Robinson, 2 marzo 2025
Quando le donne cominciarono a disegnarsi
Sembra la protagonista di una delle sue storie a fumetti, Laura Scarpa. Ha uno sguardo intenso e divertito, da cui spiccano la sua curiosità e il suo eclettismo. È un sabato mattina, lei è a Venezia, la città natale sua e di Hugo Pratt, maestro che le ha cambiato la vita. Ci incontriamo via schermo per parlare di Protagoniste. Eroine e autrici dei fumetti nel Corriere dei Piccoli della prima metà del Novecento il libro che ha curato per ComicOut, la casa editrice che ha fondato nel 2012. La prossimità con l’8 marzo non è un caso: «Studiare le donne nella storia del fumetto è stato fondamentale per capire come è cambiata l’Italia, dal punto di vista sociale e politico. Nei primi decenni del secolo ci sono pochissime autrici. Iniziano a emergere solo negli anni ’40, durante la guerra, quando gli uomini sono altrove». E così mette in scena fumettiste e personaggi femminili del giornale con cui si è formata, dando nuova voce a figure ormai dimenticate. «Quando ero bambina – racconta – i miei genitori mi facevano leggere tanti fumetti. In particolare Il Corriere dei Piccoli è stata una lettura appassionante.
Pubblicava le più grandi firme italiane: a parte Crepax, c’erano tutti, da Nidasio a Pratt, da Battaglia a Toppi. Ispirata da questa varietà e complessità di letture, alle scuole medie ho iniziato a disegnare fiabe a fumetti. Poi ho letto La ballata del mare salato e ho avuto una folgorazione per Pratt. E ho fatto di tutto per conoscerlo».
E come è andata?
«Mia sorella stava facendo una tesina sul fumetto e l’ho spinta ad andare a trovarlo per fargli qualche domanda. Avevo 15 anni e gli ho detto che amavo disegnare e avrei voluto fare fumetti. Lui è stato molto disponibile e mi ha chiesto di fargli vedere qualcosa. Ho iniziato a portargli delle tavole: a volte mi incoraggiava, altre mi rimproverava, se non avevo fatto abbastanza. E una volta ha persino telefonato a casa mia per darmi dei suggerimenti!».
Tra le autrici che ti hanno segnata c’è Grazia Nidasio che pubblicava sul “Corriere dei Piccoli”.
«Sono stata molto influenzata da Nidasio, il suo segno l’ho interiorizzato. Quando nel 1969 usciva Valentina Mela Verde, io avevo 12 anni. E se Corto Maltese rappresentava l’avventura Valentina era qualcosa di nuovo, un appuntamento settimanale in cui si raccontava qualcosa di vero, in cui potevi riconoscerti».
Come è avvenuto l’incontro con Nidasio?
«È nata subito una grande amicizia.
Negli anni ’90 lavoravo al Corriere dei Piccoli.Feci un supplemento giochi e la chiamai per avere il permesso di utilizzare la Stefi. Lei apprezzava molto le mie cose e iniziammo a frequentarci. Era una donna incredibile, intelligente, ironica, simpatica. Ricordo chiacchierate meravigliose. Ha sempre lavorato da casa perché aveva dei figli. Non andava alle fiere o ai festival. Quando ho pubblicato un suo libro, volevano premiarla e lei mi ha detto: “Vai tu al posto mio”.
Voleva restare defilata e questo ci dice molto di quei tempi. Come tante altre autrici, ci teneva moltissimo a difendere i bambini e la Stefi è una specie di portavoce di questa sua cosa».
Questo libro è un’antologia di figure femminili nel fumetto, tra personaggi e autrici. Come nasce?
«Non è stato un lavoro semplice anche perché nella prima metà del ’900 di fumettiste praticamente non ce ne erano. Ho deciso quindi di concentrarmi sul Corriere dei Piccoli per inquadrare meglio il fenomeno.
È stata molto importante Paola Pallottino che è la figura principe di questi studi. Il fumetto ha una sua identità molto precisa ma è comunque la coesione di testo e immagine, una narrazione disegnata. Allora ho scoperto che alcune scrittrici, come Grazia Deledda ed Elsa Morante, usavano anche le illustrazioni. Morante in altri tempi sarebbe potuta essere un’ottima fumettista, si vede dai suoi schizzi. Il mio obiettivo era capire cosa ci racconta dell’Italia un fumetto di quegli anni, anche dal punto di vista sociale e politico. La storia delle donne in questo mondo dice molto. Pensiamo a Paola Lombroso che ideò il progetto del Corriere dei Piccoli per poi esserne estromessa nel momento della realizzazione».
Chi sono le donne nei fumetti in quegli anni?
«Sono donne ricche, colte, politicizzate, che si occupano dell’educazione dei ragazzi, usando nuovi mezzi, perché sono attente e guardano all’estero. Solo quando nel 1946 arriva il diritto di voto, aumenta la presenza di disegnatrici e autrici.
È un segnale importante. Ma è soltanto negli anni ’70, in concomitanza con le battaglie femministe, che le donne iniziano a emergere davvero. È la mia la prima vera generazione di fumettiste in Italia».
E invece le “protagoniste”?
«Inizialmente sono bambine, per lo più sorelle o amiche dei personaggi principali, hanno un ruolo ancillare.
Si distinguono le gemelle Bice e Bauci, disegnate nel 1927 da Mario Pompei. Vanno in giro a fare pasticci, facendo attenzione l’una all’altra: è un esempio di sorellanza e solidarietà eccezionale per quei tempi. E poi nel dopoguerra c’è Eleonora, il primo personaggio femminile adulto, creato da Emita, un’autrice di cui non sappiamo quasi nulla. È moderna, viaggia da sola, gioca a tennis, guida la macchina, è un bel segnale di cambio d’epoca».
Quali sono le autrici più interessanti che hai pubblicato?
«Mi viene in mente Lorena Canottiere, un’autrice che è stata anche mia allieva, o la francese Lou Lubie, che ha fatto un libro molto bello sulla ciclotimia. Lo scorso anno ho pubblicato un graphic novel di Lina Ghaibeh, che con il suo lavoro fa emergere con naturalezza la sua condizione di donna e di libanese.
Rodari diceva: “Quando scrivo una storia mi viene in mente un’idea. Quando la sviluppo, siccome sono comunista, esce una storia che esprime la mia posizione”. Ecco questa per me è un po’ la sintesi di tutto».