la Repubblica, 3 marzo 2025
“Wuhan ci mette di nuovo a rischio. Poche precauzioni per il virus appena scoperto nei pipistrelli”
Non si tratta così un microbo pericoloso. Ian Lipkin e Ralph Baric sono forse i due cacciatori di virus più esperti degli Stati Uniti. Insegnano rispettivamente epidemiologia alla Columbia di New York e virologia all’università del North Carolina e sanno quali precauzioni vanno prese di fronte a un microrganismo contagioso.
Per questo, dopo aver letto della scoperta in Cina, più precisamente a Wuhan, di un nuovo coronavirus che vive nei pipistrelli, hanno cercato di guardare nei dettagli.
L’allarme dei due scienziati
Quel che hanno trovato non li ha tranquillizzati. Li ha spinti anzi a scrivere una lettera al New York Times: “La recente ricerca sui virus dovrebbe allarmarci”. Il quotidiano americano l’ha pubblicata stamane nella sezione delle opinioni.
“Ci preoccupa come alcuni scienziati conducano esperimenti sui virus in modi che potrebbero mettere in pericolo tutti noi” scrivono. “In uno studio pubblicato dalla rivista scientifica Cell un gruppo di ricercatori ha riferito della scoperta di un coronavirus nei pipistrelli che ha la potenzialità di diffondersi tra gli esseri umani”.
Cell è una delle più prestigiose riviste di biologia del mondo. La pubblicazione su HKU5-CoV-2 (questo il nome del nuovo microrganismo) risale al 18 febbraio. A firmarla sono una ventina di scienziati di sette istituzioni scientifiche cinesi, fra cui l’istituto di virologia di Wuhan e l’università della città da cui nel dicembre 2019 è partita la pandemia.
Le misure di sicurezza contro i virus
“Non vogliamo suggerire che l’istituto sia responsabile per la pandemia di Covid, né che il nuovo virus possa provocare la prossima. Ciò che ci preoccupa sono le insufficienti misure di sicurezza che gli scienziati hanno preso quando hanno studiato questo coronavirus”.
I microrganismi contagiosi vengono studiati in laboratori costruiti per impedirne la fuoriuscita. Hanno gradi di protezione diversa a seconda della pericolosità del microbo trattato. Il livello più basso è il Bsl-1 (biosafety level 1), quello più alto il 4, dove gli scienziati circolano con tute che somigliano a quelle degli astronauti, la pressione dell’aria è negativa in modo che nulla esca, ci sono docce all’uscita e doppie porte blindate che solo il personale addestrato è autorizzato ad attraversare con un badge. Il virus dell’Hiv viene manipolato ad esempio nei Bsl-3. In Italia esistono solo due centri che dispongono di Bsl-4: il Sacco di Milano e lo Spallanzani di Roma.
Il laboratorio usato a Wuhan
L’istituto di virologia di Wuhan ha laboratori di questo tipo, ma per studiare HKU5-CoV-2, scrivono Lipkin e Baric, “non ha condotto gli esperimenti in un Bsl-3 o 4, bensì in un laboratorio Bsl-2 plus, una categoria che non è riconosciuta dai Centers for Disease Control and Prevention e crediamo sia insufficiente per un virus respiratorio potenzialmente pericoloso”.
Il nuovo coronavirus scoperto a Wuhan ha dimostrato negli esperimenti di poter contagiare cellule umane messe in coltura (nessuna infezione risulta mai avvenuta tra gli uomini) e di appartenere alla categoria dei Mers. Un virus di questa famiglia è diffuso in Medio Oriente dal 2012, si trasmette tramite i cammelli (per fortuna con poca efficienza) e ha dimostrato di avere una letalità del 34%: ben oltre il 10% del Covid nelle fasi iniziali, quando ancora non avevamo difese.
Lipkin e Baric sono sempre stati estranei ai complottismi secondo cui il Covid è stato fabbricato nei laboratori di Wuhan. Fin dall’inizio della pandemia hanno ritenuto come più probabile la tesi di un contatto fra l’essere umano e un animale infetto nel mercato della città. Nella lettera al New York Times non dicono di aver cambiato opinione. Una fuga accidentale di un virus studiato per fini scientifici, alla luce delle loro parole, sembra però meno implausibile.