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 2025  marzo 02 Domenica calendario

Fini: “I veri patrioti sono gli ucraini. La destra non esiti e stia con loro”

Gianfranco Fini nel 2002 partecipò come rappresentante italiano alla convenzione che scrisse la costituzione europea, il momento in cui l’Unione si avvicinò di più a quegli Stati Uniti d’Europa di cui molti – di fronte agli schiaffi di Trump – rimpiangono l’assenza. Da ex ministro degli Esteri fa suonare oggi «l’allarme rosso» per l’Europa e per l’Ucraina. Non ha difficoltà ad aderire alla proposta di Serra di una piazza per l’Europa, salvo precisare che «è stata l’idea di un’Europa burocratica portata avanti dalla sinistra a determinare una crisi di rigetto in molti elettori».
Cosa è successo alla Casa Bianca tra Trump e Zelensky?
«È accaduto l’impensabile. Zelensky c’era andato disposto a firmare l’accordo sulle terre rare e Trump, dopo gli incontri con Macron e Starmer, aveva dato l’impressione di essersi ammorbidito. Poi le modalità dell’incontro, con la diretta tv e Vance che ha fatto di tutto per provocare, lasciano pensare che si sia trattato di una trappola».
Trump ha umiliato Zelensky in mondo visione. Perché l’ha fatto?
«È stata una vendetta per la vicenda di Hunter Biden? L’impossibilità per Trump di non assecondare Putin? La convinzione di essere onnipotente? Quale che sia la versione corretta – forse tutte e tre insieme lo sono – siamo all’allarme rosso».
Senza il sostegno americano l’Ucraina è spacciata, lo riconosce in primis Zelensky. Dunque come se ne esce?
«Non è nemmeno da escludere che Trump faccia ancor di peggio di quello che ha già fatto, ovvero arrivi a minacciare l’uscita degli Stati Uniti dalla Nato. Un’ipotesi che può apparire oggi inverosimile, ma se il popolo ucraino mostra la volontà di resistere e combattere fino all’ultimo e, soprattutto, se l’Unione europea continua a sostenere l’Ucraina, l’inverosimile può diventare realtà».
L’Europa deve continuare a difendere l’Ucraina?
«Non può fare altrimenti se non intende scomparire come entità politica e ridursi a spettatrice impotente e impaurita di un nuovo ordine mondiale ridisegnato tra Usa, Russia e Cina. Anche per questo il vertice di Londra è decisivo».
Cosa possono fare gli europei in concreto?
«Anzitutto devono continuare a sostenere Kiev con forza. Per far questo è arrivato il momento di utilizzare gli ingenti capitali russi congelati dopo le sanzioni. Con pari forza l’Ue deve ribadire l’amicizia storica con gli Usa, ma anche far capire agli americani che non possiamo considerare una pace che premia l’aggressore e umilia un popolo europeo aggredito. La terza cosa è la volontà di dotarsi di forze armate capaci di difendersi congiuntamente. E in questo la presenza della Gran Bretagna, che è l’unica oltre la Francia ad avere anche una deterrenza nucleare, è fondamentale».
C’è un messaggio politico che dovrebbe uscire dal summit di Londra?
«È molto semplice: se l’Ue non fa capire alla Casa Bianca che la libertà, la democrazia e l’autodeterminazione dei popoli sono valori fondanti dell’Occidente e su questi valori non può transigere, si condanna all’autodissoluzione, scompare come comunità di destino. Mi rendo conto che è un compito molto difficile, ma se non ora quando?».
Gli amici di Putin non stanno solo a Washington, sarà difficile arrivare all’obiettivo…
«È vero, l’Ue è più divisa di quello che sembra. Non c’è solo Orban, in Italia ad esempio abbiamo Salvini e Conte. E comunque non è facile per nessuno dire ai cittadini europei che, siccome non sappiamo se ci sarà ancora l’ombrello americano, dobbiamo spendere di più per la difesa. Ma è l’unica strada possibile se l’Europa vuole almeno provare ad avere uno scatto di reni».
L’Italia cosa dovrebbe fare?
«Giorgia Meloni ha fatto bene a proporre a caldo un vertice immediato Ue-Usa per riavvicinare le sponde dell’Atlantico. Il governo però non deve avere esitazioni su questa linea filoeuropea e pro-ucraina, anche perché sarebbe perfettamente compresa dagli elettori del centrodestra. Siamo quelli che andavano in piazza per Jan Palach: la destra non può avere dubbi e non sapere da che parte stare».
Una volta la destra, penso a De Gaulle ma anche al Msi di cui lei è stato l’ultimo segretario, sognava un’Europa terza e indipendente tra Usa e Urss. Ora invece i “Patrioti”, il gruppo che comprende Orban e Salvini, sono sdraiati su Trump. Come è possibile?
«È un controsenso politico. Se lo facessero spiegare dagli ucraini cosa vuol dire essere patrioti europei. Quando c’erano i carri armati alle porte di Kiev, le donne ucraine preparavano le molotov. Persino a sinistra hanno capito che l’Ucraina va difesa. Il problema semmai è come. Vanno benissimo le marce della pace e le preghiere, ma servono anche i carri armati».
Michele Serra ha proposto una piazza per l’Europa, una manifestazione per far vedere che esistiamo.
«È una proposta sensata, non avrei difficoltà ad aderire. Certo, poi bisogna chiedersi l’Europa come la intendiamo. Una volta chiarito che deve avere una sua autonomia e identità, l’idea di Ue portata avanti dalla sinistra ha determinato anche rigetto: burocrazia, pervasività nelle vicende nazionali, un green deal che avrebbe messo a terra buona parte dell’economia. È giusto pensare a iniziative comuni per rilanciare l’idea europea, ma bisogna condividere anche che tipo di Europa vogliamo costruire e, soprattutto, cosa fare per l’Ucraina»