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 2025  gennaio 25 Sabato calendario

Biografia di Gian Piero Gasperini

Gian Piero Gasperini, nato a Grugliasco (Torino) il 26 gennaio 1958 (67 anni). Allenatore. Dal 2016 alla guida dell’Atalanta, con cui ha vinto l’Europa League nel 2024 (primo torneo internazionale conquistato dal club). Premiato con la panchina d’oro nel 2019 e nel 2020. Ex calciatore. «Giocare contro l’Atalanta di Gasperini è come andare dal dentista» (Pep Guardiola).
Vita Cresciuto (per volontà del padre, juventino) nelle giovanili della Juventus, con Paolo Rossi e Sergio Brio, e poi – dopo il diploma da ragioniere – ceduto dapprima in prestito alla Reggiana e definitivamente al Palermo. Si dimostrò un discreto centrocampista in Serie B e in C1, trascorrendo anche due stagioni nella massima serie con il Pescara, tra il 1987 e il 1989, per concludere la carriera da calciatore nel 1993 dopo due stagioni alla Vis Pesaro • «A 35 anni sei giovane come uomo, ma non giovanissimo per affrontare alcune attività. Il mio desiderio era allenare i ragazzini per trasmettere loro la mia passione di giocare a calcio. Andavo a Milano per fare il promotore finanziario: avevo realizzato un discreto portafoglio, e dovevo fare delle scelte però, e avevo l’incubo dell’indice Mib. A un centro punto ho scelto il calcio. Sono partito coi bambini di 11 anni, ma mi appassionava. Nel frattempo continuavo a studiare, e poi ho fatto tutte le categorie fino alla Primavera» (a Paolo Condò) • «Il primo grande successo della carriera da allenatore del Gasp è arrivato proprio alla guida della Primavera della Juventus, che nel 2003 si è aggiudicata il Torneo di Viareggio battendo in finale lo Slavia Praga. In quella squadra c’erano Palladino, Gastaldello, Paro e Cassani, calciatori plasmati dal metodo Gasperini e che, chi più chi meno, hanno avuto una buona carriera in Serie A. Da Torino a Crotone, nonostante la distanza geografica, il passo è stato breve, ed il tecnico ha subito dimostrato la sua capacità di migliorare le squadre che allena, portando i calabresi in Serie B. Poi c’è stato il Genoa, quattro anni di amore e di entusiasmo, con tanto di qualificazione in Europa League, terminati però con un esonero improvviso. Eppure per Gasperini arriva la grande occasione, la panchina dell’Inter, che dopo il Triplete e la pessima esperienza con Benítez vuole ripartire con slancio. Qualcuno avrebbe però dovuto spiegare alla Pinetina che solitamente le squadre del Gasp soffrono all’inizio di una specie di crisi di rigetto, che le porta a risultati non esattamente entusiasmanti nelle prime partite di campionato. Ma all’Inter […] dopo quattro partite il tecnico viene licenziato, e si stabilisce un poco apprezzabile primato: Gasperini è l’unico allenatore (traghettatori esclusi) della storia nerazzurra a non aver vinto neanche una partita in carica» (Francesco Cavallini) • Dopo un anno al Palermo concluso con un nuovo esonero, il ritorno al Genoa, dove trascorre altri tre anni, ottenendo buoni risultati (tra cui, il 7 dicembre 2014, l’1-0 contro il Milan con cui conquista la centesima vittoria sulla panchina dei rossoblù) • Nel 2016 il passaggio all’Atalanta, dove ha dato subito ottima prova di sé, concludendo la prima stagione con il quarto posto in classifica e la qualificazione diretta ai gironi di Europa League. Ha portato l’Atalanta alla finale di Coppa Italia nel 2019, 2021 e 2023, tutte e tre perse. Nel 2018-2019, con il terzo posto in classifica, è arrivata la prima qualificazione in Champions League della storia per l’Atalanta. La stagione successiva i nerazzurri sono arrivati fino ai quarti di finale di Champions, sconfitti dal Paris Saint Germain • Il 22 maggio 2024 la conquista dell’Europa League, primo trofeo internazionale per il club, grazie alla vittoria in finale sul Bayer Leverkusen per 3-0, con tripletta di Ademola Lookman. All’età di 66 anni e 4 mesi, Gasperini è diventato l’allenatore più anziano ad avere mai vinto il trofeo • «La vittoria per 4-1 col Valencia a San Siro in Champions nel 2020 la celebrò bevendo uno champagne che sapeva d’acqua. Colpa del Covid, avrebbe ricostruito poi. In quella festa senza sapore c’era tutto il paradosso di Gasperini, che non gode mai fino in fondo e si ferma sempre a un passo dal paradiso. Ora va messo tutto all’imperfetto. Non godeva. Si fermava. Ora gode il Gasp e chi lo ferma più. A 66 anni ha accompagnato la Dea fra le stelle, ha realizzato il sogno di una città e di un popolo, e finalmente si è dipinto in faccia la gioia dei bambini, quella della meraviglia. Gasp avete vinto? “Credo di sì. Credo di sì! E ci siamo arrivati con un percorso incredibile, battendo il Liverpool che al tempo era primo in Premier. Ho schierato il tridente perché stasera si giocava per un risultato solo. Squadre come il Leverkusen sono inarrestabili se le lasci attaccare”. Il Gasp ha sempre detto che la vera vittoria è superare se stessi, e nemmeno dopo aver alzato una coppa nel cielo freddo di Dublino, che pareva Bergamo in novembre, ha cambiato idea: «Non credo di essere meglio rispetto a oggi pomeriggio. Sono lo stesso. Quest’anno non hanno vinto solo l’Inter, con lo scudetto, e la Juve, con la Coppa Italia. Ha vinto anche il Bologna che è andato in Champions. Ha vinto il Verona che si è salvato”. Ma gli occhi dicevano altro, raccontavano una gioia nuova. Aveva indicato come obiettivo più realistico la Coppa Italia, che già aveva perso due volte in finale. L’Europa League era troppo grande anche per essere sognata, contro l’avversaria più in forma del continente. Gian Piero da Grugliasco, ex mediano di Palermo e Pescara, contro Xabi, stella di Liverpool e Real. Sapeva che prima o poi dovevano fermarsi, i tedeschi. Aveva ragione lui, fin dall’inizio, da quando otto anni fa mandò in campo i ragazzini per dare la sveglia ai titolari, e cominciò a costruire quel marchingegno infernale di gioco, forza fisica e determinazione in cui sono rimasti tritati per ultimi il Liverpool e il Marsiglia» (Franco Vanni) • «Come spiegarsi che una “provinciale” per anni condannata ad andare avanti e indré tra la A e la B sia arrivata, con la scintillante vittoria a Dublino nell’Europa League (e non solo), ai vertici del calcio continentale. Partendo da una scelta controcorrente: tenersi stretto un allenatore come Gian Piero Gasperini che esordì otto anni fa a Bergamo con 4 sconfitte nelle prime 5 partite. Cosa che da altre parti, vedi Daniele De Rossi alla Roma, sarebbe stata seguita dal licenziamento in tronco» (Gian Antonio Stella) • Sposato con una sua ex compagna delle superiori, Cristina Pontoni, insegnante di educazione fisica, due figli.
Critica «Gian Piero Gasperini è un uomo tranquillo. Una volta venne quasi alle mani con il Papu Gomez perché non voleva spostarsi di fascia. Un’altra volta spintonò un dirigente della Samp nel tunnel, dopo un’espulsione. Ed è un vero sportivo. Una volta diede del simulatore a Chiesa, un’altra volta a Immobile diede invece del simulatore. Lui non cerca mai scuse. Piglia quattro gol in casa dalla Roma e se la prende col Var per un fuorigioco evidente di un suo calciatore. Sull’altra panchina, rispetto a Gasp, Mourinho sembra don Bosco. Gian Piero Gasperini non è un litigioso. Non ha mai avuto da ridire con nessuno, a parte Mihajlovic, Commisso, De Zerbi (Gasp si fece cacciare mentre stava vincendo 4-0 contro il Sassuolo), quell’asceta di Pioli, Lotito, Sarri, Simone Inzaghi, Maran e persino Claudio Ranieri, che non saprebbe litigare neppure con Genny Savastano. Non è vero che Gasperini ce l’abbia con gli arbitri: le sue dichiarazioni sono sempre concilianti. “Questi signori sono un problema”. “Vengano a spiegarmi, ci mettano la faccia”. “Noi dell’Atalanta facciamo antologia sui rigori presi”. “Sono stato mandato fuori da un ragazzino": era il 24 ottobre, si trattava di Livio Marinelli da Tivoli di anni 37, arbitro e maresciallo dell’Esercito italiano con cui fu in missione di pace in Afghanistan, probabilmente per prepararsi a conoscere Gasperini. Uno dei migliori allenatori europei, due volte premiato con la panchina d’oro, insegna un calcio mirabile e rilascia dichiarazioni dimenticabili. Sempre teso, animato da oscuri rancori, a volte acido. Se vince è brillante, se perde è un piangina. […] Anche per questo i tifosi avversari lo detestano, nonostante la bellezza indubbia dell’Atalanta, una grande con un allenatore divisivo: di solito, le provinciali acquistano simpatizzanti, ma qui ormai c’è una squadra stabilmente terza da tre anni e un allenatore che è il Cattivo da battere. Gian Piero Gasperini è un prodotto della Juventus. Giocò ragazzino con Paolo Rossi e Brio, sostituì Causio in una remota sfida di Coppa Italia. Come allenatore, restò per un decennio nel vivaio bianconero. Per diventare davvero antipatici agli avversari, essere juventini non è indispensabile ma aiuta. Non è stato un campione, ma anche da calciatore il Gasp rompeva. Ad esempio, un labbro a Maradona in un Pescara-Napoli del 1987. Forse non lo fece apposta, però. Quando un suo dirigente diede del terrone a un tifoso del Napoli, invero un po’ provocatore, Gasp non fece una piega. E forse volò a Valencia con i sintomi del Covid addosso. Resta, di lui, la meravigliosa Atalanta, ma anche l’Inter delle 3 sconfitte in 4 partite, una storia tutta sbagliata. Molto peggio quando prese a male parole un ispettore dell’antidoping a Zingonia, e se la cavò con una nota di biasimo e 378 euro di multa. Scene non bellissime, con Gasp troppo spesso in evidente fuorigioco. Si vede anche senza il Var» (Maurizio Crosetti).
Frasi «In Italia vige questa regola: la tecnica si affina nel settore giovanile e la tattica nella prima squadra. Invece bisogna pensare al calcio in maniera complessiva e bisogna allenare tutto, l’aspetto tecnico, quello tattico e quello fisico. Sempre» (ad Antonio Maglie). «Siamo stati troppo a parlare di arbitri e schemi, ora si analizza tutto ma abbiamo perso la valutazione. Non posso fare esempi, ma ci sono giocatori forti solo mediaticamente, magari difesi dalla scusa “È fuori ruolo”. Mio padre aveva un criterio semplice per giudicare i giocatori: “È bun” o “Non è bun”. Semplice, però non si sbagliava mica tanto…» (a Luca Bianchin).