Corriere della Sera, 6 marzo 2025
I pesci sanno distinguere le persone in base all’aspetto: la conferma in uno studio condotto nel Mediterraneo
Già sani per antonomasia, i pesci sono in realtà anche (molto) più intelligenti di quanto si potrebbe pensare. Lo si evince da uno studio condotto l’estate scorsa alla Submarine and Oceanographic Research Station (Stareso) di Calvi, in Corsica, da un gruppo di esperti di comportamento animale del Max Planck Institute of Animal Behavior di Costanza, in Germania. I suoi esiti, pubblicati a febbraio sulla rivista Biology Letters, hanno infatti confermato che sì: alcune specie selvatiche sono effettivamente in grado di distinguere le persone in base al loro aspetto. A supporlo erano stati per primi alcuni scienziati della stessa Stareso che avevano notato come, nel corso di svariati esperimenti subacquei, a ritrovarsi seguito da un alto numero di esemplari fosse sempre e soltanto chi era solito trasportare del cibo (tipicamente destinato a essere usato come ricompensa) anche quando si immergeva a mani vuote.
Esperimento in tre fasi
Tre le fasi in cui si è articolato lo studio in questione. Nella prima una ricercatrice di nome Katinka Soller è riuscita ad addestrare in meno di due settimane una ventina di orate (di due specie diverse) in modo che la seguissero proprio in cambio di cibo, convalidando così le impressioni dei colleghi. Nella seconda è stata poi affiancata dal primo firmatario Maëlan Tomasek, che oltre a indossare muta e pinne di colore parzialmente diverso non trasportava alcun alimento: all’inizio i pesci hanno seguito entrambi indistintamente, ma con il passare dei giorni hanno iniziato a prediligere nuovamente lei in maniera sempre più netta. Nella terza, infine, i due si sono immersi indossando la stessa attrezzatura subacquea, e i pesci sono tornati a dividersi più o meno a metà: era la dimostrazione che non stavano più riuscendo a riconoscere Soller, e di conseguenza che prima la distinguevano da Tomasek su base meramente cromatica. Non sarebbe d’altronde lo stesso metodo che impiegherebbe anche un essere umano (al netto di evidenti differenze di corporatura tra i sub)?
«Era come se fossero loro a studiare noi»
«I volti sono distorti dalle maschere da immersione, quindi di solito anche noi ci affidiamo alle differenze tra mute, pinne o altre parti dell’attrezzatura per riconoscerci a vicenda», ha commentato in proposito Soller per il sito del Planck Institute. Non a caso, secondo i ricercatori, a lungo andare i pesci avrebbero imparato anche a prestare attenzione a tratti umani più sottili come mani o capelli. «Li abbiamo già osservati avvicinarsi ai nostri volti e scrutare i nostri corpi – ha infatti raccontato l’esperta –. Era come se fossero loro a studiare noi, non il contrario». Sulla stessa linea le conclusioni di Tomasek: «Può essere strano pensare a esseri umani che stabiliscono legami con animali così lontani da noi sull’albero filogenetico come i pesci – ha affermato –. Ma le relazioni uomo-animale possono superare milioni di anni di distanza evolutiva se ci prendiamo la briga di prestare attenzione. Ora che sappiamo che loro ci vedono, è tempo per noi di vedere loro».