Corriere della Sera, 2 marzo 2025
Mosca, tra il silenzio di Putin e gli applausi: «Per Zelensky un’esecuzione politica»
Dopo tutto questo rumore, forse la cosa più importante è il silenzio. Hanno parlato tutti i leader mondiali, tranne uno. Vladimir Putin può permettersi di non commentare, almeno non a caldo. Il presidente russo si trova ormai da un mese in una condizione ottimale, quasi a sua insaputa. Sta facendo tutto Donald Trump, il nuovo amico americano. Non c’è alcun dubbio sul fatto che il Cremlino abbia apprezzato il «momento di grande televisione» di venerdì sera. Putin ha sempre ribadito che in qualche modo avrebbe raggiunto gli obiettivi che si era prefisso quando tre anni fa lanciò l’Operazione militare speciale. Quel che è accaduto nello Studio Ovale della Casa Bianca con Volodymyr Zelensky non fa altro che rinforzare una convinzione espressa più volte, l’ultima delle quali giovedì all’annuale incontro con i vertici dell’Fsb, il servizio segreto russo, con un discorso lungo una decina di minuti il cui senso potrebbe essere riassunto in una sola frase: i fatti ci stanno dando ragione.
«Politicamente morto»
Ma a parlare per Putin, rivolgendosi alla pancia della sua gente, ci pensano i vari canali televisivi, che hanno dato vita a una discreta gara di vilipendio nei confronti di quello che in molti commenti è stato definito come «un uomo politicamente morto». Inutile specificare di chi si tratta. Rapida carrellata dei principali titoli. Rossiya24, il canale di informazione continua: «Donald Trump ha umiliato Zelensky». Rossiya1, equivalente della nostra Rai 1: «Esecuzione capitale-politica, e un nuovo risvolto nella diplomazia moderna». Primo canale: «Catastrofe diplomatica, spettacolo terrificante, tutto il mondo ha finalmente visto la vera faccia del presidente ucraino». Quest’ultima rete propone un servizio che comincia così: «Senza alcuna vergogna per il suo pessimo inglese, Zelensky si è comportato come a casa sua, con conseguenze catastrofiche per lui e per il suo Paese».
Il primo a commentare
Contano i fatti e le immagini, più delle parole. Sulla stampa ufficiale russa e nei commenti dei presunti esperti e dei politici, prevale la semplice presa d’atto dei fatti, venata da un certo compiacimento. Tralasciando il solito Dmitry Medvedev, il primo a commentare su Telegram definendo «maiale ingrato» il presidente dell’Ucraina, è più significativo l’intervento lapidario di Kirill Dmitriev, assistente di Putin, capo del Fondo investimenti diretti e recente negoziatore tra Russia e Usa a Riad: «Ormai è storia» scrive, riferendosi a Zelensky senza mai nominarlo. Gli fa eco Georgy Asatrian, ricercatore dell’Istituto di strategia ed economia militare ed esperto del Consiglio russo per gli affari internazionali, insomma uno dei pochi che ogni tanto viene davvero consultato dal Cremlino. «Quello che è successo alla Casa Bianca è al tempo stesso una catastrofe e una gogna per Zelensky» afferma, prefigurando una rapida fine della carriera del presidente ucraino. «La sua performance è indicativa dell’assenza di qualsiasi statualità in Ucraina, e nel complesso rende evidente il fatto che proprio la persona di Zelensky è una delle cause dell’Operazione speciale». Gongola il capo della Commissione esteri della Duma Leonid Slutsky, che sembra negare al nemico, che chiama «ucrofuhrer», la capacità di stare ai tavoli importanti. «Si è mostrato debole. Il suo intelletto non gli consente di condurre dignitosamente i colloqui con i pesi massimi mondiali. La politica è l’arte del possibile, e non del dammi, dammi».
È come se la lite alla Casa Bianca avesse rinforzato lo status di capro espiatorio attribuito già da lungo tempo a Zelensky. Se qualcosa andrà male nei negoziati con gli Usa, la colpa sarà comunque sua. Marina Akhmedova, direttrice dell’agenzia online Regnum e membro del Consiglio per i diritti umani presso il presidente, opera una sorta di ribaltamento storico: «La guerra è connessa con una sola persona. A Washington è stato ricordato a questo individuo che esiste il rischio di una guerra nucleare, e tu da solo e solo per te stesso non hai il diritto di giocare con tutto questo. Zelensky non pensa al suo Paese, ma a sé stesso». Ma anche l’opposizione all’estero, nella persona della pubblicista Yulia Latynina, autrice di Novaya Gazeta, riconosce la portata di quanto avvenuto alla Casa Bianca: «Zelensky ha appena perso la guerra. È molto probabile».
Attacchi all’Europa
Pochi si avventurano a disegnare scenari futuri. La diffidenza generale verso gli Usa rimane forte, un sentimento difficile da estirpare, con il quale forse anche Putin dovrà fare i conti. Ma è curioso come molte analisi finiscano sempre per battere sul secondo nemico pubblico, l’Europa. Uno per tutti, il senatore Aleksej Pushkov, capo della Commissione per la politica nell’informazione della Camera Alta: «C’era la sensazione che gli euro dirigenti, invisibili ma numerosi come degli ultrà, stessero alle spalle di Zelensky per aizzarlo. E subito dopo l’Unione europea ha dichiarato che al mondo libero serve un leader come lui. Se Trump aveva bisogno di un pretesto per rompere con l’Europa e per punirla, ora ne ha a sufficienza».