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 2025  gennaio 29 Mercoledì calendario

Biografia di Paolo Manazza

Paolo Manazza (1959-2025). Pittore, giornalista, critico d’arte, esperto del mercato, promotore di fiere. «Per lui la passione era solo l’arte. Una passione assoluta, trascinante, totale, seppur declinata in molte forme, diverse eppure contigue […] Una vita ricca e poliedrica la sua: collaboratore dal 1992 del Corriere sul mondo del mercato dell’arte, decide di fondare un quotidiano online. Nasce così ArtsLife. com, importante punto di riferimento nell’informazione sull’arte. Per alcuni anni insegna all’Accademia di Brera di Milano Editoria dell’arte e Teoria e pratica del mercato multimediale dell’arte. Insegna anche nei Master di specializzazione post-universitaria. Nel settembre 2005 riceve dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi l’onorificenza di Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana. Ma Paolo Manazza non si ferma e si pone come protagonista anche nel sistema imprenditoriale: e allora si inventa una fiera d’arte internazionale, WopArt, dedicata al mondo di nicchia dedicato all’arte con il supporto della carta. Al suo attivo anche alcuni libri, tra cui Sulle finalità dell’arte dopo l’11 settembre (ObarraO, 2006). Manazza parlava sempre con la velocità di una mitragliatrice: traboccava di battute, tra scherzi, e risate. Parlava come dipingeva: a scatti rapidi ma sicuri. Amava le citazioni, sottolineando le sue ultime letture: citava filosofi e poeti, parlava spesso di Rosalinda Celentano, di suo figlio Michelangelo, di Afro, Gerhard Richter e di Ludwig Wittgenstein, creando così un’inaspettata costellazione di amori e passioni. Sul volto magrissimo inforcava sempre un paio di vistosi occhiali arancione quasi a voler trasferire anche sul suo corpo, grazie all’uso audace dei colori, un’idea di irriverente libertà dalle convenzioni. Manazza era così: a suo modo diretto e trasparente, ma anche impossibile da ingabbiare dentro uno schema rigoroso, dentro regole e codici prestabiliti. Un po’ irrequieto, un po’ anarchico potrebbe essere un neo-anartista, proprio come amava definirsi Marcel Duchamp. Sicuramente non amava i confini. E non a caso recentemente mi confessò: “Che cos’è un confine? È un concetto che tutti hanno chiaro. Eppure ho riformulato la domanda. Che cos’è lo spazio che divide le cose? Che cos’è il confine tra due persone? Cosa c’entra l’arte? Nulla. Il suo compito è quello di porre quesiti. Non dare risposte”. Già, Paolo Manazza sapeva bene quale fosse il ruolo dell’arte, che viveva con totale passione. Ma amava dipingere più di ogni altra cosa. E non a caso, prima ancora di praticare la pittura, l’aveva studiata con attenzione. Nella sua ricerca ha approfondito gli autori del passato, da Piero della Francesca a Michelangelo, ma poi si è soffermato soprattutto sugli esiti informali della scuola newyorchese ed europea degli anni Cinquanta. Ha amato visceralmente l’astrazione e quindi ha direttamente sperimentato le sovrapposizioni cromatiche in una pittura neo informale che unisce la forza della gestualità alle vibrazioni del colore» [Gianluigi Colin, Cds]. Se n’è andato ieri, nella sua Milano. Aveva trascorso i suoi ultimi giorni all’Hospice Vidas di via Ojetti. I funerali si terranno venerdì alle 11 nella basilica milanese di San Simpliciano.