10 febbraio 2025
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Biografia di Ciro Ferrara
Ciro Ferrara, nato a Napoli l’11 febbraio 1967 (58 anni). Ex calciatore. Di ruolo difensore. Allenatore. Da ultimo del club cinese Wuhan Zalla nella stagione 2017-2018. Opinionista televisivo. Da giocatore ha vinto sette scudetti, due col Napoli (1987, 1990), cinque con la Juventus (1995, 1997, 1998, 2002, 2003, 2005). Ha vinto anche due coppe Italia (1987 col Napoli, 1995 con la Juve), la coppa Uefa (Napoli 1989), la Champions League (Juve 1996), l’Intercontinentale (Juve 1996) ecc. Con la Nazionale (49 presenze) arrivò terzo ai Mondiali del 1990, secondo agli Europei del 2000. 33° nella classifica del Pallone d’oro 1997. «Una volta gli ho detto che era il miglior difensore del mondo. Non so se fosse vero, ma la sentivo così. Gli voglio talmente bene... Il miglior amico che mi abbia lasciato il Napoli» (Diego Armando Maradona).
Vita «Tradizioni del Sud: si dà il nome del nonno materno. Da piccolo non mi piaceva proprio per niente, però. Al punto che chiesi a mia mamma di cambiarlo» • «Il più bel regalo da bambino? “Il Subbuteo. Che partite con mio fratello Vincenzo! Una volta litigammo al punto che volevo tagliare in due il tappeto per avere una parte di campo mia”» (a Maurizio Nicita) • «Entra nelle giovanili del suo Napoli a 13 anni. E pensare che la sua storia sarebbe potuta essere ben diversa per colpa di quel morbo di Osgood-Schlatter che, giovanissimo, lo costringe alla sedia a rotelle. Ma solo per un po’, giusto il tempo di riprendersi ed esordire in Serie A con la maglia azzurra dei partenopei appena 18enne contro la Juventus, l’altro suo grande amore. Era il Napoli di Maradona e Ciro non ci metterà molto a ritagliarsi uno spazio importante in quella squadra, mostrando da subito non solo qualità tecniche importanti ma anche grande personalità. Napoletano doc, Ferrara gioisce e contribuisce agli storici due scudetti oltre a conquistare anche una Coppa Italia, una Supercoppa Italiana e una Coppa Uefa. Ciro si guadagna sul campo anche i gradi di capitano prima di cedere, nel ’94, alle lusinghe della Juventus. Lo “scugnizzo” nel frattempo è diventato uomo, alla corte di Lippi arriva a 27 anni, nel pieno della maturità, e nella sua seconda vita calcistica se ne toglie di soddisfazioni […] Al centro della difesa con Montero, Ferrara blinda la porta bianconera e non è un caso che a 33 anni Zoff lo richiama in Nazionale per l’Europeo del 2000. Il capitolo azzurro è forse quello meno felice della sua carriera di calciatore, dalla delusione di Italia ’90 alla scarsa considerazione da parte di Sacchi. Ma avrà modo di rifarsi, partecipando da membro dello staff tecnico del maestro Lippi alla vittoriosa spedizione in terra tedesca nel 2006» (la Repubblica) • «La partita d’esordio in serie A, 5 maggio 1985: Napoli-Juve 0-0, incarna e riassume il suo destino, la sua carriera. Prima il Napoli di Maradona, poi la Juve lippiana, in cui si conferma difensore fra i più concreti e decisi, raramente sopra le righe. Il passaggio, nel 1994, coincide con l’avvento della cordata umbertina. L’eclettismo innato lo porta a essere protagonista sia come terzino che come centrale, tanto nelle difese che marcano a uomo quanto in quelle disegnate a zona. E poi il carattere: di ferro. Neppure un grave infortunio a 31 anni (frattura composta di tibia e perone, il 1° febbraio 1998 a Lecce) riesce a scalfirne la volontà» (La Stampa). «Ha il volto scavato di un Pulcinella, sempre in bilico tra il lazzo e il pianto; faccia napoletana, come Eduardo, come Troisi. Il suo nome, Ciro, è Napoli. Ciro, e basta. Il cognome, Ferrara, è quasi un di più, un soffio padano, che accarezza appena le vele di Mergellina, senza far danni» (Paolo Forcolin) • «Quando ho smesso, per tre mesi sono stato lontano dal mondo del calcio. Una specie di vacanza. L’idea era quella di una carriera dirigenziale. È stato il Mondiale, l’esperienza sul campo, con Marcello Lippi a riportarmi certe emozioni. Non pensavo che, una volta smesso, avrei avuto voglia di tornare sotto i riflettori quotidianamente. In Germania ho riscoperto la voglia di campo» (a Roberto Perrone) • Allenatore della Juventus da maggio 2009 a gennaio 2010, arrivò a giocarsi la permanenza sulla panchina bianconera in un Inter-Juventus di coppa Italia: «Sono qui dal 1994 e non me la prenderò mai con la mia società. Mi ha reso famoso, mi ha sempre pagato con puntualità. L’unica cosa che non le è riuscita è stata di rendermi più bello. Anche avessero deciso di esonerarmi, non mi sento sfruttato, non sto lavorando gratis» (Roberto Perrone). Vinse l’Inter, 2-1. il 29 gennaio 2010, all’indomani dell’eliminazione in Coppa Italia, fu esonerato e sostituito da Alberto Zaccheroni. «Eravamo quinti. Chi prese il mio posto arrivò settimo, e pure quello dell’anno dopo è arrivato settimo. Vabbuò» (a Maurizio Crosetti) • «Durante il disastro juventino gli dedicai un ritratto non positivo scrivendo tra l’altro che la formazione gliela faceva qualcun altro. Chiamò, disse: “Guardi, ho fatto molti errori, ma li ho fatti di testa mia, sono io quello che sbaglia”. Sbagliava anche in questo: ero io. Poi, con egual cortesia, corresse una citazione cinematografica che avevo fatto da “Pane e tulipani”. Aveva ragione pure lì. Due a zero e palla al centro» (Gabriele Romagnoli) • Ct della Nazionale Under 21 da ottobre 2010 a giugno 2012, per volontà di Arrigo Sacchi, coordinatore delle nazionali azzurre: «Nessuno aveva pensato che Sacchi potesse chiamare quel difensore che, con lui in panchina, non faceva parte della nazionale: poco “zonista”, più abituato alla marcatura a uomo. Ma un conto è giocare e un altro è allenare» (Luca Valdiserri). «Sacchi non mi ha convocato a lungo perché mi riteneva incapace di difendere a zona, poi ha cambiato idea, e questa è una delle maggiori soddisfazioni della mia vita sportiva. Tanto più che la zona mi ha allungato la carriera: molto più facile passare da uomo a zona che viceversa» (Gianni Mura) • Lasciò la panchina azzurra dopo 19 partite (12 vittorie, 6 pareggi e una sconfitta), con la media punti più alta della storia dell’Under 21 (Luca Valdiserri) • Allenatore della Sampdoria da luglio a dicembre 2012: «C’era una volta un allenatore (Ciro Ferrara) che alla guida di una squadra appena promossa dalla serie B (la Sampdoria) sbancò San Siro alla prima partita in serie A (26 agosto 2012) aprendo ufficialmente la crisi del Milan, o meglio di quello che era rimasto del Grande Milan dopo le distruzioni del calciomercato estivo. Per settimane e settimane l’allenatore della Samp visse felice e contento, accompagnato da commenti di miele e dal suono dei violini mentre il suo collega rossonero (Massimiliano Allegri) abbrustoliva a fuoco lento sulla griglia mediatica alimentata dalla corte serrata del suo club a Pep Guardiola. Oggi, mezzo campionato dopo, il Milan ritrova la Sampdoria ma non quel suo vecchio allenatore (Ciro Ferrara), rispedito a casa per colpa dei risultati diventati insoddisfacenti (un classico), mentre Allegri è ancora al suo posto dopo essersi salvato dal mare in tempesta» (Alberto Costa) • Ultima esperienza da allenatore nella seconda divisione cinese, alla guida del Wuhan Zall, tra il 2016 e il 2017. Subentrato con la squadra al tredicesimo posto in classifica, la portò alla sesta piazza finale. Esonerato all’inizio della stagione seguente, causa un avvio stentato (un punto nelle prime due giornate) • «C’è il diavolo dietro l’alterna fortuna della vita e delle opere di Ciro Ferrara, che fu un grandissimo terzino di Napoli e Juventus e forse non ebbe il dovuto riconoscimento internazionale per il suo valore. C’è sicuramente lui dietro la sua altalena come allenatore. Tutti ricordano il suo bruciante esordio alla Juventus, finito con un inedito esonero. Partenza a razzo, poi picchiata (devastante uno 0-3 con il Diavolo). Sembrava non ci fosse domani, invece è risbucato all’Under 21 e ha pure fatto bene. L’ha riportato in serie A la Samp e Ferrara ha riproposto lo stesso copione sperimentato a Torino. C’è un tempo per vincere (le prime giornate) e un tempo per prenderle da chiunque (tutte le restanti?). Infilate di gioia o di dolore, una trama da sceneggiata napoletana: o entra il guappo e ti spara o vai dritto verso i tuoi sogni. Alla sesta di campionato è entrato il guappo, con la pistola carica e ha cominciato a contare» (Romagnoli, cit.) • Proprietario, a Torino, di una pizzeria «con le zeppole profumate come a Fuorigrotta: che si chiami “Da Ciro” è ovvio» (Maurizio Crosetti) • Con Fabio Cannavaro ha fondato nel 2005 la Fondazione Cannavaro-Ferrara , «una onlus che, come è scritto nel suo statuto, “vuole essere un punto di riferimento sul territorio napoletano per tutti i bambini e minori che vivono situazioni di particolare difficoltà, disagio sociale ed emarginazione”» • Già commentatore per Sky Sport, dal 2021 è opinionista di Dazn. «Lei ha vinto il Mondiale 2006 come vice di Lippi, ha allenato la Under 21 e la Juventus forse troppo presto. Perché non ha continuato? “Sono caduto da molto alto e mi sono fatto più male. L’esperienza alla Juve mi ha bruciato, e ancora oggi mi feriscono certi giudizi cattivi. Però non ero più io, tornavo a casa sempre arrabbiato, forse trasmettevo la mia tensione alla squadra. A un certo punto ho capito che quella fame non mi apparteneva e che non avrei ricominciato a qualunque costo”. Così è diventato commentatore televisivo però garbato, non di quelli che le sparano enormi soltanto per farsi notare. “La mia cifra è l’ironia, e ancora di più l’autoironia. Mi è sempre piaciuto prendermi in giro, me l’hanno insegnato il gruppo e lo spogliatoio. A volte una battuta può essere più utile di mille discussioni. Come quando Moggi venne al campo d’allenamento con Giraudo e Bettega, noi in quel momento non stavamo andando benissimo, così il direttore chiese al povero Gian Piero Ventrone cosa stesse accadendo. Gianpi rispose: ‘Stiamo mettendo la benzina nel motore’. Allora io mi alzai e dissi ‘Ehi, prof, non è che ci stai mettendo gasolio?’. Poi, per carità, anche incazzarsi di brutto può servire”» (Maurizio Crosetti) • Sposato con Paola, tre figli (Benedetta, Paolo, Giovanbattista) • Per diversi anni ha fatto pubblicità, assieme a moglie e figli, ad una marca di yogurt e dessert: «Auguriamo a Ciro di continuare a fare pubblicità: lui è un personaggio simpatico, probabilmente il ruolo gli si attaglia meglio della panchina» (Aldo Grasso).
Maradona Nel 2020 ha pubblicato per Cairo editore il libro Ho visto Diego e dico ‘o vero, con prefazione di Diego Armando Maradona • «Toc toc. Zurigo, 9 giugno 1987, ritiro della Nazionale italiana di calcio. È sera quando il Ct Azeglio Vicini bussa alla porta della camera di Ciro Ferrara. “Domani giochi titolare, buona notte”. Toc toc. “Dimenticavo, marcherai Diego. E adesso riposa”. “Riposare? E chi ha dormito quella notte! Il giorno dopo avrei esordito con la maglia azzurra nell’amichevole Italia-Argentina. E avrei marcato Maradona, il mio capitano al Napoli”. Così Ciro Ferrara, uno dei migliori difensori italiani degli Anni 80-90, ricorda il suo debutto con la Nazionale. “Ma sa qual è la cosa più bella di quella partita? Ogni volta che il gioco era fermo Diego si avvicinava e mi diceva: ‘Tranquillo, Ciro, stai andando bene. Continua così’. Ecco questo era Maradona”. Al Pibe de Oro Ferrara ha dedicato un libro Ho visto Diego e dico ‘o vero (Cairo editore), uscito in occasione dei 60 anni di Maradona, che poi il 25 novembre 2020 è morto improvvisamente. Nella prefazione, firmata dall’argentino, Diego ringraziava l’ex compagno del Napoli, “da te, Ciro, mi sono sentito sempre e comunque protetto, dentro al campo ma anche fuori. In te ho trovato uno sguardo sincero, complice, quello di chi davvero è sempre pronto a difendermi, di cui ti puoi fidare senza dubbi”. Da cosa doveva essere protetto Maradona? “Ho conosciuto Diego nella sua grandezza e nella sua debolezza, ne ho visto le zone di luce e d’ombra. Certo non era un professionista esemplare, ma in campo era unico. Per un periodo abbiamo abitato nello stesso palazzo. Tornavo dagli allenamenti e lo trovavo in garage che faceva i pesi. Diceva: ‘Mi sono svegliato tardi, Ciro’. Diego doveva essere protetto da sé stesso. Quando l’ho conosciuto avevo vent’anni, ero un ragazzo, non era facile convincerlo, aiutarlo e a me mancavano il coraggio e la personalità per stargli vicino e parlargli nel modo in cui lui aveva bisogno. L’ho capito crescendo”» (Manuela Croci).
Frasi «Ferrara è forse l’ultimo di una specie. Ha vinto scudetti giocando a uomo e poi ne ha vinti giocando a zona. È un uomo di due epoche ed è un grande giocatore. È la sintesi del miglior difensore moderno» (Marcello Lippi) • «Ti si appiccicava come il Vinavil» (Zbigniew Boniek) • «Stringere la mano a Ferrara? Io la stringo a tutti. Non devo chiudere nessuna polemica con lui, sono i tribunali che per 10 anni si sono occupati di quei problemi. Non sono fatti miei» (Zdeněk Zeman).