Corriere della Sera, 6 marzo 2025
Anfibi minacciati dal caldo, il 2% è già esposto a temperatore superiori ai loro limiti fisiologici
A causa dei cambiamenti climatici, il 2% degli anfibi è già ora esposto a un riscaldamento troppo elevato rispetto ai loro limiti fisiologici. Lo rivela uno studio pubblicato su Nature a cura di ricercatori della University of New South Wales.
La ricerca conferma sostanzialmente che gli anfibi sono i vertebrati più a rischio al mondo. Essendo ectotermi, infatti, regolano la propria temperatura attraverso fonti di calore esterne, come il sole, il che li rende particolarmente sensibili alle variazioni ambientali del loro habitat. Per valutare la loro vulnerabilità alla crisi climatica, gli studiosi hanno confrontato stime sulla temperatura corporea degli animali in ambiente terrestre, acquatico e arboreo, e dati sugli eventi di caldo estremo dell’ultimo decennio, con i limiti di tolleranza al calore di 5.203 specie. In altri termini si è cercato di capire quale sia la temperatura massima che gli anfibi possono tollerare prima che i loro sistemi fisiologici cedano, prendendo in considerazione diversi scenari di riscaldamento globale: quello attuale e nell’ipotesi di aumenti di 2 e 4 gradi centigradi.
«Abbiamo scoperto che 104 delle 5203 specie, ovvero il 2%, sono già esposte al surriscaldamento in condizioni terrestri ombreggiate afferma il dottor Patrice Pottier, ricercatore dell’Unsw e autore principale dell’articolo -. Un aumento della temperatura globale di 4°C potrebbe spingere il 7,5% delle specie oltre i propri limiti fisiologici». E ancora: «Si stima un aumento dell’impatto tra il clima attuale e un riscaldamento fino a due gradi in più, ma gli impatti aumentano in modo sproporzionato con un riscaldamento di oltre 4 gradi. Questo cambiamento graduale nella gravità dell’impatto dimostra che superare i +2°C di riscaldamento globale può essere un punto di svolta che porterebbe probabilmente a molte estinzioni locali».
Lo studio, inoltre, mette in discussione la comune valutazione delle aree a rischio basata sulla latitudine. «In passato – evidenzia Pottier – si è spesso ipotizzato che le specie più vicine all’equatore siano maggiormente a rischio di surriscaldamento rispetto a quelle delle regioni temperate. Tuttavia, il nostro studio ha rilevato che le specie tropicali nell’emisfero australe sono quelle più colpite dagli eventi di surriscaldamento, mentre le specie non tropicali sono più colpite nell’emisfero settentrionale. Supporre che tutte le specie tropicali siano più vulnerabili delle specie temperate può essere fuorviante. Quello che conta è valutare se l’area subirà eventi di calore estremo in relazione alla tolleranza al calore della specie. Ciò richiede di allontanarsi dalle tendenze generali e identificare aree e specie specifiche a rischio».
Le estinzioni locali di anfibi avrebbero in ogni caso pesanti ripercussioni ecologiche, che includono variazioni nella composizione delle comunità, la riduzione della diversità genetica e impatti sulla catena alimentare e sulla salute dell’ecosistema. «La perdita di una popolazione di anfibi – spiega il ricercatore – porterebbe probabilmente a un aumento della popolazione di insetti con effetti di trascinamento su piante e animali. Sono prede di molti animali e la loro perdita avrebbe effetti a catena su molte altre specie». Senza contare che, a prescindere dagli impatti sull’ecosistema, gli anfibi sono anche una presenza molto radicata nell’immaginario collettivo.
I risultati dello studio, secondo gli autori, potrebbero aiutare i responsabili della conservazione a individuare strategie di gestione efficaci. «Abbiamo scoperto – concludono – che, se si fornisce agli anfibi abbastanza acqua e abbastanza ombra, molti di loro possono sopravvivere a eventi di calore estremo. Dobbiamo proteggere e ripristinare gli ambienti che consentono loro di regolare la temperatura corporea».