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 2025  marzo 01 Sabato calendario

Con i tagli alla ricerca si «uccide» il futuro

Mala tempora, per l’Università italiana. Che occupa un posto marginale nell’agenda del governo Meloni.
Dalla riforma Gelmini (2008~2010), il sistema dell’alta formazione è in attesa di un serio e radicale ripensamento. A questa stasi si aggiungano i recenti tagli del ministro Bernini. Per la prima volta dal 2015, il Mur ha drasticamente ridotto il Fondo di finanziamento ordinario; e ha chiesto agli atenei di farsi carico della quota più consistente del Piano straordinario previsto dall’ex ministro Messa.
Per sopravvivere a tali scenari, tante Università hanno congelato le prese di servizio per il 2025, bloccato il turn over, tagliato i fondi alla ricerca, moltiplicato gli insegnamenti senza retribuzione, ridotto l’offerta formativa. Una situazione drammatica, aggravata dalla decisione del governo di investire una cifra del tutto inadeguata per i nuovi contratti di ricerca. Che fare? È il momento di invertire la rotta. Destinando risorse adeguate a questo settore politicamente strategico. È, questo, l’unico modo per dimostrare di credere davvero nella ricerca, nella formazione. Nel futuro. Perché non sostenere questo comparto significa ferire a morte quel «principio speranza» di cui aveva parlato Ernst Bloch che, da secoli, viene coltivato dalle Università. Snodi decisivi nella vita della polis, che formano eccellenze, conservano e arricchiscono saperi. Templi del pensiero critico e della democrazia, che offrono gli strumenti per interrogare la storia. Per imparare ad abitare il presente.