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 2025  marzo 04 Martedì calendario

Morte Rino Dondi Pinton, il figlio: «Aveva solo la terza elementare. La formula del Cynar scritta a mano in un quaderno»


Lo hanno inventato a ventisette anni, con un occhio all’Italia che voleva rialzarsi dopo la seconda guerra mondiale e uno alla «salute», pensando ai momenti conviviali, tanto agognati negli anni precedenti. E alla cinarina, contenuta nei carciofi, che si diceva avesse proprietà benefiche per il fegato. Rino Dondi Pinton l’inventore del Cynar insieme ai fratelli Dalle Molle è morto sabato 1 marzo, nella sua casa di Padova in Arcella a 103 anni. «Il Cynar è nato così- racconta Giovanni Dondi Pinton, suo figlio – con mio padre che prendeva appunti in un quaderno con le formule scritte a mano. E con piccoli esperimenti in cui i diversi prototipi sono stati fatti assaggiare nei bar di Padova per decidere quale fosse il migliore. Era un’epoca in cui i liquori venivano visti come medicine le persone in quel periodo compravano il “Vov” come ricostituente».
E così suo padre e i fratelli Dalle Molle hanno inventato quello al carciofo.
«Sì, lui aveva ventisette anni ed era responsabile di produzione della distilleria G.B. Pezziol dell’Arcella (di proprietà dei fratelli Dalle Molle). L’inizio è stato stratosferico. I test di assaggio sono andati benissimo e di lì a poco il prototipo è diventato definitivo. Hanno inventato una campagna pubblicitaria degna di quelle che oggi si vedono nei centri delle grandi città. L’amaro pensato contro «il logorio della vita moderna» e incarnato nelle pubblicità da Ernesto Calindri ha viaggiato col botto in tutto il mondo dal 1950 in poi».
Com’era suo padre?
«Era brillante. Aveva solo la terza elementare ma era una persona che coglieva gli stimoli e non si fermava mai. Era abituato alle ripartenze. Da bambino dormiva con i materassi riempiti di pannocchie, con la brina sul cuscino. Anche per questo non ha mai perso il senso del valore delle cose e ce lo ha insegnato. Ha girato il mondo ma è sempre rimasto legato a Padova».
In che senso?
«Si era trasferito per 15 anni a Milano. Era scapolo, praticamente viveva lavorando, per lui c’erano il solo lavoro e la famiglia. Era un uomo vecchio stile e viaggiava molto. Proprio durante un viaggio in Brasile ha conosciuto mia madre. Era entrato in un negozio quando l’ha vista ed è rimasto folgorato. Lei aveva 26 anni ed era una cantante lirica, lui 44. Mio padre adorava la musica lirica. Anche per quella passione in comune si è innamorato come non gli era mai accaduto fino a quel momento. In tre mesi l’ha sposata e sono tornati a Padova insieme. Qui siamo nati io e mio fratello Andrea».
Che padre era Rino Dondi Pinton?
«Non era un papà di tante parole, io ne ho sofferto ma era sempre al lavoro. Era un uomo moderato che si è fatto benvolere da tutti. Sapeva dare il giusto peso alle cose e inserirle nel contesto più adatto. È sempre stato molto moderato. Non ha mai avuto rancore, né desiderio di vendetta. Non ha mai parlato male di mia madre anche quando si sono separati. E nemmeno lei lo ha fatto. Hanno avuto una loro coerenza e una dignità».
Com’era negli ultimi anni?
«Fino a 98 anni ha guidato. Fino a 102 camminava, tranquillo, era quasi autosufficiente. Quando mi ha lasciato la sua attività, l’ho costretto ad andare in pensione perché per lui era ora di riposarsi. Solo che uno così non può fermarsi. Avevo paura di questa cosa. Se una persona non si costruisce un’alternativa al lavoro magari si deprime. Si è associato alla Lega del filo d’argento. Andava a prendere le persone a fare le visite».
Cosa le resta di più di suo padre?
«Gli insegnamenti profondi, ci teneva che noi due fratelli non litigassimo. Diceva sempre “due fratelli sono come due castelli”. E poi aveva modi cortesi con gli altri, la capacità di non arrivare quasi mai allo scontro e il rispetto per tutti quelli che incontrava».