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 2025  marzo 06 Giovedì calendario

"Voglio sempre più fare il ’cattivo’. Anche perché affascina le donne"

«Non è che fossi credente prima di fare questo film e poi, girandolo, ad un tratto abbia perso la fede, ma ho trovato molto interessante il dibattito sulla religione che scaturisce da Heretic».
Hugh Grant è il protagonista di un intelligente e inquietante horror a tema religioso che, oltre a intrattenere, vuole fare pensare. Heretic, ora al cinema in Italia dopo un ottimo successo al box office degli Stati Uniti, è scritto e diretto da Scott Beck e Bryan Woods e racconta la storia di due giovani missionarie della Chiesa dei Santi degli Ultimi Giorni, interpretate da Sophie Thatcher e Chloe East, intrappolate in un gioco terrificante dopo aver bussato alla porta di quello che sembrava un innocuo insegnante in pensione, in una desolante casa medioborghese della periferia americana.
La fede delle due giovani donne sarà messa a dura prova da Mr. Reed, esperto in teologia, sadico e fanatico, forse il ruolo più cattivo dell’attore inglese che ha iniziato la sua carriera hollywoodiana con alcune delle più popolari commedie romantiche anni Novanta, da Quattro matrimoni e un funerale a Notting Hill al Diario di Bridget Jones, per poi recentemente votarsi a ruoli più dark.
Meglio la commedia o meglio fare il cattivo?
«Interpretare un cattivo è più facile e divertente. Nelle commedie romantiche il rischio è la noia, invece il pubblico è sempre affascinato dai cattivi. Un po’ come le donne sono sempre più affascinate dal mascalzone che dal bravo ragazzo».
Lei come si definisce? Mascalzone o bravo ragazzo?
«Non lo so, ma ultimamente mi piacciono i cattivi, questo è il settimo che interpreto, vorrà dire qualcosa. I cattivi sono narcisisti, come gli attori».
Che rapporto ha con la religione?
«Fino a quando avevo tredici anni i miei mi obbligavano ad andare a messa ogni domenica. Dopo mi sono ribellato. Da allora sono un ateo devoto, anche se, quando sono in Francia (l’attore ha recentemente acquistato con la moglie Elisabet Eberstein una casa a Eygalières, un piccolo villaggio in Provenza, ndr) mi capita di entrare in chiesa e chiedere a San Lorenzo di aiutarmi. Sarà l’età».
Mette in dubbio il suo ateismo?
«Non lo so, ultimamente sono più propenso a pensare che possa esistere un’altra dimensione oltre a quella in cui ci troviamo. Ho visto anche un fantasma una volta».
Ci vuole raccontare come andò?
«Ero in Inghilterra, con la mia ragazza di allora, una pazza. Eravamo in un castello un po’ isolato – sembra un cliché ma è tutto vero – abbiamo litigato e lei è uscita. Io sono andato a cercarla. Ad un tratto ho visto una luce molto brillante e il contorno, bidimensionale, di un antico abito da donna. Il giorno dopo ho raccontato l’episodio alla reception e mi hanno detto che sì, è normale, è il fantasma di una duchessa vissuta nel castello un paio di secoli fa».
Ha studiato per girare questo film?
«Ho letto molto, dal Corano al libro dei Mormoni. Ho imparato molto. Ad esempio il fatto che alcuni pilastri della religione cristiana esistevano in molte religioni molto prima della nascita di Cristo. Un salvatore, nato da una vergine e battezzato in un fiume e in grado di fare miracoli è un comune denominatore di molte religioni già migliaia d’anni prima della nascita di Gesù. Ho trovato il fatto molto affascinante».
Come mai avete scelto la religione dei Mormoni per raccontare questa storia?
«Dovrebbe chiederlo agli autori, ma credo che abbia a che fare con il fatto che si tratta di una religione squisitamente americana, una delle più giovani, considerata un po’ naïf».
E perché due giovani donne come vittime?
«Perché tutte le religioni sono misogine, a partire
dal racconto della costola di Adamo, e il mio personaggio, Mr. Reed, lo fa presente alle due missionarie. Lui vorrebbe educarle, far aprire loro gli occhi ma, diciamolo, il metodo di insegnamento lascia molto a desiderare».