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 2025  marzo 07 Venerdì calendario

Aviaria, gli esperti su Science: “Prepariamoci a una pandemia

È l’ultimo avviso in ordine di tempo, e ne precede diversi altri, tutti diretti a comunicare questo messaggio: “Prepariamoci perché la prossima pandemia sarà scatenata dall’influenza aviaria”. Ora è il mondo dell’industria e comunità scientifica ad affermarlo in una lettera pubblicata sulla rivista Science, lettera in cui si esortano i governi a mettere in atto le contromisure necessarie per una pandemia da virus H5N1.
“Prepararci adesso può salvare vite e può ridurre gli impatti sociali ed economici se H5N1 o un altro virus portasse a una pandemia”, spiegano nella lettera, che ha come primo firmatario Jesse Goodman della Georgetown University.
Il virus si è adattato ai mammiferi
Gli autori della lettera proseguono spiegando che “il virus H5N1 si è ormai adattato ai mammiferi come i bovini, causando anche diversi contagi nell’uomo”. Finora la trasmissione è avvenuta solo dagli animali all’essere umano e non è stato rilevato nessun caso di contagio da uomo a uomo. Ma, sebbene la maggior parte dei casi sia stata finora di lieve entità, gli esperti osservano che “il virus potrebbe provocare conseguenze gravi a causa della sua elevata capacità di diffusione”. Di conseguenza, spiegano, “è necessaria un’azione urgente per affrontare per tempo i possibili scenari di una pandemia”.
I passi da fare
Il primo sforzo, si legge nella lettera, va fatto “per mettere a punto un vaccino efficace e che si possa produrre in grandi quantità in tempi rapidi”. In quest’ottica, la collaborazione tra gli attori in gioco dovrebbe riguardare soprattutto le nuove tecnologie, come i vaccini a mRna e quelli che utilizzano nuovi antigeni, le molecole tipiche del virus in grado di essere riconosciute dal sistema immunitario. Poi, viene messo l’accento sula “necessità di garantire un accesso equo al vaccino anche ai Paesi a basso e medio reddito”.
In secondo luogo, prosegue la lettera, “è necessario implementare una strategia di comunicazione con il pubblico basata su dati scientifici, il cui obiettivo deve essere quello di comprendere e rispondere nel modo migliore alle preoccupazioni relative ai vaccini e ricostruire la fiducia nella sanità pubblica”. Infine, secondo gli esperti, “i piani di risposta alla pandemia dovrebbero essere testati in maniera trasparente e condivisi tra tutti i Paesi, in una collaborazione globale che trascenda le divisioni politiche”.
Vicini al salto di specie
È una preoccupazione in crescendo quella che gli scienziati mostrano nei con fronti del virus H5N1. Il fatto che, già nel gennaio scorso si evidenziasse che il patogeno è mutato e si avvicina sempre più al salto di specie preparandosi al contagio tra umani, fa capire quanto sia urgente la necessità di prenderlo seriamente in considerazione. Le analisi dei campioni prelevati dal primo paziente, negli Stati Uniti, a cui è stata riscontrata una forma grave della malattia: hanno mostrato che il patogeno presentava mutazioni osservate in precedenza in casi di infezioni da H5N1 registrate in altri Paesi e spesso caratterizzate da particolare gravità.
C’è chi ha approfondito tutto questo. È Massimo Ciccozzi, professore di Epidemiologia e Statistica medica al Policlinico universitario Campus Bio-Medico di Roma, che con il suo team ha affrontato un nuovo studio sul virus H5N1 con l’obiettivo di prevederne l’impatto a breve/medio termine. “Stiamo utilizzando l’intelligenza artificiale per disegnarne la progressione – spiega Ciccozzi -, perché per la parola d’ordine è restare in allerta”.

La preoccupazione dei Cdc
Sul caso aviaria i Cdc (Centers for disease control and prevention) si sono mossi subito. Sul caso del primo paziente avevano sottolineato, fra l’altro: “Le analisi indicano che le mutazioni si sono sviluppate nel paziente e non si sono diffuse ai suoi contatti”. Tutto era iniziato il 13 dicembre scorso, quando il dipartimento della Salute della Louisiana ha fatto sapere che un uomo di 65 anni era stato ricoverato in condizioni critiche a causa di un’infezione da virus dell’influenza aviaria A/H5N1. I test poi hanno confermato che la forma di virus che ha infettato l’uomo era di tipo D1.1, che circola negli uccelli e era stata responsabile anche dei casi umani in Canada e nello Stato di Washington. L’infezione, quindi, non era connessa al ceppo di virus che da quasi un anno circola nei bovini in Usa (B3.13).
Le mutazioni che preoccupano
Cosa rendeva questo caso speciale e preoccupante? La peculiarità dell’infezione del paziente della Louisiana è la presenza di mutazioni a carico del gene per l’emoagglutinina, una proteina posta sulla superficie del virus che gli permette di attaccarsi alle cellule umane.
“I cambiamenti – hanno precisato i Cdc – sono stati probabilmente generati dalla replicazione di questo virus nel paziente con malattia avanzata”. I test, infatti, non hanno rilevato questa caratteristica nei campioni animali analizzati. “Questi cambiamenti sarebbero più preoccupanti se trovati negli ospiti animali o nelle prime fasi dell’infezione quando potrebbero facilitare la diffusione a contatti stretti – hanno aggiunto i Cdc -. In particolare, nel caso i n questione, non è stata identificata alcuna trasmissione dal paziente in Louisiana ad altre persone”. Queste mutazioni non rappresentano una novità assoluta. Sono strettamente correlate a ceppi noti che, secondo i Cdc, “potrebbero essere utilizzati per produrre vaccini, se necessario”.
Ciccozzi: “Sull’aviaria teniamo alta l’attenzione”
Secondo Ciccozzi la priorità è una: “Tenere alta l’attenzione sull’aviaria”. E aggiunge: “Se il contagio tra umani avverrà, non sappiamo quando accadrà. Il nostro lavoro si muove proprio verso questo obiettivo. È un lavoro che ci può dare una predizione”. Il team di scienziati guidato da Ciccozzi sta conducendo una ricerca mirata: “Si concentra sulle mutazioni – spiega l’esperto – per accertare quale sia e dove sia avvenuta quella che ha permesso il passaggio dagli uccelli ai bovini. In pratica ricostruiremo le mutazioni che hanno determinato le epidemie precedenti”.
E conclude: “Quando pensiamo al 2025, non abbiamo particolari paure. Però raccomandiamo attenzione. Soprattutto agli allevamenti intensivi e ad eventi che coinvolgono, aggregandole, migliaia di persone. Penso al Giubileo ad esempio, durante il quale possono diffondersi parassitosi e virus respiratori. Perciò dobbiamo controllare: sapere quando arrivano e da dove”.