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 2025  marzo 02 Domenica calendario

“Ragazze, ridiamo la parola a Lady Macbeth”

Lady Macbeth un’icona femminista? Sì se a raccontare la protagonista shakespeariana è una delle voci più nuove e intriganti del mondo fantasy-gotico internazionale. Ava Reid, 29 anni, vive a Palo Alto. Autrice bestseller delNew York Times si era già fatta notare per la sua riscrittura de Il Ginepro dei fratelli Grimm, Juniper & Thorn, e per A Study in Drowning,un romance gotico diventato virale su TikTok. Reid, a pochi giorni dall’8 marzo, torna con Lady Macbeth, pubblicato da Ne/oN (marchio di e/o), una riscrittura sorprendente della protagonista che tanta letteratura continua a ispirare. Il romanzo è un retelling in chiave gotica nel quale Lady Macbeth, costretta a sposare un uomo brutale, da vittima trasforma in una donna consapevole del proprio potere.
Reid, possiamo definirlo un romanzo femminista?
«Tendo a rifuggire dall’idea che i miei libri abbiano un messaggio.
Detto questo Lady Macbeth invita il lettore a riflettere sulla posizione delle donne in una società patriarcale. Ci viene chiesto diprovare il dolore di Roscille mentre lotta per ottenere autonomia e libertà. Ci viene chiesto di considerare la natura del male e dell’ambizione ma anche di pensare a quali azioni violente siano giustificate quando una donna è stata soggiogata e privata di ogni potere».
Perché ha scelto proprio Lady Macbeth?
«Indiscutibilmente è il personaggio femminile più famoso di Shakespeare. Eppure non sappiamo nulla del suo passato. Le implicazioni protofemministe del suo personaggio sono impossibili da ignorare: Il monologo “Unsex me here” riguarda l’incapacità di conciliare la sua propensione alla violenza con il suo essere donna e con le aspettative che a questo sono legate. Come potrebbe non tornare familiare alle donne di oggi?».
Chi è dunque Roscille, la sua protagonista?
«Una giovane pienamente consapevole della sua posizione subordinata: usa la maschera dell’innocente fragilità per manipolare chi la circonda. Ma il suo spirito è diviso: una parte di lei vorrebbe esercitare il potere in modo violento e indisciplinato, come farebbero gli uomini; un’altra desidera esercitarlo in modo più giudizioso e nobile. Il pubblico impara sicuramente a non sottovalutare Roscille, ma anche che il potere stesso è una cosa instabile, simile a un vortice di anguille in movimento».
Shakespeare continua a ispirare tantissima letteratura: qual è la forza duratura del Bardo? E, per citare Virginia Woolf, sarebbe mai potuta esistere una Shakespeare donna?
«Gli adattamenti di Shakespeare sono un canone a sé: a ogni nuova interpretazione la sua opera torna a vivere. Un’autrice donna avrebbe potuto raggiungere lo status leggendario e il livello d’influenza che Shakespeare ha avuto sulla cultura occidentale? Ne dubito, in un mondo patriarcale. Tuttavia, molte donne scrivevano già ai tempi di Shakespeare. Aphra Behn è citata esplicitamente da Virginia Woolf, e ci sono altre autrici, come Mary Wroth e Margaret Cavendish, che erano contemporanee del Bardo. Ho riflettuto molto sull’influenza delle scrittrici nella letteratura mentre scrivevo Lady Macbeth. Marie de France, la più famosa autrice medievale e pioniera del romanzo cavalleresco, mi ha ispirato: nei suoi lais, ho trovato fate ingannevoli, uomini che indossano pelli di bestie e, naturalmente, amanti dal destino avverso. Ho preso questi elementi e li ho intrecciati nel tessuto che sarebbe diventato il mio romanzo».
In “A Study in Drowning”, Effy studia architettura perché, come tutte le ragazze, non può studiare letteratura. Una storia diventata virale: si è spiegata perché?
«Questo aspetto diA Study in Drowning è ispirato a una storia molto recente: la mia università, la Columbia, non ha accettato donne nel suo college fino al 1983. Ho frequentato il college femminile, il Barnard, e anche allora noi “ragazze di Barnard” eravamo spesso denigrate e tacciate di essere meno intelligenti, meno capaci accademicamente. Si scherzava sul fatto che fossimo lì solo per offrire agli studenti maschi una cerchia di donne single da corteggiare.
Abbiamo fatto progressi, certo, mala misoginia è diventata più subdola e insidiosa. Penso che A Study in Drowning abbia avuto tanto successo proprio per questo motivo».
Quanto è importante oggi creare nuovi modelli letterari femminili anche reinventando quelli del passato come nel caso di “Lady Macbeth”?
«Non userei necessariamente la parola “importante”, perché sono un’autrice di narrativa e quindi nulla di ciò che scrivo è vero in senso letterale. Non sono così arrogante da presumere che il mio lavoro debba “insegnare” qualcosa.
Però credo che possa essere incredibilmente catartico e significativo per le giovani lettrici vedere le proprie esperienze riflesse nei libri. L’arte è meravigliosa proprio perché offre uno spazio sicuro per esplorare tutta la gammadelle emozioni, dalle più rassicuranti alle più scomode. E la nostra esistenza come donne è altrettanto piena, varia e complessa».
Lei si rivolge principalmente a un pubblico giovane e ha un profilo TikTok: qual è il suo rapporto con i social?
«Possono essere uno strumento promozionale straordinario, soprattutto quando il tuo editore non investe molte risorse nel tuo libro, ma possono anche essere incredibilmente frustranti, demoralizzanti e invasivi.
Devo riconoscere che sono stati fondamentali per il successo diA Study in Drowning, visto che non era una priorità per la casa editrice. Ma man mano che il mio pubblico cresce, cerco di costruire un rapporto basato sull’autenticità piuttosto che sull’intimità.
La mia audience è composta principalmente da giovani donne, appassionate e coinvolte, desiderose di identificarsi con i personaggi che leggono. Scrivo di protagoniste che affrontano malattie mentali e traumi, e trovare giovani che si sentano viste, riconosciute, attraverso i miei libri, è la parte più bella dell’usare isocial come autrice».
Da lettrice a quale scrittore o scrittrice è più riconoscente?
«La mia autrice preferita e la mia più grande ispirazione è Mary Shelley. Ho letto tutte le sue opere e ogni lettera che abbia mai scritto.
L’oscurità è sempre presente nella sua scrittura; non ha paura di andare incontro al dolore. Se conosci anche solo un po’ la tragedia e il trauma della sua vita, saprai quanto di quel dolore è stato essenziale per creare libri così potenti, risonanti e duraturi».
Reid, chi ha paura delle voci delle donne?
«Le persone che non hanno identità al di fuori della loro infinita ricerca di potere e dominio.
Nessuno che sia veramente felice e veramente realizzato può sentirsi minacciato dalla libertà degli altri».