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 2025  marzo 03 Lunedì calendario

Il maggiordomo 007 al servizio di Mosca che spiava l’ex oligarca

Jim P. è stato condannato il 21 febbraio scorso a 18 mesi di detenzione con la condizionale per furto ai danni di Sergej Pugachëv, l’ex oligarca russo, ora cittadino francese, diventato una delle voci più critiche nei confronti del Cremlino. Jim P. lavorava come maggiordomo per Pugachëv, ma in realtà era una spia infiltrata da “Diligence”, una società di intelligence privata con sede a Londra che lavorava a sua volta al servizio di Mosca. È la prima volta che la giustizia accerta in modo chiaro il legame tra un cittadino francese, un’agenzia di spie londinese e un committente russo. Secondo le indagini condotte a Nizza, l’intrigante storia di Jim P. iniziò nel 2013 in avenue Pierre-Ier-de-Serbie, nei quartieri chic di Parigi. All’epoca l’uomo lavorava come autista per “AAA”, una società di noleggio di auto di lusso, il cui proprietario era Alexander Pugachëv, secondo figlio di Sergej Pugachëv, un industriale che aveva fatto fortuna sotto Eltsin, poi sotto Putin, prima di cadere in disgrazia. Nel dicembre 2009 Sergej Pugachëv strappò il passaporto russo e acquisì la nazionalità francese con il nome di Serge Pougachoff.
Debiti non pagati ma borse di lusso
Nel 2013, suo figlio, Alexander, neanche trentenne, stava tentando di risollevarsi dalla disastrosa acquisizione del quotidiano francese France-Soir. Il profilo di Jim P., che parlava perfettamente il russo, lo incuriosì: “Era un uomo colto, un eccellente pianista e un formidabile giocatore di scacchi, più bravo di me”, ha ricordato. Quando Alexander Pugachëv decise di trasferirsi in Costa Azzurra, roccaforte francese dei Pugachëv, dove, già dalla fine degli anni 90, il padre Sergej aveva acquistato diverse ville, Jim P. partì con lui, lavorando come autista, prima di essere assunto da Pugachëv padre che aveva bisogno di un maggiordomo. Jim P. percepiva uno stipendio mensile di 2.500 euro, a cui Alexander Pugachëv aggiungeva “500 euro in contanti”, e aveva anche un alloggio di funzione in una dependance del castello di Gairaut, di proprietà dei Pugachëv. In quel momento l’ex oligarca non era praticamente quasi mai a Nizza, impegnato a Londra nel processo intentato dall’Agenzia russa per la tutela dei depositi per il fallimento della banca Mejprombank. Malgrado Sergej Pugachëv si sia sempre dichiarato innocente, l’11 luglio 2014 la corte inglese accolse la richiesta della Russia di congelare i beni di Pugachëv in tutto il mondo. “Mi ritrovai a gestire i suoi numerosi debiti”, ha spiegato allora Jim P. Poi, un giorno dell’aprile 2015, si verificò un episodio cruciale: Jim P. vide Alexandra Tolstoj, l’ex compagna di Sergej Pugachëv e madre di tre dei suoi figli, che era di passaggio a Nizza, rientrare dallo shopping con l’auto piena di borse di lusso. Le tirava fuori dal portabagagli davanti agli occhi di uno degli agenti della sicurezza che non prendeva lo stipendio da mesi: “Andai su tutte le furie. Mi dissi che i giornali russi avevano ragione”.
Al soldo di “Diligence” e di mr. royal navy
È così che Jim P. incontrò Trefor Williams, un ex agente della Royal Navy alla testa della “Diligence”, e cominciò a lavorare per lui e per l’Agenzia russa per la tutela dei depositi. Nel giugno 2015 l’ex-oligarca, non sentendosi più al sicuro a Londra, rientrò in Francia, disertando la procedura giudiziaria in corso. Il giudice inglese non apprezzò e lo condannò a due anni di reclusione. In quel periodo Jim P., come testimoniano le perquisizioni effettuate nel suo domicilio, raccolse “diverse decine di gigabyte di dati”, “migliaia di foto rubate, documenti bancari, documenti finanziari”, oltre a “video, registrazioni audio clandestine, screenshot di conversazioni” che inviava per mail ad un contatto russo. In cambio riceveva un pagamento mensile in contanti di 2.000 euro, diventati poi 4.000. Nell’autunno 2015, Jim P. però fu bruscamente licenziato perché “aveva preso in prestito una delle nostre auto ed era sparito nel nulla per più di quarantotto ore”, ha ricordato Sergej Pugachëv. Jim P. non riuscì a farsi riassumere, ma continuò a portare avanti le sue operazioni di spionaggio per “Diligence” fuori dal castello dei Pugachëv. Il primo dell’anno 2017 Jim P. volò a Milano per incontrare Natalia Dozortseva, giurista russa e amica fedele di Sergej Pugachëv, alla quale aveva inviato un messaggio, via l’applicazione di messaggistica Viber: “Conosco delle persone che vogliono incontrarla”.
Reclutare Natalia sulle note del “don Carlos”
Dopo aver assistito alla rappresentazione del “Don Carlos” di Verdi alla Scala, i due ripresero la conversazione in un bar. Jim P. si muoveva con prudenza, sospettando che Pugachëv fosse al corrente dell’incontro e che la giurista portasse addosso una cimice. Nella registrazione, si sente Jim P. dire: “Quando ho iniziato a lavorare per Sergej Pugachëv ero già un agente”. Natalia Dozortseva cercò di ottenere l’identità delle persone che erano dietro all’operazione, ma Jim P. rifiutò di rivelare i nomi: “Sono un soldato, non il generale”. Alla fine Natalia Dozortseva accettò e, il mese seguente, Jim P. organizzò l’incontro con Trefor Williams al ristorante del Palais de la Méditerranée, sulla Promenade des Anglais, a Nizza. “Un uomo affabile, serio, professionale”, lo ha definito la giurista. Trefor Williams tentò di “reclutare” Natalia Dozortseva e l’operazione sarebbe potuta andare in porto se, stando ad alcune fonti, poche ore dopo il loro incontro, Trefor Williams non fosse stato intercettato nel suo albergo dai servizi francesi, che gli chiedevano spiegazioni sul suo passaporto falso. “Non l’ho mia rivisto”, ha spiegato la Dozortseva. Agli inquirenti francesi, Jim P. ha precisato a sua volta che “da allora non ha quasi più ricevuto pagamenti” da “Diligence”. Nel 2018 Jim P. ci riprovò con Alexandre V., la guardia del corpo di Sergej Pugachëv. Negoziò per Diligence un pacchetto di 10.000 euro al mese contro informazioni sull’ex oligarca, ma solo 5.000 euro furono di fatto versati a Alexandre V. in sei mesi. Sappiamo che, nel luglio 2019, Jim P. volò a Londra per regolare i conti con Trefor Williams. Il capo di “Diligence” spiegò di non essere stato pagato dai russi per tutto il lavoro compiuto e propose a Jim P. 36.000 euro o più se avesse accettato di testimoniare contro Pugachëv nel procedimento inglese. L’agente rifiutò e cambiò completamente strategia: nell’agosto 2019 contattò, di sua iniziativa, la Procura finanziaria francese (PNF). Perché non rivolgersi al PNF già nel 2015? “Per farla breve – ha risposto Jim P. agli inquirenti –, Pugachëv manipolava i giornalisti francesi e sospettavo che ci sarebbe voluto molto tempo prima che la sentenza inglese fosse riconosciuta in Francia”. Dopo aver preso i contatti con il PNF, Jim P. cominciò a saldare gli altri conti in sospeso. L’8 giugno 2020 scrisse a Michaël Bendavid, uno degli avvocati di Pugachëv, inviando le prove che aveva raccolto per conto di “Diligence”. Perché lo ha fatto? “Semplicemente perché l’occupazione più sana degli squali è divorarsi a vicenda. E lo spettacolo vale la candela!”, ha risposto Jim P. in tribunale. Da marzo 2024 Pugachëv è agli arresti domiciliari, indagato per frode fiscale aggravata e riciclaggio di frode fiscale.
C’è qualche altro big nella rete del dossieraggio?
“Quando abbiamo sporto denuncia per furto e frode non ci aspettavamo che la situazione si sarebbe ribaltata – ha osservato Adrien Verrier, il legale francese di Pugachëv –. Ciò che mi preoccupa di più non sono tanto le informazioni o i documenti forniti alle autorità fiscali francesi, quanto l’impatto che questa vicenda può avere sulle due cause in corso a Londra e a L’Aia”.
Chiuso nel suo castello, Pugachëv rifiuta di darsi per sconfitto: “Non mi batto per il denaro rubato da Putin. So che non lo rivedrò più. Non è neanche una questione di onore o di giustizia, è una questione di sopravvivenza”. Nel corso delle indagini, i magistrati di Nizza non sono riusciti a stabilire se Jim P. avesse reclutato altre persone o se avesse cessato la sua attività di spionaggio. Il 21 febbraio scorso, Jim P. e il suo complice, Alexandre V., sono stati condannati, con sospensione condizionale della pena. Ma l’udienza non ha permesso di rispondere a tutti gli interrogativi che la vicenda ha sollevato: “Jim P. si è vantato di avere informazioni su altri oligarchi russi. Ma l’inchiesta non ha potuto stimare il grado di verità e di fantasia presente nelle sue parole”.