La Stampa, 4 marzo 2025
La strage delle reclute sotto le bombe di Putin
La dimostrazione tragica di quanto sia fragile il cielo sopra l’Ucraina ha il volto dei giovani della 157ma brigata meccanizzata, polverizzati da un missile russo mentre si addestravano nella base di Novomoskovsk, pochi chilometri a Nord di Dnipro e a 130 chilometri dalla linea del fronte.
Sarebbero circa quaranta le vittime, oltre cento i feriti del raid compiuto con l’utilizzo di un missile Iskander-M a testata multipla. Secondo le prime ricostruzioni l’attacco sarebbe stato guidato da un drone da ricognizione che i militari non sono riusciti ad abbattere perché privi di un sistema di difesa aerea sufficiente.
L’attacco, avvenuto il 1° marzo, ha provocato una carneficina proprio perché gli “occhi” dei russi hanno potuto indicare con precisione la concentrazione di soldati, praticamente inermi nei confronti di un razzo che porta fino a 700 chilogrammi di proiettili a una velocità ipersonica di 2600 metri al secondo. Una commissione ha avviato un’inchiesta per stabilire eventuali responsabilità nella mancata protezione della base e ha deciso di sospendere temporaneamente il capo del centro di addestramento e un altro ufficiale, ma sin dalle prime evidenze appare chiaro che poco si sarebbe potuto fare per evitare il disastro.
Il comandante delle forze di terra Mykhailo Drapatyi supervisionerà ogni passaggio dell’inchiesta «perché fa male anche a me. Perché la rabbia mi sta divorando». Ma rabbia a parte, anche l’attivista Serhii Sternenko ha detto: «L’Air Command Skhid (East) ha attualmente i peggiori indicatori per la difesa aerea anti-droni. Le conseguenze si erano già fatte manifestate con l’attacco a un sistema Patriot. Non c’è stata alcuna responsabilità. Nessuna».
Il presidente Volodymyr Zelensky aveva condannato i pesanti bombardamenti russi degli ultimi giorni, durante i quali, aveva detto, sono stati impiegati «più di 1.050 droni d’attacco, quasi 1.300 bombe aeree e più di 20 missili» per colpire città in varie regioni del Paese.
«Chi vuole negoziare non colpisce deliberatamente le persone con la balistica», aveva commentato il presidente, denunciando attacchi diretti contro i civili, che dimostrano il rifiuto di Mosca di trattare una pace. Ma il raid sulla base militare, con la strage di reclute che avevano iniziato l’addestramento pochi mesi fa, rischia di far vacillare il morale tra i soldati, già messo a dura prova dall’escalation russa. «Combatteremo fino a quando necessario», dice il comandante di plotone “Beaver”, dispiegato sul fronte orientale nel Kharkiv, ma «sappiamo benissimo che noi possiamo metterci tutta la determinazione del mondo, tutto il convincimento e il coraggio, però la difesa aerea è dal giorno uno della guerra la priorità».
Nei mesi scorsi la situazione sembrava essersi stabilizzata e più sotto controllo, ma poi i russi hanno «trovato il modo di bucare le nostre difese e il nostro cielo – spiega il comandante -: su 100 bombe plananti sganciate 30 vanno a segno e sono aumentati a dismisura i droni invisibili in fibra ottica». Nessuno ha intenzione di cedere, né sul terreno né nello spirito, così come nessuno nasconde che la strage di reclute abbia un effetto a catena che si spinge ben oltre la prima linea del fronte: «Dobbiamo proteggere il cielo ucraino perché, dopo tre anni di battaglia, episodi come quello di Novomoskovsk hanno un impatto sui soldati, ma anche sui civili che sono stremati e terrorizzati dai continui attacchi indiscriminati – spiega “Beaver” -. E se i civili sentono la paura, si scoraggiano, perdono la fiducia, allora nessuno vorrà più arruolarsi e il reclutamento sarà difficile: chi vorrebbe combattere per difendere il Paese in trincea se sa che non abbiamo difese aeree alle nostre spalle per proteggere le nostre famiglie?».
Il capitano taglia corto su chi vorrebbe alimentare le polemiche su reclute troppo giovani e inadatte alla guerra: «La maggior parte delle nuove reclute non è così giovane, non hanno ovviamente esperienza e neppure l’energia e la prontezza che avrebbe un giovane».
E mentre il presidente Donald Trump continua a minacciare di interrompere gli aiuti militari a Kiyv, Mosca continua a fare progressi sul terreno. Secondo i dati dell’Institute for the Study of War (Isw), le forze russe hanno occupato 389 chilometri quadrati, rispetto ai 431 conquistati in gennaio, i 476 a dicembre 2024 e un picco di 725 chilometri quadrati a novembre, sulla scia di importanti movimenti in prima linea a partire dall’estate del 2024. L’esercito russo continua comunque la sua avanzata attorno a Pokrovsk, un nodo logistico nella regione di Donetsk, aggirando la città da Sud).
Il Cremlino, se ce ne fosse bisogno, fa sapere che non ha in programma di fermare l’offensiva, pur continuando «il dialogo con Washington per normalizzare le relazioni bilaterali».
Al momento, ha affermato il portavoce Dmitry Peskov, ci sono «alcune prime bozze» per una possibile pace in Ucraina, ma nulla di «istituzionalizzato e coordinato».
E in queste circostanze, Mosca intende proseguire la sua cosiddetta operazione militare speciale «per raggiungere tutti gli obiettivi fissati fin dall’inizio».