la Repubblica, 2 marzo 2025
Stipendi, la spinta sulle buste paga c’è stata. Ma perde già slancio
Svolta a metà per le buste paga dei dipendenti privati italiani. Col rischio che il recupero che c’è stato sia già arrivato al picco e non lasci un’impronta sulla crescita del Paese. Il nuovo Salary Outlook dell’Osservatorio JobPricing certifica che una ripresa della capacità di spesa i lavoratori l’hanno sperimentata, nel 2024, anche grazie a importanti rinnovi contrattuali a partire da quello metalmeccanico. Nel complesso parliamo di un +3,3% delle buste paga, che si sono portate nella media nazionale a 31.856 euro lordi, contro il +1% dei prezzi. Possiamo dunque registrare il «primo incremento del potere di acquisto degli stipendi negli ultimi dieci anni».
L’andamento di inflazione e buste paga
Piano, ovviamente, con gli entusiasmi. Intanto il bilancio a lungo termine resta assai deficitario: dal 2015 la retribuzione annua lorda (Ral) ha messo insieme una crescita dell’11 per cento, insufficiente a tenere il passo dell’inflazione che è stata del 20,8 per cento. In un confronto internazionale, questa volta su base dati dell’Ocse che ragiona in parità di potere d’acquisto e quindi è più indicativa come fonte di comparazione che per i valori assoluti espressi, subiamo il sorpasso della Spagna. E, considerando anche il costo della vita, i cugini iberici possono dire ormai di avere raggiunto uno standard ben superiore al nostro. Andando poi nel dettaglio delle dinamiche salariali emergono alcuni spaccati interessanti. Intanto a beneficiare del recente miglioramento sono stati gli inquadramenti più bassi: gli operai hanno registrato un incremento della Ral del 4,6% nell’ultimo anno portando la crescita decennale a sfiorare il 14 per cento, miglior risultato tra le categorie professionali. Per i dirigenti, se prendiamo la retribuzione comprese le parti variabili, il saldo del 2024 è negativo dello 0,9% e nel decennio dello 0,4 per cento. Ovviamente parliamo di buste paga meno sensibili al caro-bollette e alimentari sperimentato in questi anni (106.606 euro il lordo fisso per un dirigente contro i 27.266 degli operai), ma è innegabile che l’uscita di profili più “pesanti” sia stato un trend degli ultimi tempi.
L’indice di retribuzioni e costo della vita
Si assottigliano le distanze
La riduzione della distanza tra estremi emerge anche se si guarda alle dinamiche per settore. Infatti, nel comparto industriale, gli ambiti con retribuzioni più basse hanno mostrato incrementi superiori alla media. È vero che i Servizi finanziari restano il settore con le retribuzioni più elevate, con una Ral di 45.461 euro (anche grazie al +15% sfiorato dal 2015 in avanti); mentre nell’Agricoltura (ultima tra i settori) ci si ferma a 26.158 euro. Ma nell’ultimo anno c’è stata una sorta di rivincita degli ultimi: la Ral agricola è salita del 5,2% sul 2023, quella dei servizi del 4% e quella del manifatturiero del 3,8 per cento contro il “risicato” +1,4% della finanza. «La principale dinamica osservata nel mercato retributivo degli ultimi anni – afferma Matteo Gallina, responsabile dell’Osservatorio JobPricing – è una lieve ma continua riduzione dei gap interni, dettata dai rinnovi dei Ccnl e dalla pressione dell’aumento dei prezzi, che ha spinto aziende e istituzioni a supportare la quota di lavoratori che partiva da un livello più basso».
Altri segnali incoraggianti su una possibile evoluzione positiva del mercato delle retribuzioni si captano guardando alle caratteristiche individuali dei lavoratori. Se nell’ultimo anno il +3,3% degli stipendi è stato uguale per uomini e donne, sul lungo periodo il gender pay gap – quantificato in un ancora inaccettabile 7,2% – è leggermente migliorato. Anche se si guarda all’età, sono le buste paga d’ingresso (15-24 anni) a registrare la crescita maggiore sia nell’anno (+4,5%) che nel decennio (+26,4%) forse a testimonianza dell’arrivo di nuove competenze sul mercato, per aggiudicarsi le quali le aziende si mettono in concorrenza.
Il 60% sotto 31mila euro
Possiamo ora dire che gli italiani sono pronti a spendere e spandere? Difficile. Resta un contesto di livellamento al ribasso: il 60% dei lavoratori privati guadagna meno di 31mila euro. La speranza del governo è che il generale recupero di potere d’acquisto, per quanto parziale, si traduca in una spinta ai consumi che possano a loro volta puntellare la crescita asfittica del Pil. Su questo automatismo, però, sarebbe meglio non fare troppo affidamento.
Il bollettino economico Bce di metà febbraio ha chiarito che negli ultimi anni i consumi privati sono aumentati a un ritmo più lento rispetto al reddito disponibile reale. L’inflazione ha «segnato le convinzioni delle persone, inducendo le famiglie a percepire il proprio reddito reale come inferiore a quello effettivo», hanno scritto a Francoforte. E visto che le famiglie regolano le uscite più sulle proprie convinzioni che sui fogli excel, i consumi non ne hanno beneficiato. E gli italiani, in questa capacità di vedere nero nelle proprie tasche, spiccano per pessimismo: la quota di chi non ha percepito gli aumenti, che pure ci sono stati, sfiora il 40 per cento.
L’ulteriore problema è che la spinta al recupero potrebbe aver già raggiunto il picco: la scorsa settimana, la stessa Bce ha calcolato che i salari negoziati nell’Eurozona sono saliti del 4,12% nel trimestre di chiusura del 2024, sotto il picco del 5,42% del terzo trimestre. Un risultato in linea con quanto si aspettavano gli analisti di Barclays e che rafforza le previsioni al ribasso della banca inglese secondo la quale si prospetta ora una «marcata decelerazione» della crescita salariale nel 2025 per tornare sotto il +3% il prossimo anno. Un quadro che rimette l’Italia in coda alla truppa: per le buste paga nostrane, nel settore privato, gli analisti già vedono un più moderato +2,65% nel trimestre finale di quest’anno. «L’aumento delle retribuzioni è stato un segnale positivo – chiosa Federico Ferri, senior partner e ceo di JobPricing – Non siamo sicuri che, tuttavia, questa crescita retributiva si potrà riproporre già nel nuovo anno. Sarà tutto da vedere, per via del contesto economico incerto, delle tensioni geopolitiche e dell’imminente attuazione della Direttiva Ue sulla trasparenza retributiva».