6 febbraio 2025
Tags : Nicolò Barella
Biografia di Nicolò Barella
Nicolò Barella, nato a Cagliari il 7 febbraio 1997 (28 anni). Calciatore. Centrocampista. Dal 2019 all’Inter, con cui ha vinto due campionati (2020-2021 e 2023-2024), due Coppe Italia (2022 e 2023) e tre Supercoppe italiane (2021, 2022 e 2023). In precedenza al Cagliari, dal 2014 al 2019, club nel quale è cresciuto, con una parentesi di sei mesi al Como nel 2016. Campione d’Europa con l’Italia nel 2021. In maglia azzurra finora 59 presenze e 10 reti. «Sono orgoglioso di lui perché rappresenta Cagliari e la Sardegna, proprio come la rappresentavo io» (Gigi Riva).
Vita «È nato a Cagliari ma è cresciuto a Sestu, e ha sempre giocato a calcio, sin da piccolissimo. L’ha fatto nella Scuola Gigi Riva e, proprio come Rombo di Tuono, Barella è un figlio autentico della sua Sardegna. Delle sue origini ha mantenuto tutto, persino l’accento marcato con cui, nelle interviste, ringrazia i genitori per i sacrifici fatti. In una lunga chiacchierata fatta quest’anno con l’attore teatrale e conduttore radiofonico Matteo Caccia, ha parlato anche del suo DNA sardo: “Siamo persone oneste, che non si vendono”, ha raccontato, rivendicando quei tratti di genuinità tipici della sua gente. Orgoglio e senso di appartenenza, questi i valori incrollabili del Barella uomo. Di questo, più che del sé calciatore, ha parlato nel corso dell’intervista, rivelando lati inediti della sua storia. Inclusa quella volta, poco più di un anno fa, in cui ha messo in discussione addirittura l’amore per calcio. “È successo nell’anno dello scudetto, quando tutti mi criticavano all’inizio della stagione dicendo che non ero il solito. Non rendevo per questioni personali. Era un momento in cui non avevo una grande passione per il calcio, era veramente solo un lavoro. Poi è arrivato il gol col Napoli e da lì ho ripreso. Non mi sono sentito solo, ma sentivo di non aiutare abbastanza i miei compagni. Non mi sentivo inutile, ma non stavo dando quello che potevo dare. I miei compagni mi hanno sentire bene. Se la passione può venire meno? Si, non è che va via, magari molte cose diventano pesanti: il ritiro, l’allenamento, le corse. Se ti viene a 26 anni è un problema. A me è venuto ed ero spaventato”» (Alberto Neglia) • «La prima cosa da sapere è che Barella è un canterano doc. Un frutto coltivato, con pazienza e cura, all’interno del settore giovanile del Cagliari. E se un giocatore ha fatto questa trafila, oltre al talento, ha quasi sicuramente incrociato due delle leggende della storia rossoblu. Nicolò, infatti, ha iniziato fin da piccolissimo a tirare calci al pallone nella scuola calcio di Gigi Riva. Il nome più pesante per chi parla di Cagliari e del Cagliari. Lì lo ha visto e pescato Gianfranco Matteoli, uno che era capace di fare la differenza in campo e, forse, anche di più da dirigente. Ad affinare tecnica, senso tattico e attitudine ci hanno pensato altri due fuoriclasse: Franco Masia e, soprattutto, Gianluca Festa. Nomi, dicevamo. Figure che hanno indossato quella maglia con i quattro mori, conosciuto la gente di Sardegna, e capaci dunque di trasmettere l’attaccamento al pallone di un’intera isola. È proprio Festa, ex difensore, a far esordire Barella in serie A. Appena 14 giorni dopo essere stato chiamato sulla panchina del Cagliari alla ricerca disperata di una salvezza che non sarebbe diventata realtà. È il 4 maggio del 2015. Minuto 67. Il Cagliari è avanti 3-0 contro il Parma. Non è la prima volta che il centrocampista incrocia gli emiliani. Anche il suo esordio da professionista è avvenuto contro la squadra ducale, in Coppa Italia. Allora fu un’altra leggenda, una delle più grandi, a lanciarlo. Quel Gianfranco Zola a cui Barella si è sicuramente ispirato. In quei mesi anche Vittorio Pusceddu, terzino di grande livello, volle dire la sua anticipando quello che sarebbe successo qualche anno dopo: "Un predestinato per giocare ad alti livelli: offre qualità e quantità”. Non credete però al paragone che si faceva allora, “lo Steven Gerrard sardo”, perché Barella di anglosassone ha poco. Di sardo, invece, ha tantissimo. [...] Il ritorno al nord coincide con il primo prestito vero e le prime aspettative di una società che non taglia il cordone ombelicale ma prova a farlo crescere lontano dal mare. Barella arriva sul lago manzoniano alla corte, ancora una volta, di Gianluca Festa che lo ha voluto con grande insistenza e che lo paragona ancora, per gioco, a Radja Nainggolan. Un altro nome che a Cagliari si è fatto le ossa. Nicolò atterra in una squadra di grandi talenti: da Scuffet a Bessa, da Pettinari a Ganz. Gioca 16 partite ma non segna. Nonostante dia rapidità e velocità al gioco della squadra lombarda. Non è una novità. La sua generosità spesso lo porta ad arrivare meno lucido sotto porta e a farsi ammonire un po’ troppo. Due difetti che quest’anno, almeno stando a questo primo scampolo di stagione, sembrano essere stati corretti» (Alessandro Frau) • «È arrivato all’Inter nel 2019 con Antonio Conte. Barella incarnava lo spirito del tecnico e lo ricorda nel modo di giocare e approcciarsi alle partite. In questi anni Barella si è confermato il miglior centrocampista italiano in circolazione. Segna ed è uomo assist, oltre che a essere sempre l’uomo che crea superiorità numerica in fase offensiva e il giocatore in più in quella difesa. È impetuoso, ma sta iniziando a governare l’emotività agonistica» (Salvatore Riggio) • «Non chiamatelo Indispensabile, altrimenti il c.t. Spalletti vi bacchetta (“Sono parole sbagliate” ha detto) perché l’Italia è un corpo unico di 26 giocatori. Ma se uno ci mette testa e cuore come Nicolò Barella allora tutto l’organismo riesce ad andare oltre i propri limiti. [...] Questo Barella multiuso, pilota e motore allo stesso tempo, un po’ Gattuso e un po’ Pirlo, è uno dei punti di forza della squadra di Spalletti. [...] Nicolò è moderno, ma antico allo stesso tempo: ha appena rinnovato per altri cinque anni il contratto con l’Inter, a 6,5 milioni a stagione, diventando il calciatore italiano più pagato della serie A. Un matrimonio lungo, il primo dell’era Oaktree, che il giocatore ha voluto celebrare prima dell’Europeo, per avere la testa sgombra» (Paolo Tomaselli nel giugno 2024) • «Ho perso la finale degli Europei Under 19, sono stato costretto a saltare un Mondiale con le giovanili della Nazionale perché mi sono rotto una mano e i miei compagni sono arrivati terzi. Sono retrocesso con il Cagliari, ho perso una finale di Europa League e una di Champions, so cosa vuol dire perdere. «Dall’altra parte, però, ho vinto scudetti, Supercoppe, Coppe Italia: è più facile spiegare cosa vuol dire vincere perché vedi che sto esplodendo di gioia. Non sai cosa può comportare una sconfitta, magari una brutta estate come è successo a me. Ti porta chiederti “giocherò ancora una finale di Champions?”. Non mi piace perdere, avrei voluto vincere tutte le finali ma questo, appunto, è uno stimolo per riprovarci l’anno successivo» (al podcast di Matteo Caccia) • «Non si può ancora dire con certezza se Nicolò Barella sia nato per stare nell’ombra o se il suo posto nel mondo sia invece sotto ai riflettori. Anche perché la sua storia, fin qui, è stato un perfetto equilibrio tra esuberanza e misura, tra impeto e classe. [...] Il calcio di Barella è sempre meno visibile, sempre più ricercato, sempre più per pochi. Non si vede bene proprio perché è essenziale. “Magari prima ero più attratto da un recupero palla o un gol, cose che all’occhio del tifoso sono più importanti”, ha raccontato Barella in un’intervista a Dazn di dicembre. “Ora sono più tranquillo in campo. Sono manovale quando serve essere manovale e ingegnere quando serve essere ingegnere”. [...] Ricordando e riguardando i 25 centri (più del doppio, invece, gli assist) nei suoi primi cinque anni in nerazzurro, infatti, si rintracciano dei veri e propri stilemi nei gol dell’ex Cagliari, un canone specifico e ricorrente nel suo modo di segnare. Detto del tiro da fuori, specialità del repertorio, così era arrivato il suo primo gol in Serie A con l’Inter, nel 2019 contro il Verona. E con un altro tiro a giro dal limite anche la firma sulla finale di Coppa Italia contro la Juve (stagione 21/22). Da menzionare anche le sue volée e da riguardare in loop il già citato mancino volante contro l’Atalanta di agosto e un altro gol al volo di due anni fa alla Cremonese, quella volta però col piede preferito. Gli altri gol più belli e pesanti sono arrivati con i classici inserimenti di Barella: contro Benfica e Barcellona nell’anno di Istanbul e in campionato alla Samp, sempre su assist di Bastoni, e l’anno scorso contro il Napoli, con tanto di slalom fulmineo nell’area avversaria» (Neglia).
Famiglia Il 2 luglio 2018 ha sposato Federica Schievenin, ex modella che ha sette anni più di lui. La coppia ha quattro figli: Rebecca (nata nel 2017), Lavinia (2019), Matilde (2021) e Romeo (2024) • «Dategli le coppe. Date gli impegni infrasettimanali a Nicolò Barella, un impiego stabile, un posto fisso – per dirla alla Checco Zalone – anche dal lunedì al venerdì. Perché in campo si riposa, le partite vanno via in scioltezza, gli allenamenti pure. Poi, quando arriva a casa, inizia la full immersion. Il calcio è il secondo impiego: Nicolò è papà a tempo pieno» (Davide Stoppini).
Critica «Lo hanno elogiato ex campioni nel ruolo, come Marchiso e Tardelli (ma ricorda più Giresse, il Platini mignon). La Gazzetta dello sport ha proclamato: “Oggi non esiste un italiano che gioca meglio di lui a calcio”. Alessandro Cattelan, che qualche calcio lo tira, ha aperto un collegamento con lui in questo modo: «Bare…», non il più allegro dei diminutivi, ma Cat accorcerebbe anche il nome del Po, “Bare, io ti amo”. Il coro degli inter-nauti è unanime e va oltre gli inter-isti: unità nazionale. Perché sono “tppb”, tutti pazzi per Barella? Due ragioni: la prima è nella testa di chi guarda, la seconda negli occhi e nel cuore. Non sfugge che sia decisivo (3 reti e 5 assist fin qui), ma a farlo risaltare è che, appena riceve palla, cerca di portarla o spostarla in avanti. Nel calcio orizzontale o in retromarcia che ci sta affliggendo è un’eccezione. Jorginho è un amministratore di patrimonio, Barella un cercatore d’oro. Verratti si esalta nello stretto, Barella nell’ampiezza e mai come ora abbiamo bisogno d’aria, prospettiva, cambio di gioco. C’è di più: Barella si evolve. Da un anno all’altro tutte le sue statistiche positive sono in crescita. Più delle altre, quelle dei passaggi filtranti riusciti, di quelli smarcanti, dei tocchi in area e, perfino (lui che è 1,72), dei duelli aerei vinti. E qui scattano le altre ragioni d’innamoramento. È luogo comune che in campo i biondi sembrino iperattivi perché si notano di più. Vale a maggior ragione per i piccoli, che mulinano più gamba nello stesso spazio di corsa. Sono elettrici e Barella lo è ad alto voltaggio. Trasmette tensione, possibilità, anziché scaricare a un compagno vicino, carica. In un’Italia all’ultima stazione rappresenta, perfino, un piccolo modello etico: darsi da fare, osare, migliorarsi e andare sempre avanti».
Curiosità «Nicolò è la cucina, perché non sarà uno chef stellato ma ai fornelli si piazza spesso. Nicolò è una passione smisurata per i vini: nella sua cantina circa 400 etichette. Adora i vini della Borgogna, in generale i vini francesi. Nicolò è poca Playstation (presente ma non molto utilizzata) e poche automobili: la macchina nuova la usa la moglie Federica, lui ad Appiano va spesso con l’auto aziendale. È tanto basket, la sua grande passione sportiva. Ne guarda molto, quando le piccole dormono lui tiene accesa la tv e sbircia cosa combina il suo idolo Lebron. Lebron, attenzione, è anche il nome del suo cane, un amstaff, a cui è talmente legato da tatuarselo» (Stoppini).