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 2025  marzo 06 Giovedì calendario

Via un altro tabù: Trump parla con Hamas. Il piano arabo per Gaza non va giù agli Usa


Non era mai successo, almeno ufficialmente, da quando Washington ha designato il gruppo islamista palestinese come organizzazione terroristica nel 1997. Nei giorni scorsi, l’inviato di Donald Trump per gli ostaggi detenuti a Gaza, Adam Boehler, avrebbe tenuto colloqui diretti con i leader di Hamas. Senza passare dai mediatori del Qatar e dell’Egitto, e senza informare Israele dei dettagli, il funzionario Usa e i responsabili del gruppo palestinese avrebbero discusso del rilascio degli ostaggi americani rapiti il 7 ottobre, nell’ambito degli accordi di cessate il fuoco firmati a gennaio, ma anche della possibilità di prolungare e rendere definitiva la tregua con Tel Aviv. La mossa diplomatica senza precedenti è stata confermata da tutti i diretti interessati: Israele, Usa e pure da funzionari di Hamas che hanno parlato con Al-Arabya.
Steve Witkoff, il potente emissario di Trump per il Medio Oriente, tornerà nella regione nei prossimi giorni per promuovere un esito positivo dei negoziati di tregua in corso tra le parti. Negoziati che però sono in stallo proprio sulla seconda fase della tregua, come ha chiarito ieri il ministro della Difesa di Benjamin Netanyahu. Gideon Saar ha fatto sapere ieri che “Hamas ha respinto la proposta dell’inviato speciale Witkoff di estendere il cessate il fuoco temporaneo (la cosiddetta prima fase) durante il Ramadan e la Pasqua”, e ha anche sostenuto che Hamas si starebbe riarmando per riprendere la guerra. In Israele intanto ha preso servizio il nuovo capo di Stato maggiore, che va a sostituire Herzi Halevi, non amato dal premier israeliano e che infatti prima di andarsene aveva chiesto una commissione di inchiesta di Stato sulle falle di sicurezza del 7 ottobre. Il nuovo capo dell’Idf, il tenente generale Eyal Zamir, nel suo primo discorso ha usato parole più affini a quelle di Netanyahu: “La missione contro Hamas non è terminata”. “Il popolo vuole la vittoria e l’avrà”, aveva detto Netanyahu.
Nel frattempo, Francia, Germania e Regno Unito si sono accodati all’Onu e hanno chiesto a Israele di rimuovere i blocchi agli aiuti umanitari che ancora persistono a Gaza, mentre dall’altro lato dell’oceano gli Stati Uniti fanno sapere di non aver apprezzato il piano per la ricostruzione di Gaza presentato ieri dall’Egitto e approvato dalla Lega Araba nel summit del Cairo di martedì. Allo stato, però, il tentativo arabo di formare un consorzio di Paesi che prenda in carico la gestione della Striscia non è stato pregiudicato.