la Repubblica, 2 marzo 2025
Carte false
In un piccolo ufficio di Milano, a due passi da Porta Nuova, un dirigente di una nota società di assicurazioni riceve un manager di una grande azienda di costruzioni del Paese. L’impresa edile è capofila di un consorzio che ha appena vinto gare pubbliche per un valore di circa un miliardo di euro. E, come prevede la norma sugli appalti, deve garantire all’ente pubblico una fideiussione che risarcisca lo Stato in caso di mancato rispetto del contratto o fallimento. In Italia è difficile avere questo tipo di polizza o garanzia bancaria. Nel nostro Paese la gran parte delle banche e delle società di assicurazione non erogano questo servizio: per i vincoli che impongono gli organismi di controllo, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) e la Banca d’Italia; ma anche per la difficoltà di valutare l’affidabilità dell’azienda e probabilità che l’appalto vada in porto. E quando, raramente, erogano questo servizio chiedono “premi” molto elevati. Ecco perché in Italia prolifera un mercato sommerso che spesso fa a capo a sigle estere e semisconosciute.
Tornando al nostro appuntamento a Milano, questa volta la conversazione tra il broker e il delegato dell’impresa fila liscia: il manager trova grande disponibilità da parte della società assicurativa che quindi emette la polizza. Ma c’è qualcosa di strano nel foglio prestampato per la firma. Si fa riferimento a una nota banca che garantisce la polizza. E c’è un indirizzo pec che non risulta nel sito ufficiale né della società assicurativa né della banca. Il manager dell’impresa di costruzioni si insospettisce e va nella sede principale dell’istituto citato nell’attestato della fideiussione: scoprendo che nessuno sapeva di questa garanzia. Perché era del tutto finta. E questo non è un caso isolato.
Una grande truffa nei confronti dello Stato ha preso forma e ancora non è emersa in tutto il suo scandalo, ed è quella delle finte fideiussioni negli appalti pubblici. Un mercato che vale 1,5 miliardi di euro (nella parte regolare) solo di premi e che è esploso negli ultimi anni grazie al fiume di denaro arrivato anche con il Pnrr. In sintesi: il rischio è che molti degli appalti avviati con i fondi europei siano al momento garantiti da finte fideiussioni. Perché in un mercato che dovrebbe assicurare Comuni, Regioni, ministeri, le polizze rischiano di essere carta straccia: i premi versati dalle aziende che hanno vinto gli appalti invece sono veri. Quindi alla fine i truffati sono due: lo Stato e gli imprenditori. Secondo i dati della Guardia di finanza tra il 2017 e il 2024 le truffe in questo campo hanno superato i 3 miliardi di euro di valore, solo come premi. E i controlli per evitare questa doppia truffa? In Italia il settore, molto particolare e di nicchia, e cioè quello sulle garanzie sugli appalti pubblici, è simile a un far west.
Mancano i controlli: da anni si attende la costruzione di un database unico delle polizze emesse regolarmente da banche e società di assicurazione. Ma nel frattempo, nonostante i rilievi di Ivass e Anac, come si fanno le verifiche su queste polizze che valgono milioni e spesso garantiscono appalti miliardari? Scrivendo all’indirizzo pec che si trova sul sito di chi ha emesso la fideiussione: siti e pec spesso taroccati. Proprio così: nell’era dell’intelligenza artificiale un mercato miliardario come questo viene controllato con mezzi ormai del secolo scorso.
Un broker racconta le truffe in corso
Nel nostro Paese quelli che da anni operano nella trasparenza e per le grandi compagnie assicurative italiane ed europee sono non più di una trentina. Un broker racconta a Repubblica come in questo momento, senza che gli enti pubblici lo sappiano, siano in corso almeno tre grandi truffe portate avanti da alcuni gruppi compiacenti. “La prima riguarda il proliferare di alcune fideiussioni che sono legate a banche e società che non potrebbero operare in Italia e che invece lo fanno, magari schermandosi attraverso fantomatiche sedi in Paesi Ue”, racconta il broker, che entra nel dettaglio: “Ad esempio ho visto circolare fideiussioni erogate a imprese di Napoli per appalti del Pnrr attraverso un istituto bancario cinese che avrebbe una sede in Lussemburgo. In questo caso ho verificato che la banca esiste in Cina, ed è quotata anche alla borsa di Shanghai e opera nel nostro Paese attraverso la filiale lussemburghese. Ma non potrebbe rilasciare questo tipo di garanzie. E in ogni caso l’intermediario che sta promuovendo queste polizze dà dei certificati che sono difficilmente verificabili all’origine, cioè in Lussemburgo e a Shangai”.
Una seconda truffa in corso, che riguarderebbe anche enti importanti del Lazio, invece starebbe avvenendo attraverso i broker di “una sedicente banca della Lettonia”. “Un istituto che a un controllo ulteriore fatto da me – racconta la nostra fonte – altro non sarebbe che un intermediario finanziario gestito da soggetti italiani. Quindi non solo non potrebbe rilasciare alcuna fideiussione per appalti pubblici, che possono rilasciare solo banche e assicurazioni. Ma per giunta a una verifica fatta nel concreto della fideiussione, questa sarebbe coperta da un sistema complesso di deposito titoli difficilmente tracciabile”.
La terza truffa in corso è stata appena scoperta e ci era stata raccontata dal broker anonimo. L’Ivass ha appena pubblicato un avviso per le polizze assicurative negli appalti emessi attraverso il simbolo della società svedese Visenta insurance company. Qui la truffa è stata davvero ingegnosa. Formalmente Visenta ha un’autorizzazione, diciamo così, a operare in Italia nel ramo assicurativo comparendo anche nell’elenco delle imprese europee che possono vendere prodotti nel nostro Paese: elenco pubblicato sul sito dell’Ivass. Ma la casa madre non ha mai utilizzato questa autorizzazione, perché di fatto al momento ha tutto il suo business concentrato nelle assicurazioni al gruppo leader europeo dell’acciaio, Outokumpu. I truffatori, all’insaputa della società svedese, hanno invece venduto finte polizze a una miriade di imprenditori italiani che avevano, e hanno ancora, appalti in corso anche attraverso i fondi del Pnrr. La società svedese, non operando nel libero mercato, non ha nemmeno un sito. Ma i truffatori hanno messo in piedi un sito online finto dove hanno caricato le finte polizze, rendendo impossibile per i dirigenti di Comuni o Regioni la concreta verifica della veridicità del contratto e della fideiussione.
La scorsa settimana l’Ivass ha emanato un avviso pubblico: “Si segnala che l’impresa non dispone di alcun sito web, né è titolare di un dominio e non ha un marchio registrato, pertanto il sito internet https://visenta-insurance.com non è a lei riconducibile; e gli indirizzi pec visenta@legalmail.it e cauzioni.visenta@legalmail.it non sono a lei riconducibili”.
L’Ivass ha convocato quindi i dirigenti della vera compagnia svedese: “Erano all’oscuro di tutto quello che stava accadendo in Italia e di come dei truffatori stessero utilizzando il loro marchio – dicono dall’Ivass – sapevano di poter operare nel ramo assicurativo in Italia ma non avendo mai venduto polizze nel nostro Paese non si erano preoccupati di cancellarsi dall’elenco. Sono rimasti molto colpiti dall’ingegnosità della truffa”. Adesso è partita una segnalazione alla Guardia di finanza, ma il broker anonimo conferma a Repubblica: “Questa era una truffa che era diventata nota nel nostro settore e sono state tante le imprese, e gli enti locali, ad esserci cascati: perché i truffatori rispondevano alle pec prontamente e comunicavano le finte polizze come se fossero vere. Era praticamente impossibile per i dirigenti delle stazioni appaltanti fare ulteriori verifiche, perché nessuno sapeva che Visenta in Svezia non aveva nemmeno un sito, e quindi tutti pensavano che il vero sito fosse quello fatto dai truffatori”.
C’è in realtà una quarta possibile truffa, ma qui sono in corso accertamenti e il caso sarebbe già sul tavolo della Banca d’Italia: un istituto elvetico, che però non è una banca vera e propria ma un ente finanziario, che non è iscritto in nessun elenco di vigilanza italiano, né all’Ivass né in Bankitalia, attraverso intermediari e nonostante non abbia nessuna sede fisica in Italia, ha rilasciato polizze fideiussorie a decine di imprese che hanno a che fare con appalti, in gran parte Pnrr, in quasi duecento Comuni. Il rischio che si tratti di polizze che se chiamate a rispondere di danni risulteranno inutilizzabili, è a dir poco alto.
Le truffe sugli appalti del Pnrr
Pochi giorni fa si è conclusa una grande inchiesta della Guardia di finanza proprio su una truffa nelle fideiussioni nel settore degli appalti pubblici. Una indagine che ha portato a sequestri e perquisizioni tra Milano, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Rimini, Parma, Ferrara, Mantova, Rovigo e Potenza.
Le indagini, coordinate dalla procura di Milano, sono iniziate dopo una denuncia della Rizzani De Eccher spa, un colosso nel settore delle costruzioni che in pancia ha contratti per miliardi con gli enti pubblici. L’azienda dell’omonima famiglia di Udine ha presentato una denuncia alla Finanza per una “falsa fideiussione bancaria per circa 30 milioni di euro, fraudolentemente attribuita all’Istituto Banco Bpm e utilizzata dal raggruppamento di imprese composto anche da Manelli e Sacaim nell’ambito di un appalto indetto da Rete ferroviaria italiana per la realizzazione di una tratta della linea ferroviaria Palermo – Catania”. In questo caso la fideiussione sarebbe stata “venduta” alle aziende da dirigenti di due società di brokeraggio, che esistono veramente ma che sarebbero state anche loro truffate, con sede a Milano e in Scozia. Si legge nei decreti di perquisizione emessi dalla procura di Milano: “In particolare, le investigazioni hanno permesso di constatare che la falsa fideiussione si inquadra nell’ambito dell’operatività di uno strutturato sodalizio, attivo a livello transnazionale, avente quale fine prioritario la realizzazione di molteplici attività illecite quali l’emissione di false garanzie, l’illecito conseguimento di finanziamenti pubblici e il riciclaggio ed autoriciclaggio degli ingenti proventi illeciti acquisiti, veicolati mediante l’utilizzo di società estere appositamente costituite. Le indagini hanno consentito di segnalare 15 soggetti e di individuare 143 garanzie fideiussorie mendaci, per un importo garantito pari a circa 350 milioni di euro e premi incassati per oltre 6 milioni”.
Questa indagine ha avuto un filone anche a Venezia. In questo caso un secondo raggruppamento di imprese (le indagini sono ancora in corso e i nomi sono omissati) “aggiudicatario di un appalto nella provincia di Venezia di importo a base d’asta di 473 milioni di euro e di altro appalto in Sicilia di importo a base d’asta di oltre 588 milioni di euro, ha dolosamente occultato alla procedura il proprio conclamato stato di crisi e ha utilizzato una falsa fideiussione bancaria. Entrambe le opere sono finanziate con fondi Pnrr”. Le indagini hanno rivelato che, tra il 2020 e il 2023, l’organizzazione ha rilasciato 109 garanzie, di cui 84 abusivamente e 25 false.
La punta dell’iceberg
Quelle appena concluse dalla Guardia di finanza sono operazioni che hanno a che fare con grandi appalti e con i fondi del Pnrr. Ma spesso le truffe, messe a segno da questi tre quattro gruppi che operano in Italia, riguardano i Comuni e le Regioni: in Puglia è scoppiato il caso delle mancate bonifiche sulle discariche dismesse, e il procuratore di Trani Renato Nitti si è posto anche un altro problema: “Sarebbe necessario accertare come è possibile che le fideiussioni prestate non siano immediatamente verificate dagli enti locali e perché comunque non siano successivamente escusse”.
Un caso recente si è scoperto a Piacenza. Qui tutto nasce da un appalto per l’affidamento di un parcheggio comunale. Con l’azienda che ritarda il pagamento dei canoni di concessione e il Comune che va quindi a vedere la polizza assicurativa scoprendo come questa fosse del tutto falsa. I dirigenti del Comune si rendono conto che la fideiussione presentata dalla società Piacenza Parcheggi-Gps a copertura del canone che ogni anno la stessa deve versare al Comune per gestire i parcheggi blu di tutta la città, sia stata contraffatta. Il valore era di 1,2 milioni di euro e a dichiararne la falsità è stata la stessa società, raggirata e vittima come il Comune dei truffatori.
La polizza era stata emessa da una fantomatica società spagnola. A confermare questa storia è stata la stessa sindaca Katia Tarasconi in Consiglio comunale: “Ci è arriva una mail da Piacenza Parcheggi. Ebbene, la fideiussione del 2022, è da ritenersi falsa. La società si dichiara inconsapevole di un raggiro meschino”. Dopo la denuncia è scattata una indagine coordinata da Grazia Pradella, procuratore capo di Piacenza, che ha emesso mandati di sequestro e perquisizione in mezza Italia scoprendo, solo per il gruppo che ha truffato il Comune, “polizze fideiussorie, ritenute contraffatte, per un totale di circa 185 milioni di euro”. “I provvedimenti – ha detto Pradella – si sono resi necessari a seguito dell’individuazione dell’autore dei documenti falsi e del rinvenimento, nella sua disponibilità, di consistente materiale informatico. Le attività – avviate in molte città, tra cui Piacenza, Roma, Palermo, Messina, Genova, Firenze – si sostanziano nell’acquisizione di documentazione, presentata da soggetti economici privati, a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni previste per l’aggiudicazione di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture”.
Tre miliardi di truffe
La convinzione degli investigatori è che quello che sta emergendo sia solo la punta dell’iceberg. Tra il 2017 e il 2020 soltanto le Fiamme gialle hanno accertato volumi di illeciti finanziari di questo genere per 1,6 miliardi. E altrettanti ne sono emersi tra il 2021 e il 2024. In una operazione del 2017 a Brescia, tra le prime a far emergere questo mercato nero, sono state scoperte polizze fittizie per premi che valevano 556 milioni. Qui faceva capolino la Camorra. L’indagine era partita da un traffico illecito di rifiuti e dietro c’erano alcuni esponenti del clan Mallardo. Nell’aprile del 2019 ad Ancona sono state scoperte 677 polizze prive di valore, ma con premi incassati per 875 milioni.
C’è anche un tema di mancate verifiche da parte dei dirigenti pubblici, che spesso però non hanno le competenze o le conoscenze per farle. Lo scorso anno l’Anac ha sollevato il caso del consorzio Valle della Lucania, accusando l’ente pubblico di “mancata vigilanza sulla fideiussione e non adeguata verifica sulla genuinità della polizza”. L’appalto riguardava il miglioramento e adeguamento del sistema irriguo alimentato dalle dighe Carmine e Nocellito nel Comune di Cannalonga per un importo di 5,9 milioni di euro. Secondo Anac, vi è stata “non adeguatezza delle misure utilizzate dalla stazione appaltante in merito alle omesse verifiche, propedeutiche all’erogazione dell’anticipazione, in ordine alla idoneità della polizza fideiussoria, a causa dell’inosservanza dei doveri di diligenza, prudenza, perizia” dei pubblici dipendenti. In sostanza, sottolinea l’Autorità, non era emerso che “la stazione appaltante, visti anche i tempi ridottissimi per la concessione dell’anticipazione, abbia effettuato verifiche preliminari circa la bontà della polizza fideiussoria a garanzia dell’anticipazione in questione": “Non è stata interpellata direttamente la compagnia di assicurazione che aveva emesso la polizza, risultata poi contraffatta”.
L’obsoleto sistema dei controlli
Dopo il caso del consorzio della Valle della lucania, e anche della società Veneto Strade spa truffata su una fideiussione per un appalto da 19 milioni di euro, l’Anac lo scorso luglio ha emanato una direttiva: “Le stazioni appaltanti devono verificare sempre la validità delle polizze fideiussorie prima di erogare ogni anticipo così da evitare l’acquisizione di polizze rilasciate da soggetti abusivi, o contraffatte – si legge nel testo – questo va fatto non solo attraverso la consultazione del sito dell’Ivass, ma anche mediante la richiesta diretta alle singole società assicurative che hanno rilasciato la polizza fideiussoria”. Ma cosa prevedono le leggi italiane sulle fideiussioni in materia di lavori pubblici? E come funziona il sistema di controllo?
Il sistema giuridico italiano prevede che per partecipare a una gara di appalto, per stipulare un contratto pubblico, gestire una concessione, per ottenere un’autorizzazione è necessario prestare delle garanzie. La norma prevede che “in tutti i casi in cui è prevista la costituzione di una cauzione a favore dello Stato o altro ente pubblico, questa può essere costituita in uno dei seguenti modi: da reale e valida cauzione in denaro; da fideiussione bancaria rilasciata da aziende di credito; da polizza assicurativa rilasciata da imprese di assicurazione”.
Quindi i soggetti chiamati a vigilare sono diversi, ma ognuno per il suo ramo: bancario o assicurativo. Spesso le truffe riguardano imprese estere che non sono iscritte negli elenchi di vigilanza italiani, all’Ivass o alla Banca d’Italia, e che operano come intermediari. L’Ivass a esempio da tempo sta facendo una grande opera di comunicazione e formazione, rivolta sia alle stazioni appaltati sia alle imprese. E sul suo sito periodicamente pubblica degli avvisi di possibili frodi. “Stiamo notando quindi una maggiore attenzione da parte delle pubbliche amministrazioni”, dicono dall’Ivass.
II problema resta la verifica in tempi brevi e con metodi certi per il funzionario pubblico che si trova davanti una polizza assicurativa che sembra vera. Come nel caso della truffa con il marchio Visenta, andando nel sito o mandando una pec il funzionario riceve risposte, anche se fasulle. Allora come fare? La soluzione è stata trovata nel 2023 con il nuovo codice degli appalti che ha introdotto una norma secondo la quale “la garanzia fideiussoria deve essere emessa e firmata digitalmente; essa deve essere altresì verificabile telematicamente presso l’emittente ovvero gestita mediante ricorso a piattaforme operanti con tecnologie di blockchain”. In sostanza è stata prevista la creazione di una piattaforma unica dove tutti gli enti coinvolti, banche, intermediari finanziari e imprese di assicurazione, dovrebbero pubblicare le polizze realmente emesse dai loro istituti.
Peccato però che questa piattaforma a oggi non sia stata ancora realizzata. A oggi non è possibile per enti pubblici e imprese fare delle verifiche telematiche e certe sulle loro polizze. Insomma, mentre i truffatori hanno a disposizione anche l’intelligenza artificiale per artefare siti, pec, polizze, lo Stato e gli enti di vigilanza hanno ancora armi quasi ottocentesche. L’unica novità è stata l’obbligo di avere una pec ma, come dimostra il caso Visenta, anche questa può essere taroccata. In questo quadro hanno trovato terreno fertile diversi gruppi di truffatori che distribuiscono fideiussioni false. Spesso a clienti che non sono meritevoli di tali garanzie, magari perché hanno interdittive antimafia, situazioni prefallimentari o sono gravati da debiti. Il rischio in questo caso è tutto a carico dello Stato: cioè dei cittadini.