15 gennaio 2025
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Biografia di Marco Furlan
Marco Furlan, nato a Padova, 16 gennaio 1960 (65 anni) è noto come serial killer per essere stato, con Wolfgang Abel (Monaco di Baviera, 25 marzo 1959 – Negrar di Valpolicella, 25 ottobre 2024) autore di vari omicidi perpetrati nell’Italia nord-orientale e in Germania Ovest, rivendicati con volantini di contenuto neonazista e firmati con lo pseudonimo di “Ludwig”. Uccisero 15 persone. Vengono arrestati nel 1984, colti in flagrante mentre spargevano benzina intorno alla discoteca Melamara di Castiglione delle Stiviere (Mantova).
Titoli di testa «La nostra fede è il nazismo, la nostra giustizia è morte, la nostra democrazia è sterminio».
Vita Rampollo dell’alta borghesia della città di Verona Marco Furlan, era residente nel prestigioso quartiere di Borgo Trento, era figlio del professor Silvano Furlan, direttore del reparto di chirurgia plastica e centro ustioni dell’Ospedale Civile Maggiore di Verona Borgo Trento (a tal riguardo è emblematico il fatto che molte delle vittime di “Ludwig” furono arse vive) e al momento dell’arresto risultava in procinto di laurearsi in fisica presso l’Università di Padova • Con Wolfang Abel, laureato in matematica a pieni voti, si conobbero alla scuola superiore, il liceo scientifico G. Fracastoro di Verona, trovandosi presto concordi circa la necessità di ripulire il mondo da tutto ciò che a loro avviso risultava “deviato”: prostitute, barboni, omosessuali, tossicodipendenti, preti “peccaminosi”, discoteche e sale cinematografiche a luci rosse. Il loro rapporto proseguì anche oltre la scuola e si consolidò in virtù del fatto che entrambi frequentavano un gruppo di giovani che usavano incontrarsi in piazza Vittorio Veneto a Borgo Trento • «Non tutto è dovuto alla genetica del loro Dna, anzi a scavare nei rapporti familiari emerge un’aridità in entrambi i nuclei. Genitori assenti e distratti. Genitori e parenti che hanno lasciato crescere questi due bambini e adolescenti e poi ragazzi e giovani e uomini senza quell’indispensabile ragnatela di affetti, ascolto e considerazione. Ovvero senza quella bussola pedagogica che indica la strada, distingue il chiaro dallo scuro, il giusto dallo sbagliato. No, qui è tutto ridotto alla distanza, all’abbandono. All’assenza di figure, ruoli e responsabilità» [dalla perizia dello psichiatra Vittorino Andreoli] • Furlan è figlio di un noto e apprezzato chirurgo estetico, Abel di un assicuratore tedesco: crescono come erba selvatica. Da compagni di banco a scuola entrano in confidenza, fiducia e complicità. Un’unione sulla quale si spendono i pettegolezzi in città che però non li scalfiscono. Nella Verona bene, ci sono i ragazzi che usano auto da sogno in una vita patinata, poi Abel e Furlan: snobbano i locali notturni, girano in bicicletta, evitano la mondanità. Anzi, la condannano e piano piano iniziano persino a odiarla. Fuggono dai riti dei loro coetanei, si misurano nel silenzio della natura che cercano in lunghe e solitarie passeggiate. Ludwig ancor prima di uccidere evita i rapporti sociali, i confronti con gli altri. Il perché è uno solo: la società contemporanea inquina e contamina. Da qui l’idea di «ripulire il mondo dai diversi, emarginati e viziosi» [Gianluigi Nucci, Specchio, 28 agosto 2021] • Il primo omicidio di Ludwig risale al 25 agosto 1977, a Verona. Furlan e Abel gettarono quattro bottiglie molotov dentro a una Fiat 126 dove stava dormendo il senzatetto Guerrino Spinelli: l’uomo morì dopo otto giorni di agonia: «Facevano gli studenti modello, i figli benestanti e sprezzanti, e soprattutto i killer per passatempo. Avevano 18 e 17 anni quando ammazzarono la prima volta: il barbone Guerrino Spinelli, bruciato vivo nella sua Fiat 126 a Verona il 25 agosto 1977» [Cristiana Lodi, Libero, 10 gennaio 2009] • Il 19 dicembre 1978 fu la volta del cameriere omosessuale Luciano Stefanato, colpito con 30 coltellate a Padova e il cui cadavere fu ritrovato con ancora le due lame conficcate nella schiena • Quasi anno dopo, il 12 dicembre 1979, a Venezia, Furlan e Abel uccisero a coltellate Claudio Costa, di 22anni • La serie omicida proseguì il 20 dicembre 1980 a Vicenza con l’uccisione a colpi di ascia e di martello della prostituta Alice Maria Baretta, di 52 anni • Inoltre, Abel e Furlan diedero alle fiamme, il 25 maggio 1981, la torretta di Porta San Giorgio a Verona, una piccola struttura abbandonata facente parte delle vecchie fortificazioni austriache e divenuta ricovero per sbandati, tossicodipendenti e senza casa: nel rogo morì Luca Martinotti, di 17 anni, che stava trascorrendo la notte lì con l’amico di 18 Aurelio Angeli, rimasto gravemente ferito. Un terzo giovane, Fabrizio Ancona, 23 anni di Raldon, riportò ustioni meno gravi. Questo fu uno dei delitti per cui vennero assolti, sebbene una lettera di rivendicazione a firma Ludwig fosse pervenuta alla redazione de la Repubblica. • Il 20 luglio 1982, Ludwig colpì padre Gabriele Pigato e padre Giuseppe Lovato, entrambi di 70 anni, frati del Santuario della Madonna di Monte Berico a Vicenza, aggrediti mentre stavano passeggiando in via Cialdini (una strada che costeggia le mura della casa generalizia) e fatti oggetto di colpi di martello dai due giovani: padre Gabriele morì subito, mentre padre Giuseppe venne trasportato in gravissime condizioni all’Ospedale San Bortolo, dove spirò di lì a poco. • Il 26 febbraio 1983, a Trento, uccisero il sacerdote don Armando Bison, che fu trovato con un punteruolo piantato nel cranio con attaccato un crocifisso: «Quasi nessuno, a Trento conosce bene il lavoro dei Venturini (il convento di Trento, per i preti “che hanno smarrito la strada” ndr). Un titolo forte il 24 febbraio 1983, quando un sacerdote del convento, don Armando Bison, 71 anni, fu ucciso con un punteruolo a forma di crocefisso, conficcato in testa, da Marco Furlan e Wolfgang Abel, i “Ludwig” [Jenner Meletti e Andrea Selva, Rep 2015] • Il 14 maggio 1983 diedero fuoco al cinema a luci rosse Eros di Milano, uccidendo 6 persone (compreso il medico Livio Ceresoli, 46 anni, entrato in sala per prestare soccorso e successivamente insignito della medaglia d’oro al valor civile) e ferendone 32 • I due killer, forse per ingigantire le loro imprese, rivendicarono anche l’incendio al sex club Casa Rosso di Amsterdam avvenuto il 16 dicembre 1983, che causò 13 morti e 16 feriti. Non fu rinvenuto nessun elemento che dimostrasse un legame tra questo fatto e Ludwig. Risulta, infatti, che l’attacco venne eseguito da Joseph Lan, un ex dipendente della struttura, il quale versò benzina nell’edificio e poi, secondo quanto riferito, appiccò il fuoco. Lan fu successivamente arrestato e condannato a 12 anni di reclusione • L’8 gennaio 1984 appiccarono un incendio alla discoteca Liverpool di Monaco di Baviera, in cui morì una cameriera di origine italiana, Corinne Tartarotti, che lavorava nel locale, e altre 7 persone rimasero ferite • La sera del 4 marzo 1984, i due criminali si recarono alla discoteca Melamara di Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, dove in quel momento si trovavano 400 ragazzi, la maggior parte dei quali mascherati per la festa di carnevale. In un momento di confusione, uno dei due killer, travestito da Pierrot, aprì un’uscita di sicurezza e fece entrare il suo complice, che aveva con sé due borse contenenti altrettante taniche di benzina. Seminascosti in un angolo buio, Abel e Furlan cominciarono a versare benzina sulla moquette e la incendiarono. I due tuttavia non avevano tenuto conto del fatto che i locali pubblici italiani avevano dovuto dotarsi di rivestimenti ignifughi a seguito dei provvedimenti promulgati dopo il rogo del cinema Statuto, avvenuto a Torino nel febbraio 1983. La moquette della discoteca era quindi resistente alla fiamma e rallentò la propagazione del fuoco, consentendo a un addetto alla sicurezza di estinguerlo. Una volta scoperti, i due assassini tentarono di aggredire il buttafuori per fuggire, ma furono bloccati, accerchiati dalla folla e infine arrestati dalla polizia, che li salvò dal linciaggio da parte degli avventori del locale • «“A frequentare quella discoteca – sibilerà Abel – una mia amica ha iniziato a drogarsi”. E quindi a uccidersi, in una dimensione di responsabilità che è scevra e immune dall’azione persecutoria affidata allo Stato, e quindi va rivendicata dai purificatori per pareggiare quell’indispensabile e attesa resa dei conti» [Gianluigi Nuzzi, Specchio 2021] • Marco Furlan parlò per primo: «Volevamo fare uno scherzo», spiegò. «Ho qualcosa contro questo genere di locali, soprattutto per la gente che li frequenta», aggiunse l’amico. A quel punto il giudice istruttore di Verona, Mario Sannite, alzò il sipario sulla catena di delitti firmati da Ludwig. E i due amici vennero inchiodati, con una mole di prove che avrebbe fatto paura a chiunque. Ma non a loro, che ancora oggi respingono le accuse: «Il Melamara sì. I morti sì. Ma con Ludwig non c’entriamo». Cristiana Lodi su Libero il 10 gennaio 2009: «Lo giura ancora oggi Furlan, che ha 49 anni e fa il consulente in un’azienda informatica di Milano» • Vittime di Ludwig accertate: 20 luglio 1982: padre Gabriele Pigato e padre Giuseppe Lovato, Vicenza • 26 febbraio 1983: don Armando Bison, Trento • 14 maggio 1983: 6 morti (Livio Ceresoli, Giorgio Fronza, Ernesto Mauri, Pasquale Esposito, Elio Molteni e Domenico La Sala) e 32 feriti, Milano • 8 gennaio 1984: un morto (Corinne Tartarotti) e 7 feriti, Monaco di Baviera • Il 25 novembre 1980 rivendicarono per la prima volta i delitti di Spinelli e Costa, inviando una lettera firmata col nome Ludwig (sovrapposto allo stemma della Germania nazista) alla redazione di Venezia del quotidiano Il Gazzettino: «L’organizzazione Ludwig si assume la responsabilità delle seguenti uccisioni: Guerrino Spinelli, Verona, agosto 77, Luciano Stefanato, Padova, dicembre 78, Claudio Costa, Venezia, dicembre 79. Come prova dell’autenticità di questa rivendicazione riportiamo alcuni particolari riguardanti gli attentati che non sono di dominio pubblico. Nel primo si è fatto uso di 4 bottiglie Molotov (non 2 come riportano i giornali) confezionate con fiaschi da 2 litri di cui 2 sono state lanciate dentro la macchina e 2 fuori. Nel secondo sono stati usati coltelli con manico di plastica e di colore rosso-arancione. Per quel che riguarda il terzo sono stati utilizzati due coltelli da cucina con il manico di plastica bianca che sono stati gettati sotto il ponticello vicino al quale è stata colpita la prima volta la vittima morta nello stesso vicolo dopo altre due colluttazioni». • «Ludwig la nostra fede è nazismo la nostra giustizia è morte la nostra democrazia è sterminio rendiamo noto che abbiamo puntualmente rivendicato il rogo di San Giorgio a Verona con il messaggio inviato a ‘La Repubblica’. Alleghiamo un dischetto metallico identico a quello applicato sulla più grande delle tre torce usate • Gott mit uns (“Dio con noi”) era il motto dell’Ordine Teutonico; dopo la caduta dello Stato dei cavalieri teutonici, divenne quello dei re di Prussia, fino a divenire motto degli Imperatori tedeschi ed infine anche del terzo Reich nazista. Terminato il conflitto e decaduta la monarchia, il piccolo esercito della neonata Repubblica di Weimar, la Reichswehr, mantiene il motto sulle fibbie dei cinturoni e al centro viene inserita l’aquila, simbolo della Germania • Abel venne sottoposto a perizia psichiatrica, richiesta anche dai difensori di Furlan, Tiburzio De Zuani e Piero Longo: l’imputato rifiutava di sottoporsi ai colloqui. Gli specialisti Balloni e Reggiani affermarono che Abel aveva una ridotta capacità di intendere e di volere durante gli omicidi. Il 10 febbraio 1987 furono entrambi condannati a trent’anni di carcere, mentre il pubblico ministero aveva chiesto per tutti e due l’ergastolo; a entrambi inoltre fu riconosciuta la seminfermità mentale • Il 15 giugno 1988 la Corte d’assise d’appello di Venezia rimise in libertà entrambi per decorrenza dei tempi di carcerazione e ordinò a Furlan il soggiorno obbligato a Casale di Scodosia, un paese in provincia di Padova, da cui Furlan fuggì nel febbraio del 1991, poco prima della definitiva condanna in Cassazione. Fu catturato nel maggio del 1995 a Creta, dove viveva sotto falso nome, e fu riportato in Italia; intanto il 10 aprile 1990 la Corte d’appello di Venezia lo aveva condannato in contumacia a 27 anni di carcere, condanna confermata l’11 febbraio 1991 dalla Corte di cassazione; nella stessa occasione anche Abel fu condannato a 27 anni, dato che anche lui il 13 marzo 1991 scappò dalla casa in cui aveva il soggiorno obbligato a Mestrino e venne ritrovato qualche ora dopo. Poco dopo l’arresto a Creta nel 1995 Furlan tentò il suicidio in carcere, provando a impiccarsi alle sbarre con un lenzuolo, rimanendo però illeso • Il 18 aprile 2008 viene diffusa la notizia della decisione del tribunale di sorveglianza di Milano di affidare Marco Furlan in prova ai servizi sociali [Mess, 23 aprile 2008] • Furlan, attraverso il suo legale, l’avvocato milanese Corrado Limentani, aveva chiesto di poter lasciare il carcere di giorno per tornarvi la notte e nei fine settimana. L’organismo giudiziario ha rifiutato la semilibertà, ma ha concesso l’affidamento ai servizi sociali, tenendo conto della buona condotta del serial killer e dell’ormai imminente fine pena, prevista per l’inizio del 2009 • Il 24 aprile 2008 Furlan ha preso la seconda laurea con lode in ingegneria informatica, mentre il 12 novembre 2010 è stato rimesso in libertà per la buona condotta tenuta durante il periodo in libertà vigilata [Cds 10 novembre 2012] • «Dal 12 novembre 2010 Furlan è in libertà per la buona condotta tenuta durante il periodo in libertà vigilata. “Ho pagato, adesso lasciatemi in pace, le persone cambiano” aveva detto ai cronisti che l’avevano atteso quando lasciò definitivamente il carcere, a Milano. Si è ricostruito una vita grazie alla seconda laurea in informatica» [Marianna Peluso, Cds 2022] • «Da qualche settimana è fuori, con il salvagente dei servizi sociali, Marco Furlan, un nome che s’identifica con Ludwig e con una serie impressionante di 15 omicidi – 10 quelli attribuiti a Furlan – avvenuti fra il ’77 e l’84 in Veneto. In quell’anno l’avevano ammanettato, nell’88 era uscito per decorrenza dei termini, l’avevano riacciuffato in Grecia il 17 maggio ’95. È di nuovo libero [Stefano Zurlo, Giornale 2008] • L’ingegnere Marco Furlan e il fisico Wolfgang Abel, che tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta ammazzarono per noia almeno 15 persone col nome d’arte di Ludwig, escono adesso avendo passato in cella molto meno dei 27 anni a cui erano stati condannati. Anche qui sconti, buone condotte e quant’altro [Vanity Fair, 3 gennaio 2009] • «Nel febbraio del 1991 la Cassazione confermò definitivamente la condanna a 27 anni di reclusione, giudicandoli seminfermi di mente. Pochi giorni prima della sentenza, Marco Furlan scappò in bicicletta facendo perdere le tracce. Lo scovò dopo quattro anni un turista italiano a Creta, lavorava all’aeroporto dopo avere fatto l’interprete, il garzone e il magazziniere nei vari angoli dell’isola greca. Aveva con sé moltissimi soldi. Fu arrestato, riportato in Italia, rinchiuso nel carcere di Opera: era il 17 maggio 1995» [Cristiana lodi, Libero, 10 gennaio 2009] • Ha chiesto perdono al Papa, a più di 30 anni dai delitti di preti e omosessuali per cui è stato condannato, Marco Furlan, uno dei due componenti del gruppo Ludwig, che seminò la morte – 15 omicidi – tra il 1977 e il 1984. L’incontro con Papa Bergoglio, scrive l’Arena di Verona, è avvenuto il 13 dicembre 2018, nell’Aula Clementina, quando il Pontefice ricevette una delegazione di ‘Telepace’, guidata da don Guido Todeschini, consigliere spirituale di Furlan. «Il Papa - ricorda il sacerdote - sapeva chi aveva di fronte e che era accusato di aver ucciso, oltre agli altri, anche tre religiosi (padre Gabriele Pigato e padre Giuseppe Lovato, monte Berico Vicenza nel 1982; don Armando Bison, Trento, nel 1983, ndr). Io ero vicino a lui e non riuscivo nemmeno a parlare. Furlan si è avvicinato, Papa Francesco lo ha guardato con amore e con un sorriso, gli ha messo le mani sulla testa e Marco piangeva, era in lacrime» [Ansa 10 febbraio 2022] • «La testimonianza più straziante è quella di A.D., nel 1976 soldatino di leva arrivato a Verona dalla campagna veneta, abbordato in stazione, circuito, manipolato, infine quasi perseguitato. È un verbale che riemerge, anche questo, dallo scrigno degli atti depositati a Brescia per il nuovo processo sulla strage di piazza della Loggia del 1974, primo imputato il veronese Marco Toffaloni […] Si arriva così a disegnare una cellula nera, partorita dal disciolto Movimento politico Ordine Nuovo, guardata con sospetto dagli stessi estremisti di destra della vecchia guarda. I “maghetti” perché guidati da un ragazzo appassionato di esoterismo chiamato il Mago, in realtà trainati da una giovane donna, dal suo primo e poi dal secondo marito, ispirati da un professore di Storia. Secondo un testimone che nelle nuove puntate del podcast «Cinema Eros» parla apertamente, Giampaolo Stimamiglio, è a questa setta chiusa che apparterrebbero tanto l’attentatore di Brescia quanto gli assassini di Ludwig, di cui i condannati (ora liberi) Wolfgang Abel e Marco Furlan sarebbero solo due degli esecutori. Ma non è l’unica voce in questa direzione [… ] Il 14 maggio 1983 Ludwig appicca l’incendio al Cinema Eros di viale Monza a Milano e anche lì vengono viste tre persone fuggire. Così come in altre scene dei 15 delitti rivendicati dalla sigla» [Alessandra Coppola, Cds 19 maggio 2023] • «Wolfgang Abel e Marco Furlan, anche loro studenti al Fracastoro, erano amici di Marco Toffaloni (…) giovane veronese, estremista di destra, 17 anni da compiere a giorni, chiamato dai camerati Tomaten, pomodori, per le gote accese; stralunato e fuori luogo. Che cosa ci faceva in piazza?: il riferimento è alla strage di piazza della loggia a Brescia» [Alessandra Coppola, La Lettura 3 settembre 2023].
Curiosità Le armi usate erano “il ferro e il fuoco”, come nelle massime bibliche: coltelli, martelli, asce o il rogo di incendi dolosi [Carlo Annese, podcast “Ludwing, il ferro e il fuoco”, 3 novembre 2021] • «Furlan era stato condannato a 27 anni di reclusione. Se non ho fatto male i calcoli, fra condoni e sconti di pena per buona condotta ne ha passati dietro le sbarre non più di 20. Don Guido Todeschini, che andava a trovarlo nel carcere milanese di Opera, mi assicura che l’uomo – oggi ha 52 anni – è cambiato. Me ne rallegro. Solo che sul Corriere di Verona ho letto una dichiarazione inquietante: [...] «Furlan aspira adesso a “realizzare il suo vero progetto – spiega l’avvocato che lo assiste, Corrado Limentani – lo studio di un dispositivo elettronico capace di eliminare il male dal cervello”» [Stefano Lorenzetto, Giornale 13 gennaio 2009] • Guido Todeschin (fondatore di Tele Pace Verona, scomparso nel 2024) è stato confessore in carcere di Marco Furlan • Niccolò Ghedini (ai tempi assistente dell’avvocato. Piero Longo del Foro di Verona, noto per essere stato avvocato di Berlusoni) fu difensore di Marco Furlan e Wolfang Abel [Luca Fazzo, Giornale 18 agosto 2022] • Le perizie psichiatriche ai protagonisti dei delitti più truci della zona: Abel e Marco Furlan vennero eseguite dallo psichiatra Vittorino Andreoli • «Da aprile esce ogni mattina incravattato come un amministratore delegato e va in ufficio con il tram» [Cristiana Lodi, Libero 10 gennaio 2009].
Libri Ludwing, il ferro e il fuoco serie prodotta da Carlo Annese (fondatore di Piano P) su Storytel: otto episodi che ripercorrono le vicende criminali che tennero l’Italia col fiato sospeso. È il podcast che parte dal marzo 1984, quando Marco Furlan e Wolfgang Abel vengono arrestati dopo aver tentato di dare fuoco a una discoteca in provincia di Mantova.
Titoli di coda «Wolfgang Abel e Marco Furlan, i serial killer del gruppo Ludwig, non erano soli al cinema Eros. C’era un terzo uomo con loro, quando appiccarono l’incendio nella sala a luci rosse di viale Monza 101 a Milano, provocando una strage. È questa la traccia sulla quale la Procura di Milano ha riaperto le indagini sul caso del 14 maggio 1983. Le nuove indagini riguardano l’ipotesi di un terzo killer fin qui mai individuato» [Il Giornale, 17 novembre 2024].