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 2025  marzo 03 Lunedì calendario

Zelensky: “Non sarà facile sostituirmi”. Ecco perché potrebbe avere ragione

Gli Stati Uniti guidati da Donald Trump ritengono il presidente ucraino Volodymyr Zelensky un ostacolo verso un accordo di pace che chiuda la guerra in Ucraina. Ma Zelensky non ha alcuna intenzione di farsi da parte. Lo scontro va molto al di là di una questione di disistima: riguarda il destino del conflitto, quello dell’Ucraina invasa tre anni fa, ma anche i rapporti tra le superpotenze e le regole che guidano il mondo.
Gli attacchi di Trump
L’atteggiamento di Trump nei confronti di Zelensky è stato durissimo da subito. Il presidente ucraino era una figura centrale nel tentativo di impeachment contro di lui, ed il tycoon non è uomo che dimentica. Prima lo ha messo in chiaro rifiutandosi apertamente di incontrare Zelensky, che le tentava tutte per riuscirci. Poi lo ha apertamente insultato bollandolo come “dittatore” con “il 4% di consensi” e definendolo “un comico di dubbio successo”. Ma gli insulti non erano casuali né frutto di semplice rancore personale: era il fulcro di una nuova strategia.
Biden puntava a far pagare cara alla Russia la presunzione di poter conquistare l’Ucraina in tre giorni dimostrando militarmente la propria rinnovata forza di superpotenza globale. Voleva impantanare Mosca in una guerra che il Cremlino ha scatenato ma che non avrebbe potuto vincere, per indebolirla e concentrarsi poi sulla vera sfida globale cinese. Trump ha lo stesso obiettivo finale, mettere al centro del campo la sfida con la Cina; ma per lui sostenere l’Ucraina contro la Russia non ha fatto altro che spingere Mosca tra le braccia di Pechino, rafforzando il vero competitor degli Stati Uniti. Il tutto, per di più con un costo enorme in termini di vite umane e di denaro americano.
La pressione su Zelensky
Ecco perché Zelensky è un problema da risolvere, per la strategia di Trump. Il leader ucraino insiste nel chiedere garanzie che l’America non intende dare. Insiste nel richiedere una pace “giusta” che non conceda nulla a chi ha invaso l’Ucraina, mentre Trump vuole una pace rapida che ottenga il possibile per l’Ucraina solo in base alla situazione attuale e che sia accettabile per Mosca. Vuole raggiungere una pace che crei le basi per una nuova architettura geopolitica, riavvicinando la Russia all’Occidente e raffreddandone l’intesa con la Cina.
Dopo la lite nello studio ovale è stato il consigliere per la sicurezza Usa, Mike Waltz, a tirare le somme: “Abbiamo bisogno di un leader ucraino che possa trattare con noi, eventualmente trattare con i russi e porre fine a questa guerra. Se emergerà che Zelensky rifiuta di scendere a compromessi per ragioni personali o politiche avremo un bel problema. Deve chiarire pubblicamente e privatamente che è pronto ad andare verso la pace”.
Subito dopo sono aumentate le indiscrezioni secondo cui Washington si prepara ad azzerare gli aiuti all’Ucraina. E contemporaneamente Trump avrebbe tolto dal tavolo persino l’accordo sullo sfruttamento del sottosuolo, che era la sua versione al ribasso di quelle “garanzie” richieste da Zelensky mettendo coi piedi in Ucraina interessi e lavoratori Usa e non i soldati.
Avere pubblicamente sfiduciato Zelensky alla Casa Bianca per poi minacciare di lasciare sola l’Ucraina davanti a una guerra impossibile con Mosca è un messaggio potente per le élite ucraine. Gli analisti con cui abbiamo parlato e anche l’intervista di Repubblica a Gennady Druzenko, che a oggi è l’unico ucraino ad avere formalizzato la propria candidatura alle prossime presidenziali, raccontano il grande fermento e la preoccupazione dei poteri forti che temono il “disastro” per la “catastrofe diplomatica” con gli Usa. È dunque agli sgoccioli l’epopea del comico Zelensky, divenuto presidente e poi eroe prendendo tra le mani il suo popolo scioccato dall’invasione per resistere tre anni a una superpotenza atomica?
La popolarità di Zelensky
Volodymyr Dubovik, docente di relazioni internazionali a Odessa e in Massachusetts, è sicuro che in realtà Zelensky sia uscito “assolutamente rinforzato” dalla lite nello Studio ovale: “La società ucraina – dice intervistato da Repubblica – non è pronta per la resa, e nemmeno i militari esausti. Riuscite a immaginare chi ha seppellito molti amici in questi tre anni e ora vede che la lotta è stata inutile? Che diamo alla Russia tutto ciò che voleva dall’inizio? Questo è il sentimento in Ucraina, e Zelensky lo rispecchia. C’è una nuova unità nazionale attorno al presidente. La gente è arrabbiata per l’umiliazione subita dall’Ucraina. Gli americani si preoccupano solo di un accordo veloce che Trump possa mostrare alle telecamere per dire: datemi il Nobel per la Pace a spese dell’Ucraina”.
Tra le persone con cui abbiamo parlato a Kiev in queste ore, ma anche nei messaggi in libertà sui social che garantiscono l’anonimato (in un paese sotto legge marziale, in cui il dissenso è di fatto vietato, sono un termometro più efficace persino dei sondaggi in cui la gente non si fida di esprimere le proprie idee) è evidente che la popolarità di Zelensky si sia rafforzata. Anche chi non lo ha votato, anche chi non aveva più fiducia in lui si stringe di nuovo sul presidente che parla di garanzie necessarie per difendere l’Ucraina a lungo termine, e che ha il coraggio di affrontare a testa alta Trump e Vance nella Casa Bianca.
Gli insulti che riceve diventano insulti all’Ucraina, e offendono anche i suoi critici. “Dato quello che sta accadendo, dato il sostegno, sostituirmi non sarà così facile. Non si tratterebbe solo di organizzare le elezioni. Bisognerebbe anche impedirmi di candidarmi, il che sarebbe un pò più complicato”, ha detto Zelensky ai giornalisti a Londra ricordando che lui le dimissioni le ha già offerte, sì, ma una condizione precisa: l’ingresso dell’Ucraina nella Nato per scongiurare nuovi attacchi di Mosca, un’ipotesi che però è attualmente irrealistica e fuori dal tavolo: “Se ci sarà la Nato e la fine della guerra – dice – significherà che ho portato a termine la mia missione”.