La Lettura, 2 marzo 2025
Blake Bailey. Il biografo degli scandali si difende
Era il libro più atteso del 2021: la biografia di Philip Roth scritta da Blake Bailey. Novecento pagine, quasi dieci anni di ricerche. «Capolavoro», la definisce Cynthia Ozick sulla «Book Review» del «New York Times». Altrove, però, il libro viene bollato come «la fantasia di vendetta di Roth» contro le donne della sua vita, e il biografo «straordinariamente allineato con la sua misoginia». Contemporaneamente, ex alunne di una scuola media accusano Bailey di averle manipolate psicologicamente quando era loro insegnante per farvi sesso da maggiorenni. Una lo accusa di stupro. Altre accuse arriveranno. È un terremoto, la biografia viene ritirata dal mercato. Ora, in un memoir sulla vicenda, Canceled Lives, Bailey fornisce la sua versione dei fatti, e fa delle ammissioni. Che ci impongono la domanda: dove si ferma, se si ferma, la presunta sacralità della letteratura?
Perché ha scritto questo libro? È in cerca di riabilitazione, vendetta?
«Di certo non vendetta. Riabilitazione, forse. Ho tenuto una condotta sessuale sconsiderata e offensiva, ma non ho fatto nulla di illegale, e nel mio libro cerco di spiegarlo. Ho voluto anche scrivere di mio padre perché gli volevo un gran bene, e perché era un uomo la cui condotta pubblica era irreprensibile. Uno degli aspetti peggiori del mio scandalo è stato il dolore e l’imbarazzo che gli ho causato poco prima che morisse, quando era finalmente orgoglioso di un mio risultato».
Scriverebbe la biografia di Roth in modo diverso oggi, magari smorzando certe descrizioni femminili definite misogine?
«Ritengo che il mio sia un libro importante: l’unica biografia autorizzata di quello che è probabilmente il più grande scrittore americano del dopoguerra, notoriamente geloso della sua privacy e che però ha deciso di collaborare senza riserve con me. Credo di essere stato all’altezza, di aver scritto un libro che merita di restare. Per questo mi è difficile provare rimorso, al netto del bailamme che ne è derivato. Se ammorbidirei le descrizioni di alcune donne della vita di Roth? Forse un po’ ma non molto. Quello che ho scritto è una rappresentazione fedele e relativamente simpatetica delle mie fonti».
Un suo precedente memoir sulla vicenda era stato bloccato dall’esecutore testamentario di Roth. Questo nuovo libro omette materiale che lo stesso ha trovato discutibile. Ritiene di aver macchiato in modo indelebile l’eredità di Roth con il suo scandalo?
«Sono mortificato per quanto è accaduto. E sì, credo si possa dire che l’eredità di Roth sia stata macchiata, anche se alcuni ne chiedevano la cancellazione ben prima che arrivassi io. Spero che il pubblico torni a concentrarsi sui suoi magistrali risultati letterari. Mi piace pensare che, col tempo, la mia biografia aiuterà tutto questo, anziché ostacolarlo».
Con questo libro lei presta il fianco a domande molto personali. Crede che la attaccheranno o che la ignoreranno?
«Penso che chi mi ha insultato quattro anni fa lo farà di nuovo, anche se è possibile che mi ignorino. Idealmente la reazione sarà una via di mezzo: non palate di m. ma neanche il silenzio totale, perché vorrei che la gente si chiedesse se le accuse sui comportamenti privati di un autore o di un pittore, un regista o quello che sia, debbano portare al ritiro del suo lavoro».
Invidiava le conquiste femminili di Roth?
«Non ho mai invidiato il suo saperci fare (se così si può dire) con le donne. Questo aspetto della vita di Philip era spesso un disastro totale, e nel mio libro lo descrivo come tale».
Perché è andato a letto non con una ma addirittura con varie ex alunne? Non ha pensato che anche dopo alcuni anni i rapporti di forza tra voi sarebbero stati estremamente sbilanciati?
«Andare a letto con le proprie ex allieve, per non parlare di quelle attuali, cosa che non ho mai lontanamente preso in considerazione, è quasi sempre un terribile tradimento, e me ne vergogno profondamente. Sono certo che tutte detestano quanto accaduto. Vorrei non averlo fatto (enorme eufemismo) perché, tra le altre cose, ora si chiedono se il mio interesse per loro fosse soprattutto sessuale, il che ha un impatto sulla loro autostima. Tanto più sapendo, ciascuna di loro, di non essere stata l’unica».
Una di loro, Eve, con la quale sostiene di non aver avuto alcun rapporto sessuale, l’ha accusata di stupro. «Avevo 12 anni», è il titolo del suo «personal essay» per il magazine «Slate»: «Bailey era il mio insegnante preferito. Anni dopo mi ha presa con la forza». Perché pensa che Eve l’abbia accusata di una cosa tanto grave?
«Non ho una finestra sulla coscienza di Eve, e non posso sapere perché abbia raccontato quanto ha raccontato. Come scrivo in Canceled, le feci un’avance sconveniente; non facemmo sesso. E negli anni successivi mi scrisse molte email amichevoli, solitamente firmate con “xo” (bacio, abbraccio, ndr) e simili. Questi sono i fatti. Non ho intenzione di speculare sulle sue motivazioni».
Eve non è stata l’unica. Perché pensa che «Victoria», pseudonimo di una dirigente editoriale, l’abbia accusata di stupro?
«Nel 2018, “Victoria” aveva inviato un’email con uno pseudonimo al “New York Times”, al mio editore, Norton, e al presidente della Old Dominion University, dove ero stato visiting professor, accusandomi di aver fatto “sesso anale non consensuale” con lei nel 2015. Avevo negato con forza, e la questione è rimasta in sospeso per tre anni. Poi, due settimane dopo la pubblicazione della biografia di Roth, la storia dello stupro di Eve è apparsa sul “New Orleans Times-Picayune”, e il “New York Times” ha contattato “Victoria” chiedendole di confermare, in forma non anonima, la precedente email. Cosa che ha fatto. Nel mio libro fornisco la mia versione della storia».
A pagina 23 di «Canceled» lei dice di essere andato a letto con ex alunne solo quando erano maggiorenni, mai con minorenni. Ma a pagina 102 scrive di essere «andato a letto con Mya (due volte) quando aveva 17 anni».
«Mi riferisco ad “adulti legali”, cioè persone che hanno raggiunto o superato l’età legale del consenso in un determinato Stato Usa: 17 anni era l’età legale del consenso, o superiore, all’epoca dei due episodi. Vergognoso da parte mia, ma ero obbligato a menzionare il peggio di ciò che avevo fatto nel tentativo di chiarire ciò che non avevo fatto».
Sua moglie rimase sconcertata leggendo, in una bozza della biografia, di come Roth, da professore all’università della Pennsylvania, avesse un amico, un preside, che sceglieva per lui studentesse carine e «impressionabili» dalla lista d’attesa per il suo corso sovraffollato. Sua moglie le raccomandò di mostrare maggiore disapprovazione nei confronti di quella situazione.
«Il compianto Jim Atlas e io eravamo soliti discutere sulla questione, per lo più estetica, se noi biografi dovessimo essere troppo apertamente censori nei confronti dei nostri soggetti, come Atlas lo era stato nei confronti di Saul Bellow. L’amico di Roth all’università della Pennsylvania era il defunto Joel Conarroe, uno degli uomini più gentili e rispettabili che abbia mai conosciuto. Nel mio libro, chiarisco quanto fosse dispiaciuto, a posteriori, del suo ruolo in tutto questo».
Suo padre definiva «devianti» i soggetti delle sue biografie. Ora sta scrivendo di un altro scrittore americano, James Salter, non immune da accuse di sessismo.
«Scrivo di ogni genere di persone complicate: alcolisti bisessuali come John Cheever e Charles Jackson ed eterosessuali considerati lascivi come Roth e Salter. I lettori possono trarre le conclusioni che vogliono».
La «cancel culture» ha distrutto vite e carriere, e questo è ingiusto. Ma non crede che un esame di coscienza da parte del mondo così maschilista in cui viviamo fosse necessario?
«Sono pentito dei miei comportamenti ma rimango molto orgoglioso del mio lavoro, e preferirei che venisse giudicato in base ai meriti, senza riferimenti alle mancanze morali reali o immaginarie del suo autore».