli di Roma (lo stesso in cui, in queste settimane, è ricoverato il papa) riesce finalmente a ottenere un rene nuovo.
Va tutto bene per sedici anni, poi, nell’ottobre del 2015, l’ennesimo tracollo. Fabio entra e esce dai nosocomi, ha (di nuovo, mannaggia) bisogno della dialisi e Patrizia si fa avanti. È disposta a condividere con quell’uomo col quale già condivide l’esistenza anche un rene, la beffa arriva quando fa le analisi: i due non sono compatibili. Vedi il destino, alle volte. Come sa essere malvagio. Epperò Patrizia e Fabio sono due che non si scoraggiano, sono lottatori. Entrano in un programma di “crossover”.
Lo dice la parola: “incrocio”. È un mega sistema che non si ferma alla banca dati italiana, funziona così: ci si iscrive in coppia, donatore-ricevente, anche (o meglio, solo: per ovvie evidenze) se si è incompatibili, e si cerca un’altra coppia, o un’altra situazione, nelle stesse condizioni, però all’incontrario. In modo che le esigenze possano incastrarsi e le necessità combaciare. Il software inizia la sua perlustrazione, servono otto anni che sono 96 mesi e 2.922 giorni (su per giù) perché il meccanismo è rodato ma più i numeri sono alti e più ci sono possibilità di riuscita.
Finalmente, nella primavera del 2023, squilla il telefono. È un numero di Padova, è l’ospedale che informa Patrizia e Fabio che la loro attesa è finita, che c’è un donatore per lui a Bilbao e un ricevente per lei a Barcellona. Spagna – Italia. Fratellanza oltre le dogane. È la prima volta al mondo che succede, è un record per i due Paesi e per la South transplant alliace, la rete mediterranea dei trapianti che ingloba (invero) persino la Francia, ma Patrizia e Fabio non lo sanno ancora. Quelli sono dettagli, sono sciocchezze a confronto: loro sono semplicemente felici.
Patrizia entra in sala operatoria alle 7:30 del 20 giugno del 2023 e aziona in questo modo la macchina dell’assistenza “crossover”: il suo rene arriva, grazie a una staffetta della polizia di stato, a Milano e viene imbarcato su un areo che atterra a Barcellona per poi essere trasportato nella clinica prestabilita, sullo stesso volo (ma poco dopo, con sbarco a Bilbao, dove avviene lo scambio successivo) viaggia il rene che riceverà Fabio alle 2:30 della notte successiva. Cerchio chiuso con qualcosa come più di 2.700 chilometri macinati in una manciata di ore, lieto fine.
Ieri, che era pure l’8 marzo, l’associazione Pro Ponte di Perugia ha deciso di omaggiare Patrizia, che di professione è una dipendente della Asl Umbria 2 ed è anche la vicesegretaria nazionale dell’associazione Aned (emodializzati, analisi e trapianto), col premio “donna dell’anno 2025”. Una storia eccezionale, la sua, che, tuttavia, per la sua protagonista dovrebbe essere considerata “normale”. Lei, Patrizia, parla «non di donazione di rene, ma di condivisione». Assieme a Fabio, che oramai ha riacquistato una vita perfettamente tranquilla, va in palestra e lui è riuscito a tornare in sella alla sua bici.