Avvenire, 7 marzo 2025
Al Sud lo spopolamento fa paura. Ecco il piano per attirare i giovani
L’inverno demografico rischia di essere più rigido nel Sud Italia. Il Mezzogiorno è colpito infatti anche dal fenomeno di spopolamento, alla base del quale c’è il divario fra chi risiede qui e chi nel Centro-Nord: un gap che oggi è ritenuto un divario di cittadinanza dall’83% degli italiani, con punte del 92% al Sud, e che riguarda ad esempio le prestazioni sui territori, promosse dal 67% dei cittadini al Nord, scendendo al 54% al Centro e solo al 40% al Sud. Per quasi un cittadino su due il divario si è addirittura aggravato negli ultimi cinque anni. È quanto emerge dall’indagine “Il futuro di chi?” su spopolamento e priorità emergenti nel Mezzogiorno condotta dall’Istituto Demopolis e diffusa ieri a Roma, al cinema Barberini, durante l’evento “Visioni con il Sud: l’orizzonte da costruire insieme”, indetto per la presentazione del piano triennale dell’attività della Fondazione Con il Sud.
I dati mostrano che lo spopolamento è ritenuto una priorità assoluta dal 60% degli italiani, ma il Sud lo teme molto di più, con quasi sette cittadini su 10 che si dicono preoccupati. Le previsioni gli danno ragione: anche se il declino demografico riguarda tutta Italia, si stima che nel 2080 il Mezzogiorno avrà perso 8 milioni di abitanti contro i 5,2 milioni del Centro-Nord, concentrati soprattutto nelle classi di età più giovani. Nonostante il Sud abbia un’economia dinamica, con un Pil che nell’ultimo biennio è cresciuto più delle regioni del Centro-Nord, la qualità della vita non è migliorata. Eppure «sviluppo sociale ed economico dovrebbero intrecciarsi – ha sottolineato Stefano Consiglio, presidente della Fondazione Con il Sud –. La nostra attenzione va soprattutto ai giovani che vorrebbero restare o tornare se solo ci fossero condizioni di lavoro dignitose e coerenti alla loro formazione. Non accettiamo la deriva demografica delle regioni meridionali come un destino già segnato e chi parla di processi irreversibili offre ai policy maker l’alibi per continuare a non fare nulla». Dal cinema Barberini, l’ente non profit, che unisce le fondazioni di origine bancaria e il mondo del Terzo Settore e del volontariato, ha voluto dare l’immagine di un altro Sud. «Non è un Eden, ma i problemi si possono risolvere insieme. Bisogna raccontare anche ciò che si può fare. Nel triennio, per esempio, erogheremo 60 milioni, ma non nascondiamo che le risorse sono sempre poche», ha concluso Consiglio.
Nel documento programmatico per il 2025-2027 la Fondazione si fa carico della sfida demografica cercando di far fruttare al meglio queste risorse avviando bandi e iniziative, tra cui quelli per la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie, per il sostegno alle attività socio-sanitarie, per la promozione dell’inclusione sociale dei vulnerabili, per l’accoglienza e la permanenza di studenti stranieri in territori con alti tassi di spopolamento, per il racconto del Sud e del sociale attraverso il linguaggio cinematografico. Perché «anche la narrazione del Sud deve cambiare», come ha ricordato all’evento don Marco Pagniello, direttore della Caritas Italiana, tra le tante realtà che interagiscono con la Fondazione. «Lo spopolamento va superato anche raccontando il Sud come la risorsa che è, con la sua creatività e la sua capacità di reinventarsi. Noi lo contrastiamo anche stando nei territori, cercando di animare quelle comunità con progetti che daranno futuro», ha spiegato.
Dei plus competitivi del Sud che andrebbero rafforzati ha parlato anche Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo Settore: «Bisogna occuparsi della migrazione interna dei giovani “skillati” (competenti ndr) perché così il territorio si impoverisce di capitale umano utile ad attivare processi di cambiamento». Per Pallucchi il divario si sconfigge a partire dal contrasto all’abbandono scolastico. È d’accordo Giovanni Azzone, presidente di Acri e Fondazione Cariplo. «Se non interveniamo sulla povertà educativa ora, dopo sarà troppo tardi – ha spiegato –. Risolvendo questa emergenza avremo un risvolto positivo sia nel breve che nel lungo periodo, aiutando questi giovani ed evitando che altri in futuro si trovino nella stessa condizione».
Ovviamente il problema non riguarda solo il Sud. «La differenza di reddito tra i quartieri di una metropoli spesso è più grande di quella tra Nord e Sud», ha ricordato Gateano Manfredi, presidente di Anci. Il sindaco di Napoli ha poi sottolineato che lo spopolamento si combatte anche migliorando le infrastrutture del Mezzogiorno, ponendo al centro parametri sociali, perché «se chiude la scuola del piccolo comune è normale che poi la famiglia si dovrà trasferire». Del resto, anche per il 75% degli intervistati è chiaro che per favorire lo sviluppo economico occorre prima affrontare i problemi sociali.
Il messaggio che arriva dai vari interventi sembra dire dunque: è vero, le problematiche sono ancora tante e forse a chi vuole restare, tornare o trasferirsi al Sud si chiede più pazienza e coraggio che in altre zone del Paese, ma c’è spazio per sognare, costruire.