La Stampa, 7 marzo 2025
Se Kennedy pensa di curare il morbillo con la vitamina A
Perché una delle malattie più prevenibili con i vaccini come il morbillo sta aumentando in un Paese sviluppato come gli Stati Uniti dove la malattia era stata debellata nel 2000? Quanto vi ha contribuito la disinformazione e quanto è grave la minaccia che apra la strada a gravi crisi di salute pubblica? Che cosa ci si può aspettare dalla conversione vax del segretario del Dipartimento della Salute degli Stati Uniti Robert F. Kennedy?
Apostolo dell’antivaccinismo, che ha predicato per anni in varie parti del mondo, con un largo seguito tra i movimenti No vax, compresi quelli nostrani, si è prodotto due giorni fa in un clamoroso voltafaccia di cui avevano dato notizia le agenzie di stampa dell’una e dell’altra parte dell’Atlantico. Sotto l’impressione suscitata dalla morte per morbillo di un bambino non vaccinato in Texas (il primo decesso dovuto a quella malattia dopo oltre 10 anni) e spinto dall’aumento dei casi, soprattutto tra i bambini, si era spinto infatti a riconoscere ciò che aveva sempre vigorosamente contestato. E cioè che i vaccini non solo proteggono i singoli bambini dal morbillo, ma «contribuiscono anche all’immunità della comunità, proteggendo coloro che non possono essere vaccinati per motivi medici». Ma la cruciale e impegnativa dichiarazione è entrata subito in un cono d’ombra, nascosta da una serie caotica di indicazioni, consigli, informazioni su rimedi alternativi da parte di RFK Jr., a proposito del quale, ha scritto il professore di chirurgia David Gorsky, editore di Science-Based Medicine, «è corretto dire che mai prima, nella memoria vivente (o persino nella storia degli Stati Uniti)», è dato trovare al timone delle agenzie sanitarie federali qualcuno così distante dalla scienza e dalla realtà?
La sua insistenza sui trattamenti non convenzionali contro il morbillo ha alimentato le preoccupazioni sulla disinformazione. Peraltro, non ha consigliato a tutti di vaccinarsi. Ha tenuto invece a insistere sul fatto che «i genitori svolgono un ruolo fondamentale nella salvaguardia della salute dei loro figli», ma che l’opzione della vaccinazione, «da concordare con i medici, è una decisione personale» (ci può forse dire qualcosa, a proposito, il fatto che in tempi «bui», lontanissimi dal nostro, papa Pio VII prevedesse, in un Editto del 1822, severe sanzioni per i cittadini dello Stato pontificio che, «mostrandosi più padrigni che padri», si fossero resi «riprensibili di aver trascurata la vaccinazione de’ proprj figlj). Alle prime caute affermazoni, ha fatto quindi seguito una serie di consigli. A parte il trattamento con vitamina A (che non ha nessun valore preventivo e non è un sostituto della vaccinazione) ha scritto dei «buoni risultati» derivanti dall’uso dello steroide budesonide, dell’antibiotico claritromicina e dell’olio di fegato di merluzzo (che contiene elevate quantità di vitamine A e D).
Si tratta naturalmente di messaggi – si preoccupano i medici – che distolgono l’attenzione dagli sforzi per incrementare le vaccinazioni, mentre nei «social» piovono informazioni sbagliate su queste terapie, basate anche su un articolo scritto per Fox News nel quale Kennedy ha fatto riferimento a studi che dimostrerebbero che la vitamina A può «ridurre drasticamente la mortalità per morbillo». In realtà, non si stancano di ripetere medici pediatri e direttori di ospedali, è utile per il supporto al morbillo nei pazienti che hanno una carenza specifica. E sarebbe davvero importante, raccomandano, non confondere ciò che è assistenza di supporto o aggiuntiva per il morbillo con il trattamento curativo. Parlarne, infatti, diventa solo una distrazione da ciò su cui ci si dovrebbe davvero concentrare ovvero vaccinare i bambini.
Il morbillo è una malattia altamente contagiosa che si diffonde rapidamente. Richiede livelli di vaccinazione molto elevati (95 per cento), che si sono molto abbassati in alcune comunità, data la sfiducia nei vaccini e la predicazione no vax. La poco convincente «conversione» del ministro della salute non sembra promettere un incremento dei tassi di vaccinazione, mentre i recenti licenziamenti nelle agenzie federali focalizzate sulla salute pubblica lascia intravvedere scenari poco rassicuranti sulla capacità dell’America di rispondere alle epidemie.