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 2025  marzo 07 Venerdì calendario

Insorge la resistenza pro-Assad, scontri con le forze del governo: oltre 100 morti

Le forze lealiste del deposto regime di Bashar Assad lanciano la sfida ai nuovi signori della Siria. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr) più di 70 persone sono state uccise e decine ferite in violenti scontri avvenuti nella provincia costiera di Latakia tra le forze di sicurezza del governo guidato da Ahmed al-Sharaa e gli uomini rimasti fedeli al rais fuggito a Mosca l’8 dicembre.
Nelle scorse ore la ong con sede a Londra aveva già riferito della morte di 48 persone, tra cui quattro civili, nel primo giorno di scontri a Latakia. A partire da ieri le nuove autorità siriane hanno attivato diverse misure per riportare l’ordine a seguito dei pesanti combattimenti: il coprifuoco è stato imposto fino alle 10 di oggi a Latakia e a Tartus mentre si ha notizia dell’arresto di tre combattenti leali al deposto regime sospettati di pianificare un attacco contro la Direzione della sicurezza.
Secondo l’Osservatorio, gli scontri sarebbero cominciati giovedì pomeriggio a Beit Ana, quando alcuni residenti hanno cercato di impedire l’arresto di una persona sospettata di traffico di armi. Le forze del governo centrale hanno risposto con raid condotti con gli elicotteri. La tensione nell’area era ai massimi da martedì dopo l’uccisione di due membri delle forze di Damasco ad opera dei lealisti, la quale aveva portato all’avvio di un’operazione “su vasta scala” a Latakia.
Il responsabile della sicurezza della provincia, il colonnello Mustafa Knefati, ha dichiarato che l’attacco di ieri ha coinvolto molti gruppi di milizie fedeli ad Assad che hanno preso di mira pattuglie e posti di blocco nella zona di Jableh e nelle campagne circostanti. Knefati ha confermato sia l’invio di rinforzi che “la caduta di molti martiri e feriti tra le sue forze”. Sempre a Jableh sarebbe poi avvenuto l’arresto di Ibrahim Hueaija, l’ex capo dell’intelligence dell’Aeronautica siriana. L’uomo in questione è accusato di “centinaia di assassinii” durante il mandato di Hafez al Assad, il padre di Bashar, che prese il potere in Siria nel 1971.
Un paio di giorni fa l’Osservatorio siriano per i diritti umani ha riportato violenze nella provincia meridionale di Daraa tra le “forze di sicurezza interna” e un gruppo legato agli apparati militari del regime di Assad con un bilancio di almeno tre combattenti uccisi e altrettanti civili rimasti feriti. Anche in questo caso le truppe di al-Sharaa hanno risposto lanciando un’"operazione su vasta scala” nell’area per cercare armi e “sospetti” durante la quale avrebbero perso la vita “tre uomini delle forze di sicurezza interna e un combattente della zona” e sarebbero rimasti feriti diversi “civili, donne e bambini compresi”.
Si moltiplicano le sfide per le nuove autorità di Damasco che, oltre alle minacce poste dagli uomini di Assad, devono fare i conti con diversi grattacapi. Il ministro degli esteri israeliano Gideon Sa’ar ha definito il governo dell’ex qaedista al-Sharaa “un branco di jihadisti che non sono stati eletti dal popolo siriano” e lo Stato ebraico, che già occupa una zona siriana demilitarizzata monitorata dalle Nazioni Unite, è arrivato vicino ad autorizzare un intervento a difesa della comunità drusa a Jaramana, nei pressi della capitale.
Una crisi rientrata per un soffio che si accompagna al parallelo disinteresse americano alle sorti della Siria che sta permettendo a Mosca di ottenere aperture di credito da parte di Damasco per mantenere le sue basi militari nel Paese.