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 2025  marzo 06 Giovedì calendario

Rai, tensione Lega-FdI: nomine dei tg bloccate. Salvini chiede le direzioni di TgR e radiofonia: no dell’ad meloniano Rossi

Scontro furibondo tra Lega e Fratelli d’Italia in Rai. Solo in Rai? Ma figuriamoci: un po’ su tutto, e in primis sulla collocazione internazionale dell’Italia, salviniani e meloniani si scannano e il servizio pubblico radiotelevisivo da sempre è stato lo specchio e l’amplificatore delle tensioni politiche in corso. Guarda Viale Mazzini, dove ormai non c’è più nessuno causa restauro del palazzo ma resta fino a fine mese l’ad Giampaolo Rossi, e capisci che cosa in generale sta succedendo nei palazzi che contano. Compreso Palazzo Chigi. Lì accade, secondo FdI, che il vicepremier Salvini ha detto al presidente pro-tempore e facente funzione della Rai, il leghista che viene da lontano, ovvero Bossi più Maroni, insomma Antonio Marano, di assicurare alcune poltrone al Carroccio e di procurarle nel Cda di oggi – anche perché è facoltà del presidente stilare l’ordine del giorno di questo tipo di riunione aziendale – ma sulle nomine care a Salvini l’accordo politico non c’è. A cominciare da quella sulla potentissima testata regionale, la TgR. Il meloniano ad Giampaolo Rossi ha risposto dicendo che nel pacchetto andavano anche inserite altre nomine su cui un accordo di massima esiste – ovvero il Tg3 dove si vorrebbe Terzulli ma chissà, RaiSport e la radiofonia che è un’altra direzione finora tenuta ad interim – ma Marano ha insistito nel volere piazzare i fedeli della Lega al netto di ogni altra considerazione generale e a quel punto Rossi è stato costretto a non proporre nessuna nomina. Prendendosi gli strali di Marano, il quale funge da presidente visto che non si trova un accordo bipartisan sulla candidatura di garanzia rappresentata da Simona Agnes. Questi gli strali del leghista che è presidente temporaneamente ma occhio perché in Italia, come si sa, nulla è più definitivo del provvisorio: «Personalmente, sono molto dispiaciuto che non siano arrivate proposte per procedere con le nomine alle direzioni attualmente ad interim, cosa che io e la consigliera Agnes richiediamo da tempo. Riteniamo che stabilizzare queste direzioni sarebbe un primo passo per garantire l’operatività serena dell’azienda. Spero che da parte dell’ad non vi siano ulteriori tentennamenti». L’accusa è grave, lo scontro è plateale. Al punto che, secondo chi dice di averlo visto entrare, Rossi si sarebbe ieri recato a Palazzo Chigi per parlare con il sottosegretario Fazzolari per informarlo su tutto e per lamentarsi delle pressioni leghiste. Ma il numero uno della Rai nega l’incontro nella sede del governo e assicura di essere andato da quelle parti, Roma centro, ma per altri incontri. Quel che è sicuro è che la Lega – in Rai iper-dotata di poltrone strategiche, ne vuole di più e la sua “ingordigia” secondo FdI, è esagerata rispetto ai dati elettorali – punta ad avere in pianta stabile la TgR che fa molta gola ai meloniani e la direzione Day Time, piazzando lo sponsorizzatissimo Williams Di Liberatore al posto di Angelo Mellone. O almeno Rai Cultura e il tutto tenendo la testata regionale e anche la radio dove ora c’è Pionati, ma sta andando in pensione. Bottino pieno? No, non si può, dicono a via della Scrofa quartier generale di Giorgia e Arianna. La prima delle due è molto seccata per questa Rai nella palude, ma sa bene che la Rai è per eccellenza un terreno che scatena appetiti e non è disposta a farsi condizionare da Salvini. La partita di potere è piuttosto appassionante anche se, rispetto a quello che sta accedendo nel mondo, viene quasi da sorridere. In tutto ciò, la consigliera Agnes – la cui presidenza è tutta ancora da sbloccare in commissione di Vigilanza ma lo stallo della Rai non è dovuto alla mancata elezione di lei – è stata tirata in ballo da Marano ma si mette fuori dalle contese: «Il mio interesse esclusivo è il futuro dell’azienda e credo che questa azienda vada consolidata e fatta crescere con figure professionali preparate e di altro profilo».
Inutile dire che, in questa situazione, la sinistra va a nozze. L’Usigrai chiede le dimissioni del Cda. Il consigliere rosso-verde Roberto Natale accusa l’attuale governance di «comportamento irresponsabile». E il Pd, che tifa per il leghista Marano considerandolo il vero eroe anti TeleMeloni, brinda a spumante. Lo stratega delle operazioni è il capogruppo del Pd in Vigilanza, Stefano Graziano, e il suo partito si esprime così: «Un teatrino e uno scontro di potere paralizzano il servizio pubblico e danneggiano la credibilità dell’azienda». Per Graziano, Rossi è un Re Tentenna («Non lo dico io, lo dice Marano. Ecco come sono combinati»). Ma Forza Italia fa scudo all’ad con Gasparri: «Abbiamo fiducia in Rossi». Anche perché in Rossi hanno poca fiducia, ormai da tempo, i salvinisti. Lo scontro è tutto interno al centrodestra. Come si risolverà? Nessuno lo sa e Meloni tra le mani ha altri dossier, per esempio la possibilità della terza guerra mondiale, che non si gioca nel quadrilatero Mazzini-Asiago-Teulada-Saxa Rubra.