Corriere della Sera, 3 marzo 2025
Niente api, niente vita, il primato della Slovenia: vietati i prati all’inglese
Due milioni di abitanti, undicimila allevatori di api. E il divieto di falciare i prati fino a giugno per lasciarli fiorire tutta la primavera e consentire abbuffate di polline a volontà. Sono due tra gli elementi che fanno della Slovenia il Paese modello in Europa su questo essere minuscolo ma unico al mondo per due ragioni. La prima è che le api vivono grazie ai fiori e allo stesso tempo i fiori si riproducono grazie alle api: una bella sinergia. La seconda è che nella Giornata mondiale degli animali selvatici (3 marzo) le api sono un caso particolare: anche quelle allevate non vengono nutrite da chi le alleva, ma devono andare a trovarsi il cibo da sole là fuori. Selvatiche in ogni caso, anche da domestiche. E la Slovenia è all’avanguardia nella consapevolezza di doverle proteggere: niente api, niente vita.
Per la scrittrice slovena Kaja Šeruga, autrice di Reasons to be Cheerful, il successo dell’apicoltura nel suo Paese è dovuto al fatto che esiste un solo sindacato nazionale degli apicoltori. In contatto costante con il ministero dell’Agricoltura. E questo consente alle api – e agli altri impollinatori selvatici come i calabroni – di ricevere rapidamente protezione qualora vengano identificate delle minacce. La scrittrice spiega per esempio che è stata l’Associazione degli apicoltori sloveni a collegare per prima i composti pesticidi neonicotinoidi alla strage degli impollinatori nel 2011. E in meno di un anno le raccomandazioni dell’Associazione sono state adottate dal ministero con un divieto a livello statale su questo pesticida neurotossico, prima di essere adottato dall’intera Unione europea sette anni dopo. La capitale della Slovenia, Lubiana, è stata la città fondatrice del Bee Path Cities Network, la rete europea che ora comprende diverse altre città in Portogallo, Polonia, Romania, Grecia. E anche in Italia.
Tra le pratiche adottate nelle aree urbane in Slovenia per aiutare le specie impollinatrici a tener duro c’è quella della «falciatura ritardata» nei parchi: niente erba tagliata nelle aree verdi pubbliche fino a giugno come un modo per garantire che le api e gli altri impollinatori che escono dall’inattività invernale abbiano a volontà fiori selvatici come il tarassaco. E sono sempre di più i cittadini che se vedono una aiuola tagliata troppo presto mandano una foto al Dipartimento per la protezione ambientale: chi una volta si lamentava per i prati lasciati incolti ora capisce che, almeno in certi casi, una tosatura all’inglese è peggio.