la Repubblica, 3 marzo 2025
Dodik: “Non rispetterò mai la condanna bosniaca, è una sentenza politica”
A parole nega ciò che invece dichiara coi fatti. È tipico di Milorad Dodik, il presidente della Republika Srpska condannato la scorsa settimana a un anno di carcere e a sei anni di interdizione dai pubblici uffici dalla Corte di Sarajevo. «Non voglio la secessione», dice in quest’intervista a Repubblica, nonostante abbia appena fatto approvare al parlamento dell’entità serba norme per mettere fuorilegge l’attività di organi della Bosnia-Ergezovina. «Voglio la pace», ma si prepara a ricostituire l’esercito. Il più filorusso dei leader balcanici è anche un fan di Trump. Non ha la minima intenzione di rispettare il verdetto del tribunale, che lo ha condannato per aver promulgato nella Republika Srpksa una legge che interrompe la validità delle delibere dell’Alto rappresentante, il tedesco Schmidt, supervisore degli accordi di pace di Dayton firmati nel 1995. Il fragile equilibrio su cui si regge la Bosnia, dunque, vacilla.
Perché non rispetta la sentenza?
«Quella è una corte dell’inquisizione creata apposta per processare un solo gruppo etnico, i serbi».
Veramente è un’istituzione ufficiale e riconosciuta, nata con voto del parlamento sulla base di una legge promulgata dall’Alto rappresentante.
«Non è un’istituzione ufficiale. È il frutto dell’imposizione di circoli liberali che per il dialogo hanno introdotto istituzioni esterne all’ordine costituzionale. Perciò sono vittima di un processo politico».
Un processo politico? Come fa a dirlo?
«Vengo condannato perché un tedesco di nome Christian Schmidt, che in passato aveva simpatie per l’ideologia nazista, ha emesso un decreto secondo il quale chi non rispetta le sue decisioni compie un reato».
Lei ha detto di avere un audio che prova un presunto tentativo di corruzione da parte della giudice Sena Uzunovi?. Da dove arriva quell’audio? Cosa contiene?
«È in corso un’indagine della polizia, non posso fornire dettagli. Posso dire che mi sono stati chiesti diversi milioni di euro per ottenere il verdetto di assoluzione»
Perché allora non lo fa sentire?
«Deciderò cosa farne quando sarà conclusa l’indagine».
Come reazione alla sua condanna, l’Assemblea nazionale dell’entità serba ha emanato leggi che vietano l’attività della Corte, del procuratore e della polizia della Bosnia-Erzegovina nel territorio della Republika Srpska. È la premessa della secessione?
«No, questa è la narrazione falsa e ingannevole dei politici e dei media occidentali»
E cos’è allora? Una provocazione?
«È tornare alla nostra costituzione originaria, secondo la quale la confederazione non ha autorità nei settori giustizia, esercito, polizia o materie fiscali. Le ha acquisite nel tempo attraverso l’imposizione esterna di stranieri nominati Alti rappresentanti»
Anche se ora nega, lei è il leader serbo-bosniaco che più di altri usa e diffonde retorica separatista.
«Non sono serbo-bosniaco, sono serbo. Sono il leader dei serbi in Bosnia. Siamo parte di una nazione, di un popolo che vive in Serbia, Montenegro e nei Balcani. Siamo una nazione unica».
Ha intenzione di ricostituire l’esercito serbo?
«La Republika Srpska ha diritto ad averlo, è stabilito dall’accordo di Dayton e dalla costituzione. E sì, abbiamo intenzione di esercitare questo nostro diritto, prima o poi».
In Europa in tanti temono che le sue azioni stiano mettendo seriamente a rischio la tenuta di Dayton e i delicati equilibri della Bosnia. Cosa risponde?
«Non vado contro l’accordo di Dayton né contro la costituzione. È l’occidente ad aver creato il disordine. Usaid negli ultimi tre anni ha investito in Bosnia 402 milioni di dollari, ma risulta che solo 150 milioni siano arrivati. Il resto, 250 milioni, è stato usato per operazioni sporche, infatti Elon Musk l’ha definita organizzazione criminale».
Cosa pensa di Trump?
«Il suo ritorno alla Casa Bianca è storico. Trump ha detto che quella di Biden è stata la peggiore amministrazione americana, potete immaginare cosa possa aver fatto da noi. Attualmente qui abbiamo dei team investigativi americani che stanno indagando sull’uso dei fondi dell’Usaid».
Ma lei, esattamente, cosa si aspetta dal presidente americano?
«Ha già fatto tutto ciò che potevo desiderare. Ha chiuso Usaid e ha fatto capire che l’Unione europea è una struttura che non funziona. Condivido la sua opinione. Inoltre ha finalmente rotto il legame tra Bruxelles e certe forze che in Bosnia hanno prodotto disordine».
Perché dice che il suo caso è uguale a quello di Calin Georgescu, leader dell’ultradestra, filorusso, sotto inchiesta in Romania per favoreggiamento di organizzazioni criminali, fasciste e anti-semite?
«Georgescu è indagato solo allo scopo di non fargli vincere le elezioni. In questo senso è come me, che ho il 60 per cento del sostegno popolare e il mio partito ha il 36 per cento».
Chi ha il sostegno del popolo è sopra la legge?
«Non ho detto questo e non lo penso».
Però non rispetta il verdetto di un tribunale istituito secondo la legge.
«Il decreto in base al quale sono stato condannato è illegittimo».
Dopo la sua condanna, ha avuto la solidarietà di Orban e del Cremlino. Il presidente serbo Vucic è venuto a Banja Luka. Di cosa avete parlato?
«Di come preservare la pace. Non sto creando un movimento o una milizia paramilitare, quel che facciamo è in linea con le decisioni dell’Assemblea della Republika Srpska. Il nostro obiettivo non è lo spirito della costituzione, ma il testo, parola per parola. Siamo cristiani, non crediamo agli spiriti».
Se il verdetto di primo grado della Corte della Bosnia-Erzegovina sarà confermato, cosa farà?
«Non rispetterò mai una sentenza politica».