15 febbraio 2025
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Biografia di Claudio Amendola
Claudio Amendola, nato a Roma il 16 febbraio 1963 (62 anni). Attore. Conduttore televisivo. Regista.
Titoli di testa «Sono cresciuto in anni folli dove tutto sembrava possibile, e in cui essere un ragazzo di destra o di sinistra poteva significare morire».
Vita Figlio degli attori e doppiatori Ferruccio Amendola (1930-2001) e Rita Savagnone (classe 1939). «Mamma faceva Liza Minnelli, Glenda Jackson, Sophia Loren, Claudia Cardinale. Papà Dustin Hoffman, Al Pacino, Robert De Niro. Era divertente quando venivano a casa i miei amichetti e c’erano anche degli amici doppiatori dei miei nell’altra stanza. I miei amici sentivano discussioni animate tra Sean Connery e Robert Redford, interrotte da Robert De Niro e Liza Minnelli. E dicevano: ma chi c’è in casa?». I genitori divorziarono nel 1971. «L’unica volta che ho sentito i miei dirsi “ti amo” è stato quando ho visto New York, New York. Lui era De Niro, lei Liza Minnelli» • Nonostante l’estrazione sociale borghese visse un’adolescenza turbolenta, abbandonando la scuola al secondo anno di liceo e facendosi rapidamente fama di «coatto». «I miei dicevano: “Perché scrivono questo di te? Non sei un ragazzo di borgata. Sei cresciuto in una famiglia benestante, borghese”. […] Sono cresciuto in una casa piena di libri e di buonissima musica. Abbado e Pollini erano di casa, e dopo cena suonavano». «Abbado era cugino di mamma. […] Io sono stato a casa di Arturo Benedetti Michelangeli» [a Silvia Fumarola, Rep] • Com’eri da ragazzino? «Ho avuto grande libertà e indipendenza. Ho sempre dato poco retta ai consigli. E mi sono fatto molti bernoccoli. […] Ho vissuto molto per strada dai 15 ai 20 anni. Avrò cenato a casa non più di cinque volte. Non tornavo mai prima delle quattro di mattina. Ho fatto di tutto». Droga? «Spinelli in piena e totale libertà e continuità». […] Risse? «La rissa era alla portata quotidiana». La prima rissa? «Tredici anni, rissa di quartiere. Avevano fregato il berretto ad un amichetto nostro. […] Ci siamo menati per tre giorni: venerdì, sabato e domenica». Altri momenti di violenza? «Io andavo in una scuola molto politicizzata, in mano agli autonomi. Gli scontri con la polizia erano frequenti, le molotov anche. Sampietrini, manganellate, cazzotti». Come passavi la giornata? «Uscivo la mattina e andavo a scuola. Non entravo quasi mai. La scuola era autogestita: avevamo il sei politico. […] Mio padre mi cambiò scuola. A Natale arrivò a casa un telegramma del preside: “Vorremmo avere il piacere di conoscere l’alunno Claudio Amendola”. […] Mi misi a fare piccoli lavoretti: il commesso, il manovale, il bagnino. Alla fine, esausto, ho fatto per un po’ l’assistente in sala di montaggio» [a Claudio Sabelli Fioretti] • «Una volta, a 19 anni, avevo fatto una cazzata e ho passato una notte a Regina Coeli. Ho capito tantissime cose, quella volta: la prima, che non ci volevo più tornare, perché la sensazione di privazione della libertà non te la dimentichi più. Anche se là ho conosciuto, dalle nove persone nella mia cella, la più profonda solidarietà di tutta la mia vita» • Il suo debutto come attore avvenne grazie alla madre, che, incontrando il regista Franco Rossi in cerca di «un giovanotto sui diciotto anni, fisico da pugile, faccia aperta e cordiale», propose il figlio, il quale però era inizialmente riluttante: come ha raccontato la stessa Savagnone, «Claudio, di quel provino, non voleva saperne. Ci andò con l’idea di scapparsene subito dopo. E, invece, la settimana seguente, era sul set di Storia d’amore e d’amicizia, una delle più belle fiction della nostra tv». «Mia madre diceva che per fare l’attore ci voleva studio. E tanta passione. Invece, no. Uno va là e lo fa». Dal padre, all’epoca, «ho avuto un solo consiglio, perché era molto discreto. Mi diceva: “Parla piano, non con un tono forzato: non c’è bisogno di far sentire tutto, se in sala si distraggono è colpa loro”». L’anno successivo, Amendola esordì anche al cinema, nella commedia Lontano da dove di Stefania Casini e Francesca Marciano, continuando poi con Carlo Vanzina (Vacanze di Natale, Amarsi un po’, Vacanze in America), Mauro Bolognini (La venexiana), Sergio Corbucci (I giorni del commissario Ambrosio) e Marco Risi, con cui, dopo Soldati – 365 giorni all’alba (1987), ebbe uno dei suoi ruoli più importanti, nel drammatico Mery per sempre (1989). «L’ho voluta coi denti, quella parte. Marco Risi nemmeno voleva sentirne parlare: gli altri attori erano tutti palermitani, minorenni, ragazzi che il carcere lo avevano fatto davvero. Feci un provino fantastico: alla fine Risi si alzò e mi disse: “Mi hai fregato!”». «Ero un ragazzino. A Cinecittà incontravi Gassman, Sordi, Tognazzi, Volonté. Ho conosciuto Stefano Vanzina, il grande Steno; avevo già fatto i film col figlio Carlo. Gli facevo raccontare di Totò e Fabrizi, gli recitavo Un americano a Roma». «Quando ha cominciato, con Storia d’ amore e d’ amicizia, “sono capitato sul set senza nessuna idea, se non quella di divertirmi. Solo dopo ho capito che otto mesi con un regista come Franco Rossi non erano solo un bel gioco. Poi ho lavorato senza troppa coscienza. Solo dopo l’incontro con Risi, dopo Mery per sempre, ho cominciato a pensare di avere qualche qualità”» [a Maria Pia Fusco] • Più tardi ci sarà la cocaina. «Ho già fatto coming out. Come ne sono uscito? Una sera ero da solo con mio figlio Rocco. Stava male e per un attimo non ho saputo cosa fare. L’attimo dopo ero lucido e mi sono detto ora basta» [a Valerio Cappelli, Rep] • Seguirono nuove interpretazioni con registi del calibro di Ettore Scola (Il viaggio di Capitan Fracassa), Carlo Mazzacurati (Un’altra vita) e Marco Tullio Giordana (Pasolini, un delitto italiano), con Ricky Tognazzi (Ultrà, La scorta), con Giulio Base (Poliziotti) e ancora con Carlo Vanzina (I mitici – Colpo gobbo a Milano), ma anche con autori francesi come Patrice Chéreau (La regina Margot) e Jean-Paul Rappeneau (L’ussaro sul tetto). Per anni ha interpretato poliziotti o delinquenti. «Sì, personaggi molto “terreni”. La svolta è avvenuta con Wilma Labate, con cui ho girato La mia generazione, ma soprattutto Domenica: forse è uscito tre giorni nelle sale, ma è il film a cui sono più legato. Nel pieno del successo, della gioia – stavo con Francesca [Francesca Neri – ndr] –, mi ha regalato un personaggio che faceva i conti con la morte. Mi ha detto “Tu hai un dolore nascosto”, e io, sempre “sampietrino”, ho tirato fuori altro. È chiaro che mettersi alla prova è lo stimolo più importante per un attore. Il protagonista di Ultrà, mi alzo la mattina e lo faccio, ma con Wilma ho scoperto un altro Claudio» (Fumarola). In seguito è stato diretto da Paolo Virzì (Caterina va in città), Felice Farina (Senza freni, La forma dell’acqua), Sergio Citti (Fratella e sorello), e ancora da Carlo Vanzina (Il ritorno del Monnezza) e da Marco Risi (Cha cha cha), continuando parallelamente un’importante carriera da attore televisivo, che ha raggiunto il culmine con la serie I Cesaroni. Ha continuato a dividersi tra la tv (ispettore capo in Tutti per Bruno, maresciallo in Lampedusa – Dall’orizzonte in poi, commissario in Nero a metà), e il cinema (Suburra, Noi e la Giulia, Come un gatto in tangenziale, Hotel Gagarin • Lei fa di tutto, sta in un film impegnato come Suburra e sta anche a Miss Italia. Perché? “Primo, perché mi diverto. Secondo, perché mi pagano bene. […] Io faccio quasi tutto per soldi. E sarebbe sbagliato non farlo. Perché, se non li danno a me, i soldi li danno a un altro, mica vanno in beneficenza. Guadagno tanto, da tanti anni, e sono abituato a guadagnare tanto. Non mi vergogno di parlarne, perché pago tutte le tasse che devo pagare». Sfizi da ricco che si è tolto? «Grazie ai Cesaroni, una barca. Non ce l’ho più, e forse il mio rapporto con il denaro negli anni è cambiato. Averne tanto e presto è stato bello, ma anche un po’ inutile. Esiste un livello di benessere oltre il quale a me non interessa andare» [a Paola Jacobbi] • Una volta è stato doppiato dal padre: «È successo in una scena del film Soldati – 365 all’alba in cui correvo. Il respiro nell’audio originale si sentiva male, e nel montaggio ebbi difficoltà. “Vabbè, la faccio io”, disse mio padre, direttore del doppiaggio. Sei secondi in cui ansimava!» • «“Ricordo una Domenica in con Pippo Baudo: io, diciottenne, ridevo, Massimo Bonetti e Barbara De Rossi tremavano”. Lei quando ha tremato? “Al primo ciak con Scola. Non sono neanche riuscito a dire la battuta. Apparivo in Capitan Fracassa con lo schioppo, sparavo e partiva il monologo. Me la facevo sotto: c’erano Massimo Troisi e Ornella Muti. Ho finto che il botto mi avesse assordato, Ettore gentile: “Sì, Claudio, anche a me ha dato fastidio”. Ero emozionato, perché era bellissimo stare al Teatro 5 di Cinecittà”» [ad Arianna Finos, cit.] • Era sicuro del mestiere che aveva scelto? «Sono stato ore fuori dalle roulotte a guardare: “Famme vedé che mestiere posso imparare, perché non so quanto durerà” […]. Una sera Mastroianni a cena, fra tante cose, ne disse una che mi colpì: "Quando ti capiterà di incontrare un regista pippa, statte zitto, sennò s’incarta, e non finisci più"» [Fumarola, cit.] • «Vorrei avere un contratto con il quale fare due film l’anno da regista, e non fare più l’attore. Quello del regista è un lavoro tanto creativo quanto faticoso. Sono quarant’anni, però, che faccio l’attore, e ci sono cose che mi hanno ormai stufato: certi tipi di attese, certi orari. E non è che io non voglia alzarmi presto, per carità. È che capita, spesso, che l’attore sia segregato in una roulotte per ore. L’attore aspetta, sempre. Se un giovane aspirante attore mi chiedesse un consiglio, gli direi: “Si procuri una sedia”» • Nel 2014 Amendola si è cimentato nella regia con la commedia La mossa del pinguino, ripetendo l’esperienza nel 2017 con il drammatico Il permesso – 48 ore fuori, in cui ha anche recitato • Nel 2021 è tornato di nuovo nelle sale del cinema con Come un gatto in tangenziale - Ritorno a Coccia di Morto, ha partecipato come giurato al programma di Canale 5 Star in the Star. Nel 2022 è tornato alla regia con il film I cassamortari e con la terza stagione di Nero a metà. Tra il 2023 e il 2024 è regista e attore ne Il patriarca, giudice di Io canto Generation, Io canto Family e Io canto Senior. Nel 2024 ha diretto per Prime Video Ari – Cassamortari: «Ai funerali succedono sempre cose divertenti, è imbarazzante, non è bello dirlo, ma ho assistito a scene che mi hanno fatto ridere» • Un «piccolo infarto» nel settembre 2017. «Mi sono reso conto che è stata un’esperienza meravigliosa, perché all’improvviso ti rendi conto veramente del valore della vita e delle cose che hai. È stato come una secchiata d’acqua gelata. La mia vita è cambiata radicalmente: ho smesso di fumare, sono dimagrito dodici chili e ora mi sento come un trentenne» • Nel 2024 ha scritto un libro per Sperling & Kupfer, Ma non dovevate anda’ a Londra, in cui racconta un pezzo della sua vita, dagli 11 ai 32 anni.
Politica «Non la vivo: la guardo e la piango, la amo e non la riconosco. Quando in tv vedo interviste a politici della prima Repubblica, mi sembrano degli statisti» [a Valerio Cappelli, Rep] • Da sempre nettamente di sinistra (Democrazia proletaria, Rifondazione comunista, Rivoluzione civile, Liberi e uguali), non senza qualche ambiguità: intervistato nel 2004 da Claudio Sabelli Fioretti, indicò come «esempio di voltagabbana» «Alberto Franceschini, il fondatore delle Br. È il più voltagabbana di tutti. Troppo livore. Il loro era un sogno folle, utopico, ma un sogno. In lui sento solo la voglia di ripulirsi» • Grande rumore, nel marzo 2018, quando, ospite della trasmissione televisiva L’aria che tira (La7), definì Matteo Salvini «il politico più capace degli ultimi vent’anni, ma proprio senza ombra di dubbio» • «Ho lavorato tanti anni anche a Mediaset, senza problemi. So che Berlusconi ha detto di me “Quell’Amendola mi piace: è un bel comunista”».
Curiosità Ateo • Fervente romanista. «Per l’addio al calcio di Totti ho pianto come un vitello» […]. «Messo alle strette, preferiresti diventare laziale o fascista? “Pistola alla tempia? Meglio fascista che laziale”» [a Sabelli Fioretti] • Vari tatuaggi, tra cui un grande seno, un Colosseo con gladiatore («Un indigeno si fa il tatuaggio della sua tribù, un romano si fa il Colosseo»), un indiano e un delfino • «Ogni giorno della mia vita sono stato in sovrappeso di almeno tre, quattro chili. Ma non mi sono mai sentito a disagio. Il mio tormentone era: a ma’, c’ho fame. Mi piaceva tanto mangiare, credevo nell’equazione cibo-convivialità. Sono cresciuto con la cucina romana, la carbonara, la gricia, l’abbacchio con le patate, la porchetta. Adoravo la specialità di mio fratello Federico, che metteva nella padella tutto quello che c’era nel frigo su una base di uova. Chi me lo faceva il pollo con i peperoni in Romania?» [Cappelli, cit.] • Nel 1990 apre nel rione Trastevere il ristorante L’ultima Follia, poi chiuso nel 1994. Nel giugno 2010 ha inaugurato a Valmontone il Ristorante Osteria del Parco e nel novembre 2022 apre a Roma il suo secondo ristorante, Frezza-cucina de coccio • «Mi ritrovo in George Best, il calciatore: ho speso gran parte dei miei soldi per alcol, donne e macchine veloci, il resto l’ho sperperato. Viaggi, ristoranti esagerati, belle macchine, andare a vedere la Roma ovunque, orologi, e oggi nemmeno li porto al polso. Molti soldi li ho proprio buttati. Nessuna rivalsa, era il gusto di spenderli, la non preoccupazione per il domani» [ibid.].
Amori Due figlie, Alessia (1984) e Giulia (1989), dalla prima moglie, Marina Grande; un figlio, Rocco (1999), dall’attrice Francesca Neri, conosciuta durante le riprese de Le mani forti di Franco Bernini (1997) e sposata nel 2010 a New York. Hanno divorziato nel 2022. «La mia è la famiglia più sconquassata del mondo. Matrimoni multipli, figli sparsi... I miei tre ragazzi, però, sanno di poter contare sempre su di me. Questo sì: questo sono riuscito a costruirlo. Ho insegnato loro che, oltre alla fortuna di venire al mondo, tutte le altre se le devono guadagnare. Tutti e tre hanno cominciato a lavorare a 18 anni. Alessia addirittura a sei, facendo la doppiatrice» • «Nel privato Francesca è stata la chiave di volta della mia vita. Mi ha fatto scoprire chi sono. Sono diventato padre delle mie figlie perché sono diventato padre di Rocco. Ero troppo giovane quando sono nate: sono già nonno. Dico sempre: Franco Rossi mi ha fatto diventare un attore e una donna mi ha fatto diventare un uomo. All’inizio ero spaventato: Francesca era impegnativa, ma l’amavo. Mi sono detto: e se la perdo? Mi sono messo in gioco» • «Francesca è un capitolo a parte, pulito, meraviglioso, intoccabile, che non condivido con nessuno» • «Se dovessi darmi un voto, direi 7 +. Sono stato un padre mediamente distratto e presente. Ho anche due magnifici nipoti di 8 e 4 anni, figli di Alessia. Ecco, come nonno mi do 4. Lavoro sempre, e sono pure pigro. Ma sono onnivoro, faccio tutto, a parte il teatro per una vicenda legata a mio padre e a un suo infortunio in scena, quando per lo stress dimenticò la parte. Sono giurato da Gerry Scotti, presento il concerto del Primo maggio, faccio l’attore, il regista, ora questo libro».
Titoli di coda «Mi sarebbe piaciuto fare il rocker, non la rockstar precisiamo. Credo che sia l’unico mestiere che invidio veramente. Se avessi avuto il talento necessario».