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 2025  gennaio 20 Lunedì calendario

Biografia di Ugo Sposetti

Ugo Sposetti, nato a Tolentino (Macerata) il 21 gennaio 1947 (78 anni). Politico (Pd; già Pci, Pds, Ds). Eletto tre volte senatore (1987-92, 1992-94, 2013-18) e due volte deputato (2006-08, 2008-13). Già sindaco di Bassano in Teverina (Viterbo, 1995-2004), già presidente della provincia di Viterbo (1978-83) • «Mitico e riservatissimo» (Antonio Signorini, Giornale 28/7/2009) • «Attraversa il salone di Palazzo Madama con un’elegante pashmina, la borsa a tracolla, il passo nervoso lungo i corridoi che ha calcato per una vita e l’imprescindibile baffo sovietico» (Ilario Lombardo, Sta 30/1/2020) • «Fosse un personaggio reale, il Peppone di Guareschi oggi avrebbe i baffi e la chioma brizzolata di Ugo Sposetti» (Carletto Marchese, Tempi 29/5/2012) • Grande esperto di questioni economico-contabili. Sempre dentro alle commissioni che si occupano di bilancio. Dal 1996 al 2001, con i ministri Vincenzo Visco e Ottaviano Del Turco, fece parte della segreteria tecnica del Ministero delle Finanze. Dal 2001, con la segreteria di Piero Fassino, fu tesoriere dei Ds, ruolo chiave nell’organizzazione del partito • «Destinato a passare alla storia politica per tre imprese: cancellare quasi del tutto il debito-mostro di Botteghe oscure; uscire in piedi dalla pubblicazione di intercettazioni ai tempi del caso Unipol; infine la lotta per non fare uscire i beni di famiglia dal perimetro post Pci» (Signorini, cit.) • Poche settimane prima della nascita del Partito democratico assegnò, con un abile magheggio contabile, il patrimonio del vecchio Pci (circa 2.400 immobili e oltre 410 opere d’arte, tra cui due Guttuso) a 62 tra fondazioni e associazioni dislocate in tutta Italia, a seconda dell’ubicazione dei beni. «Abbiamo impedito che una storia si dissolvesse: le centinaia di sedi del patrimonio storico del Pci e dei partiti venuti dopo sono a disposizione dell’attività del Partito democratico» • Il fatto è che «Sposetti è un comunista, punto. Nel metodo, prima ancora che nel merito, è la punta finale di quell’albero genealogico di cui hanno fatto parte non solo Berlinguer, Longo, Togliatti; ma pure Lenin e, andando a ritroso, persino Marx. Gira con una vecchia macchina troppo spaziosa per essere definita una semplice berlina ma troppo piccola per essere una station-wagon. Vive di carte, non ha nemmeno uno smartphone» (Tommaso Labate, 7 20/12/2020) • Usa ancora un vecchio Nokia con i tasti. Si considera in lutto per la morte della politica. Ancora oggi, ogni mattina, legge cinque/sei giornali di carta • Si è occupato di organizzare le celebrazioni per i cento anni del Pci e la mostra per i quaranta dalla morte di Enrico Berlinguer • Pare abbia corteggiato con insistenza il segretario della sezione di Livorno per avere la bandiera originale, sventolata dai compagni nel gennaio 1921: gli sarebbe piaciuto appenderla nel suo ufficio • Si considera in lutto per la morte della vera politica. Confessa: «Sul nuovo partito, come lo chiama lei, io ero scettico. Quando costruisci un grande capannone dimenticandoti delle fondamenta, poi non va a finire bene».
Titoli di testa «Senti a me… Ugo a Walter non gli lascia proprio nulla, e se resta un mattone glielo tira in testa» (si narra che S. rispondesse così a chi gli chiedeva perché il Pd non doveva permettersi di mettere le mani sul patrimonio del Pci, Monica Guerzoni, CdS).
Vita Origini contadine. Famiglia marchigiana, poi trasferitasi nelle campagne di Bassano in Teverina, paese di 1.200 anime, a venti chilometri da Viterbo • Famiglia di sinistra. Il signor Sposetti, comunista tutto d’un pezzo, lavora come ruspista nei cantieri stradali. La signora Sposetti, per aggirare la scomunica di Pio XII, si fece riempire una boccetta di acqua santa e benedisse da sé la casa che il parroco si era rifiutato di visitare • «I fratelli terminano gli studi all’università. Ugo, evidentemente destinato alla politica, si ferma al diploma di perito tecnico industriale. Nel 1969 vince il concorso delle Ferrovie dello Stato e per sette anni lavora nella stazione di Orte. Ben presto però la vera passione avrà il sopravvento. Per chi sente i valori comunisti la zona è l’ideale: nella frazione Frattocchie del comune di Marino, nel verde dei Castelli romani, c’è la scuola del partito. In una villa liberty con parco e piscina […] si formano i futuri dirigenti del Pci grazie a professori quali Renzo De Felice, Alberto Caracciolo, Giuseppe Chiarante, Enrico Berlinguer […] Nel 1971 il Partito affida a Sposetti e alla futura moglie Angela Giovagnoli, poco più che ventenni, le redini della federazione di Viterbo. […] A casa Sposetti è la consorte, Angela, a candidarsi per prima in Parlamento nel 1976, mentre lui rimane a Viterbo a fare il segretario […] La deputata Giovagnoli si occupa di vari settori, dalla scuola alla sanità, dagli asili alla lotta antinuclearista che blocca la centrale atomica a Montalto. Dall’addio parlamentare, nel 1987, percepisce un assegno vitalizio netto di 4.277 euro e moltiplica l’impegno nel volontariato, nel consiglio direttivo dell’associazione viterbese per la cremazione […] Nel frattempo il marito scala le vette della Provincia, diventando, nel 1978, presidente della giunta rossa che due anni prima, con l’avvocato Marcello Polacchi, era subentrata al presidente democristiano Claudio Bevignani. È il periodo di ascesa del Pci, escluse le amministrative del 14 maggio, sei giorni dopo il ritrovamento del cadavere del presidente Dc Aldo Moro […]» (Ferruccio Pinotti e Stefano Santachiara, Fatto 15/11/2013) • Dal 1983 la provincia di Viterbo passa al nuovo presidente Antonio Delle Monache. Sposetti si accontenta di fare il vice: passa però – fatto non da poco –alla guida del Centro Merci S.p.A. (una delle prime società italiane a capitale misto, 56% pubblico, 44 privato, nata per realizzare l’Interporto di Orte, snodo per trasporto su gomma e rotaia, con finanziamenti da ministero delle Infrastrutture e regione Lazio). Diventa esperto di questioni economico-contabili • Eletto al Senato nel 1987, dopo il ritiro della moglie deputata - caso di staffetta familiare in Parlamento – il baffetto viterbese «diventa «un punto di riferimento per i compagni della segreteria e in aula come membro delle Commissioni bilancio e vigilanza sul debito pubblico, che cresce a dismisura con Dc e Psi. Nel 1995 ripiega in provincia, dopo essere stato eletto e poi riconfermato sindaco di Bassano in Teverina […] Sposetti “studia” presso un professore d’eccezione, il ministro delle Finanze Vincenzo Visco, che lo inserisce dal 1996 al 2001 nella segreteria tecnica. Finito il rodaggio, il neosegretario dei Ds Piero Fassino nomina il sindaco di Bassano responsabile della tesoreria del partito. Nella sua nuova veste Sposetti si impegna subito per l’approvazione, arrivata nel 2002, dell’aumento del rimborso elettorale ai partiti, per contrastare lo strapotere di Berlusconi: “Forza Italia spendeva l’iradiddio, comprava tutti gli spazi, non c’era più partita. Eravamo una democrazia sudamericana, non europea. Ho convinto i tesorieri di Forza Italia e Lega [...]. Dall’approvazione di quella legge in poi abbiamo vinto sempre fino al 2008 [...] Quella legge ha cambiato la partita. Ha sottratto il potere ai miliardari e ai poteri forti”» (Pinotti e Santachiara, cit.) • Di Sposetti però tutti ricordano un’altra operazione: dopo che i Ds si sciolgono nel Pd, lui costruisce una serie di fondazioni per impedire che il patrimonio immobiliare del vecchio partito finisca in mano agli ex democristiani • Le prime avvisaglie della guerra ci furono già ai tempi di Romano Prodi quando i responsabili delle casseforti di Ds e Margherita incrociarono le spade con lo staff del Professore che chiedeva soldi per la campagna elettorale. «Risposero in coppia: “Abbiamo già dato”. Parsimonia verso un outsider del quale l’apparato si fidava poco, si disse allora. E l’apparato c’entrava sicuramente visto che il protagonista era Ugo Sposetti» (Signorini, cit.) • «È l’estate del 2007, Veltroni decide che è ora di rompere gli indugi e far nascere il Partito democratico. Il vertice diessino appare frastornato: pochi sono davvero entusiasti, tanti l’accolgono come un fatto inevitabile, qualcuno mastica amaro. E mentre l’ondata delle primarie travolge i dubbi residui, pensa a come salvare il salvabile […] L’ex Pci ha un patrimonio di 3 mila immobili sparsi in tutte le città d’Italia. Sedi del partito, ma anche uffici, ristoranti, bar, e perfino capannoni industriali. Sposetti è riuscito miracolosamente a salvarlo. Quando arriva a gestire le finanze del partito ci sono 584 milioni di debiti, quasi tutti dell’Unità. Ma sono gli anni in cui i rimborsi elettorali, grazie ad alcune leggine fulmineamente votate in Parlamento, prendono il volo. E l’abilissimo compagno tesoriere riesce a sistemare le cose senza vendere che pochi mattoncini. Il grosso rimane nella pancia del partito. Un capolavoro completato dalla garanzia dello Stato sui residui debiti, un centinaio di milioni, che vengono così […] accollati alla collettività. Il bello è che quei debiti sono pure la giustificazione per mantenere in vita i Ds. Il Pd è la somma dei Democratici di sinistra e della Margherita: la cosa più logica sarebbe la fusione fra le due formazioni politiche. Che però costringerebbe i Ds a far confluire nel nuovo contenitore, oltre ai debiti, anche i 3 mila immobili e i rimborsi elettorali. Mentre la Margherita, dal canto suo, dovrebbe versare molte decine di milioni che ha in cassaforte. Di comune accordo, Ds e Margherita decidono così di sopravvivere. In barba al Pd. Due scatole vuote, ma non di quattrini. E qui c’è il capolavoro bis di Sposetti. In men che non si dica nascono 56 fondazioni nelle quali viene blindato il patrimonio immobiliare. Blindato è il termine esatto, perché gli statuti affidano i poteri a persone che restano in carica a vita e la loro sostituzione può avvenire solo con maggioranza qualificata. Di fatto, è il sistema della cooptazione delle vecchie casse di risparmio democristiane. Il momento è confuso e quando finalmente Veltroni realizza la frittata è fatta. Passate (e perse) le elezioni del 2008, il leader del Pd decide comunque di affrontare la questione. Ma dopo la sconfitta alle regionali in Sardegna si dimette. E la situazione resta cristallizzata per anni. Senza che nessuno si faccia una domanda ancora più importante di chi sia il vero proprietario di quel ben di Dio. Ossia: dove vanno a finire i redditi di immobili che erano di un partito e ora sono di un gruppo di fondazioni in mano a persone fisiche?» (Sergio Rizzo, Cds 20/8/2016) • «Il nuovo partito non aveva alcuna continuità giuridica coi vecchi che gli davano vita, Ds e Margherita. Chiesi di istituire un gruppo di lavoro per stabilire il passaggio, per mettere nero su bianco alcune regole. Non fu fatto. Venne messo tutto assieme alla rinfusa, a cominciare dai dipendenti». Lei però tenne fuori dal patrimonio comune quello che era rimasto del patrimonio del Pci. «E mica l’ho fatto io. Una sezione locale del Pci apparteneva al Pci locale, non al partito centrale. Alla fine di tutto il percorso di ristrutturazione del debito, dopo il sacrificio di palazzi come Botteghe Oscure, facemmo un censimento dei beni immobili. Erano 2.399 in totale, tra appartamenti, magazzini, garage. Tutto compreso». Un’enormità. «La fermo. Sa come andava interpretato il passaggio al Pd, secondo me? Nasce un partito nuovo, c’è una storia nuova, si apre una fase politica nuova. Ma noi dovevamo pensare a che cos’era stato il nostro partito, quello precedente. E insieme ai legali rappresentati, ai tesorieri locali oggi diventati veri e propri operatori culturali, ragionammo in questo modo: “Noi dobbiamo salvare anche il volantino della sperduta sezione di montagna o dell’estremo Sud. E i nostri iscritti ed elettori debbono vedere e toccare con mano che noi non abbiamo buttato nulla nella spazzatura”. Questo è l’impegno vero che prendemmo nel 2007. E questo è l’impegno grazie al quale, tra pochi mesi, potremo celebrare come si deve i cento anni del Pci». Qualcuno le dirà: per salvare dei cimeli, ha girato la testa al passato ignorando il futuro. «Assolutamente no. Con gli archivi, i documenti che oggi sono in gran parte in fase avanzata di riordino e in molti casi già digitalizzati (tira fuori il catalogo della mostra che si inaugurerà i primi di gennaio a Savona su Pci e comunicazione, “diretta da un compagno ex ferroviere di 81 anni”, ndr) noi consentiremo ai giovani di conoscere la provincia italiana, le lotte e i movimenti che hanno portato al riconoscimento di diritti fondamentali su cui si fonda la nostra democrazia». Che cos’ha pensato tutte le volte che l’hanno definita come l’oscuro custode di un patrimonio sterminato? «Mi riconosco un limite. Il partito mi chiede di fare il presidente della provincia di Viterbo? Lo faccio. Vincenzo Visco mi chiama a dirigere la sua segreteria tecnica al ministero delle Finanze? Lo faccio. Fassino mi chiama a guidare la tesoreria dei Ds? Lo faccio». Scusi, dov’è il limite? «Il limite è che questo modo di fare politica, cioè fare banalmente quello che il tuo ruolo impone e null’altro, è stato dimenticato dai più. Per cui uno che si comporta così viene visto con sospetto» (Labate, cit.).
Amori Dalla moglie Angela ha avuto la figlia Isabella.
Curiosità Amico e ammiratore di Giorgia Meloni • Amico anche di Maurizio Lupi • Molto amico del vignettista Sergio Staino • Nel 2008 si candidò sindaco di Viterbo (era stato presidente della Provincia dal 1978 all’83): Di Pietro gli negò l’appoggio, e non fu eletto • Contrario a Matteo Renzi, è stato il grande sponsor politico di Andrea Orlando • Contrario al modo in cui sono organizzate le primarie del Pd. «Con queste regole può votare il primo che passa. Anche un delinquente. Anche un evasore fiscale, un truffatore, un violentatore di minorenni» • Contrarissimo all’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, attuata da Enrico Letta solo per rincorrere i 5 Stelle • Non gli piaceva nemmeno l’agenda Draghi. «Mi viene l’orticaria a sentirla nominare. Non sono iscritto al partito di Draghi, voglio dire: non mi iscriverei mai ad un partito di un banchiere» • Nel 2016 disse di essere pronto a sfrattare il Pd dalle sue sedi, perché non pagava l’affitto: «Ci sono da pagare le tasse e qualunque amministratore di condominio si comporterebbe allo stesso modo». Del resto, aggiunse: «quel patrimonio ci è stato lasciato da compagni che si sono sacrificati per costruirlo» (Rizzo, cit.).
Titoli di coda Ancora oggi, nella cronaca giornalistica, il suo nome è sempre seguito dalla frase «storico tesoriere dei Ds». «Che non si capisce mai se sia un titolo di merito o la peggiore delle offese. Ma Sposetti è molto di più e per capirlo basterebbe rileggersi “l’arringa” pronunciata a Montecitorio il 24 maggio 2012. Si discuteva di finanziamenti ai partiti e il deputato Sposetti che sul tema non è certo impreparato, aveva diligentemente mantenuto tre giorni di silenzio. Poi, davanti alla provocazione massima, eccolo alzarsi e chiedere la parola. A mandarlo su tutte le furie un emendamento che puntava ad introdurre l’anagrafe dei tesorieri. Una sorta di Grande Fratello per tenere sotto controllo chi gestisce i soldi dei partiti. Troppo per chi alla politica ha dedicato la vita: “Voglio dire che avendo svolto questo mestiere, sicuramente peccando, non esiste per chi fa questo lavoro il condono tombale, non esiste; per tutti gli altri esiste, per chi fa questo lavoro no. Scusate ma quale è la norma che impedisce a uno di rubare? Non vi è una norma! Vi sono altre cose che impediscono di rubare: la storia, i valori. Se uno non li ha, non vi è norma che impedisca di rubare”. Sposetti, il ferroviere nato nelle Marche e cresciuto a Viterbo, il dirigente del Pci, l’amministratore locale, il parlamentare, il tesoriere è tutto riassunto in queste poche righe. Storia e valori» (Marchese, cit.).