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 2025  marzo 04 Martedì calendario

Appesi alla «saggezza» degli algoritmi che vendono e comprano

Sono giorni di grandi fibrillazioni. Quali saranno gli effetti, non solo sui mercati finanziari, delle scelte dell’amministrazione Trump, lo stop al sostegno americano all’Ucraina, la reazione europea che corre ad armarsi o almeno ci prova? Gli interrogativi sono numerosi ed angosciosi.
Un aspetto curioso: la sceneggiata alla Casa Bianca, organizzata da Trump contro Zelensky, non ha avuto alcuna conseguenza sull’andamento delle principali Borse. Gli operatori sono ovviamente preoccupati, e ne abbiamo visto i primi preoccupanti riflessi, per i dazi, soprattutto quelli contro Messico e Canada che si sperava fossero stati scongiurati. Si fa sul serio. Anche contro l’Europa. Avvolto nel suo cinismo, immerso in un oceano di dati, il mondo della finanza internazionale appare maggiormente preoccupato – suona persino paradossale vista la fonte – per una stima della Federal Reserve di Atlanta che paventa un crollo della crescita americana. Una grande e imponderabile insidia.
A Trump si permette tutto, meno la messa in forse dello sviluppo americano (per quanto drogato da deficit e debito lasciati a briglia sciolte) e il mancato freno ai prezzi (quelli delle uova per esempio). La volatilità delle quotazioni cresce e questo rimette al centro il ruolo degli algoritmi che vendono e comprano autonomamente. Stupisce che non si sappia esattamente quanti siano. Si stima che la metà degli scambi sui mercati finanziari americani sia regolata da programmi dedicati. Nelle piazze europee, si tratterebbe di un terzo.
Se la volatilità sale l’algoritmo vende. Se scende compra. La sua freddezza e stupidità appare non priva di pericoli. Ma forse che in questo momento sia al riparo dall’emotività dilagante non è nemmeno un difetto.