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 2025  marzo 06 Giovedì calendario

L’asse Macron-Merz, Starmer, e Prodi: il ritorno della deterrenza. Il Piano bombe nucleari europee

Nemmeno due anni fa, in un insolitamente tiepido novembre torinese, il professor Romano Prodi tenne una lezione ospite del Collegio Carlo Alberto di Torino (seduta accanto a lui c’era Elsa Fornero) di fronte a decine di studenti, e disse una cosa che non tutti colsero: invitò la Francia a mettere il suo arsenale europeo al servizio dell’Europa. «Si sta sottovalutando – spiegò il Professore – una serissima conseguenza della guerra in Ucraina: il riarmo della Germania. Non temo i tedeschi e ne ho la massima stima, sia chiaro. Ma se stanziano 100 miliardi di euro e le loro spese militari arrivano a doppiare quelle francesi, le conseguenze politiche sono inevitabili. Tocca alla Francia decidere di mettersi al servizio dell’Europa. Ha il nucleare e il diritto di veto all’Onu: li offra all’Unione europea». Poi, accanto alla straordinaria intuizione, fece una previsione sbagliata: «La Francia non lo farà, perché tutti gli ex imperi amano procedere guardando nello specchietto retrovisore: è per questo che Parigi ha già fermato la nascita dell’esercito comune nel 1954 e poi la Costituzione nel 2005». E qui, clamorosamente, ha sbagliato: è come se Macron, ieri sera, avesse preso alla lettera quell’intuizione.
Dopo il discorso del presidente francese, comincia a esser colto da molti – purtroppo non da tutti, specialmente nel centrosinistra italiano (per non dire ovviamente del M5S e della Lega) – che la deterrenza nucleare di Francia, e Gran Bretagna, con l’attiva cooperazione della Germania di Merz, è l’unica strada che può conservarci la sicurezza, la libertà, la prosperità europea, di fronte alla Russia criminale e agli Stati Uniti in mano a Trump.
Nel discorso alla nazione di mercoledì, Macron ha in effetti fatto esattamente quello che Prodi sperava: ha annunciato che avrebbe avviato un «dibattito sulla protezione degli alleati nel continente europeo» attraverso la deterrenza nucleare francese. La Russia, ha argomentato Macron, «è diventata una minaccia per la Francia e l’Europa per molti anni a venire (...) avendo già trasformato il conflitto ucraino in un conflitto globale», «viola i nostri confini per assassinare gli oppositori, manipola le elezioni in Romania e Moldavia e organizza attacchi digitali ai nostri ospedali per bloccarne il lavoro, e questa aggressione sembra non conoscere confini». «Chi può credere in questo contesto che la Russia di oggi si fermerà all’Ucraina?». In questo quadro gli Stati Uniti «sostengono sempre meno l’Ucraina e lasciano dubbi su cosa accadrà dopo». Di qui la proposta di Macron: il ritorno della deterrenza nucleare, ma in chiave europea, non atlantica. Non si può più contare sull’America.

Ma di cosa parliamo esattamente quando evochiamo la parola «deterrenza» – e quando a farlo non è un think tank guerrafondaio, ma la democrazia francese? Innanzitutto, va colto il contesto: Macron ha di fatto risposto alla sollecitazione che è esplicitamente arrivata dal futuro cancelliere tedesco Friedrich Merz, che il 20 febbraio aveva comunicato di voler avviare «negoziati con Gran Bretagna e Francia sulla possibilità di un uso nucleare congiunto o, almeno, sull’applicazione della sicurezza nucleare». Macron da mesi aveva fatto pervenire stimoli in tale senso, ma Scholz non era mai parso disponibile a parlarne.
Che deterrenza potrebbe mettere in campo l’Europa? Dal punto di vista nucleare Ue e Gran Bretagna possiedono già un numero di testate nucleari sufficienti per incenerire qualunque nemico che avesse la sciagurata idea di attaccare le capitali europee, o di violare i confini di un qualunque paese dell’Unione. Parigi ha circa 300 testate nucleari, Londra ne ha almeno 260. Quanto a Berlino, il futuro cancelliere Friedrich Merz, negli ultimi giorni della campagna elettorale, ha detto più o meno chiaramente che la Germania dovrebbe negoziare con Francia e Uk e usare le sue armi nucleari per difendere il territorio ucraino nel contesto di un cambiamento nella retorica Usa. «Dobbiamo prepararci al fatto che Donald Trump non rispetterà più pienamente gli obblighi di aiuto previsti dal trattato NATO», ha affermato Merz alla televisione ZDF. La Germania detiene armi nucleari americane e non ha nessuna arma nucleare propria, ma in caso di guerra si porrebbe il tema che – a trattati Nato formalmente invariati – i bombardieri della Luftwaffe potrebbero utilizzare le (circa 160) testate nucleari Usa detenute in Germania.
Ognuna di queste testate è enormemente più potente della bomba di Hiroshima, per capirci. Nel novembre 2023, proprio mentre Prodi teneva la lezione che abbiamo citato a Torino, Parigi testava con successo il missile balistico intercontinentale M51, come annunciò il ministro della Difesa, Sébastien Lecornu: la nuova versione del missile può percorrere 10 mila chilometri, e è mille volte più potente della bomba sganciata su Hiroshima. È in grado di trasportare 10 testate atomiche, ciascuna diretta su un obiettivo diverso. Ogni lancio, equivarrebbe più o meno alla distruzione atomica di un paese di medie dimensioni.
La Russia ha molte più testate nucleari (5580 secondo la Federation of American Scientists), ma di queste solo 1710 sono realmente utilizzabili (dispiegate), anzi secondo alcuni (per esempio Benoit Grémar, ricercatore presso l’Istituto per gli studi strategici e di difesa), il numero scende a 1600. Sempre secondo la Federation of American Scientists, gli Stati Uniti hanno un numero di testate nucleari pronte, ossia dispiegate, di 1670. Ma il presupposto di questo articolo è: dimentichiamoci degli Stati Uniti di Trump, e facciamo come se non esistessero, per l’Europa. Facciamo come se gli Stati Uniti avessero già cambiato sistema di alleanze.
Il discorso di Macron implica anche un ampliamento rapido della forza di deterrenza nucleare, che in un anno può salire anche di 100 nuovi missili, superando i 10 miliardi di euro in un anno. Il piano Von der Leyen parla genericamente di 800 miliardi per armi, ma ovviamente i caveat su eventuali armi nucleari andranno poi trovati dai leader.
Dal punto di vista del pil aggregato, ovviamente all’Ue non mancano risorse economiche totalmente equiparabili a quelle americane (per non parlare del paragone con il limitatissimo pil della Russia): se gli americani, ormai totalmente inaffidabili, possono disabilitare a piacimento le armi che vendono (per esempio tagliando intelligence e targeting data per gli Himars all’Ucraina), è inevitabile che a breve le commesse europee di acquisti di armi americane finiscano altrove. In questo modo Trump distruggerà l’economia americana prima ancora dell’Ucraina.
Secondo alcuni esperti, trasferire armi nucleari da un paese all’altro costituirebbe sì una violazione del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP), spiega per esempio il Center for Strategic and International Studies (CSIS). Che però ricorda come Vladimir Putin l’abbia già ripetutamente violato, letteralmente fregandosene, spostando armi nucleari alla Bielorussia, e prendendo missili balistici dalla Corea del Nord. Insomma, un trattato che, in una guerra dichiarata come quella in cui ormai siamo, non può essere violato dai nostri nemici e rispettato solo da noi.