Corriere della Sera, 3 marzo 2025
La perdita di fiducia reciproca e il rischio reale di “debasing”
Una volta perduta, la fiducia nel prossimo è più difficile da ricostruire di quella verso chi sta più lontano da noi ed è persino nostro nemico. La rottura tra alleati atlantici ha qualcosa di epocale ma non si riflette solo nelle relazioni diplomatiche, nei rapporti tra Stati, ma tocca da vicino persino la normalità delle nostre scelte quotidiane, le abitudini di consumo. I mercati finanziari al momento riflettono soprattutto il calo dell’inflazione, la forte domanda sui titoli della Difesa. La grande liquidità attutisce i timori strategici. Il timore però che si evoca, dopo tutto quello che è successo nello scorso fine settimana, è debasing, ovvero una svalutazione implicita delle monete fiduciarie, al di là dell’andamento delle quotazioni, che minaccia nel tempo il valore reale della ricchezza finanziaria. Il termine descrive bene anche la situazione geopolitica degradante e avvilente che stiamo vivendo. Un rischio potenziale ma non così remoto che condiziona i comportamenti degli stati e dei soggetti economici. Ci si accorge drammaticamente che gli scambi non avvengono solo per convenienza reciproca ma anche e soprattutto per il livello di fiducia costruito in tanti anni che va al di là delle regole contrattuali. È in sintesi tutta l’aria che gli sta intorno, l’insieme delle consuetudini. Dai rapporti internazionali tra ricerca e università alle piccole scelte individuali dalle mode ai viaggi, al modo con il quale stiamo sui social network. Una società occidentale tra estranei è profondamente diversa da quella tra alleati. I sospetti prevalgono sulla fiducia, la frammentazione degli scambi dilaga, il diritto internazionale precipita nell’irrilevanza. No, il termine debasing non deve diventare di moda. Almeno lo speriamo.