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 2025  marzo 07 Venerdì calendario

Mosca è il centro di “un’economia mondiale parallela”: il rapporto indipendente CASE certifica che le sanzioni hanno fallito

Mentre l’agenzia Reuters riferiva in settimana che Donald Trump starebbe elaborando un piano per allentare le sanzioni contro la Russia, l’ultimo rapporto del CASE, il Center of Analysis and Strategies in Europe, presentato a Parigi in settimana, arrivava alla conclusione che i tre anni di sanzioni finanziarie che l’Occidente ha adottato contro Mosca, non hanno prodotto l’effetto voluto, cioè di isolare la Russia e ridurre al minimo le sua capacità di finanziare la guerra in Ucraina.
Secondo il CASE, se da una parte non ci sono dubbi che le sanzioni occidentali abbiano inflitto danni enormi all’economia e alle aziende russe, con il crollo record del rublo nel 2024, l’inflazione che decolla, i fallimenti a catena delle aziende, dall’altra Mosca ha saputo adattarsi e non solo è riuscita a trovare il modo di “raggirare” le misure prese da Europa e Stati Uniti, ma sta anche diventando il “centro di un’economia mondiale parallela”. E questo grazie ai “suoi amici” del Sud globale, all’uso massiccio delle criptovalute e a “meccanismi finanziari sempre meno trasparenti”.
Il primo pacchetto di sanzioni europee risale a fine febbraio 2022, adottato subito dopo l’inizio dell’aggressione russa dell’Ucraina. Includeva oltre al divieto all’export di tecnologie di punta come i semiconduttori, il congelamento dei beni della Banca centrale russa e l’esclusione di alcune banche russe dal sistema Swift di pagamento internazionale. L’ultimo, il sedicesimo, è stato adottato dal Consiglio Ue appena alcuni giorni fa, il 24 febbraio, in occasione dei tre anni della guerra, colpendo ancora settori come l’energia, introducendo nuove restrizioni all’importazione di alluminio russo e all’esportazione di tecnologie, e imponendo misure ancora più rigide nel settore finanziario. Prima di lasciare la Casa Bianca, l’ex presidente democratico Joe Biden aveva sganciato l’ultima batteria di sanzioni contro il settore petrolifero russo, prendendo di mira i giganti petroliferi russi Gazprom Neft e Surgutneftegas.
Queste misure prese negli ultimi tre anni avrebbero dovuto far tremare la Russia e mettere a terra la sua economia ma, spiega il CASE, dopo lo choc iniziale del 2022, Mosca ha dimostrato una “grande capacità di adattamento”. Il CASE, si legge sul suo sito internet, è un “think tank indipendente”, fondato da economisti russi in esilio, la cui “missione è fornire competenze sui processi in corso nei paesi post-sovietici e nella diaspora russa”. Il suo direttore è Dmitri Nekrassov, economista russo basato a Cipro, che fu consigliere dell’ex presidente Medvedev prima di raggiungere il Consiglio di coordinamento dell’opposizione russa nel 2013. Lo ha contattato il quotidiano Le Monde, che ha anticipato per la stampa francese i contenuti del rapporto, presentato all’Ifri, l’Istituto francese delle relazioni internazionali: “Secondo le stime della banca centrale russa, oltre l’80% dei pagamenti del commercio estero russo sono ormai effettuati in rubli o valute dei paesi amici, principalmente lo yuan cinese. Ma – ha spiegato Nekrassov -, secondo le nostre stime, tra il 60% e il 70% sono effettuati tramite nuovi strumenti finanziari ristrutturati che sfuggono totalmente e durevolmente a qualsiasi controllo degli occidentali”.
Lo studio, complesso e dettagliato, si basa sulle testimonianze di ventinove uomini d’affari russi esiliati all’estero. Emerge il ruolo centrale della Cina, Paese amico che si è ritagliato il ruolo di principale partner commerciale della Russia, facendo volentieri da “intermediario” ai prodotti occidentali verso il mercato russo: “Tra il gennaio e l’ottobre del 2024 – si legge nel testo –, gli scambi con la Cina rappresentavano il 34,6% del commercio estero totale della Russia, rispetto a meno del 18,6% nel 2021”. Da quando l’Occidente ha cominciato a minacciare di sanzioni anche le banche cinesi, Mosca e Pechino hanno messo a punto strumenti di transazione opachi, tra cui complessi sistemi di conti bancari “mirror”, che permettono ai capitali in rubli e yuan di circolare tra le banche russe e cinesi eludendo i controlli occidentali: “Le autorità di regolamentazione occidentali non possono ottenere nessun tipo di informazioni su queste transazioni”, ha spiegato Dmitri Nekrassov. E poiché molte banche russe sono state appunto escluse dal sistema Swift, Mosca ha aperto alle monete digitali, autorizzando le aziende russe a utilizzare i bitcoin e altre valute digitali per le transazioni commerciali con i suoi principali partner, oltre alla Cina, anche Turchia, India ed Emirati Arabi Uniti. Secondo dati citati dal CASE, la Russia è ormai il secondo leader mondiale di estrazione di criptovalute.