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 2025  marzo 02 Domenica calendario

La legge Hillbilly di Vance lo spietato

«Lei in ottobre è andato in Pennsylvania a fare campagna elettorale per l’opposizione»: dito puntato verso Zelensky, il vicepresidente Vance lancia l’affondo finale al presidente ucraino dal divanetto giallo dello Studio Ovale, in una recita costruita ad arte. Lo scopo: mettere in cattiva luce Zelensky, ridicolizzarlo agli occhi del pubblico americano, e rendere più sensata e accettabile questa pace con Putin che è invece una resa dell’Ucraina.
Nulla in quella scena a favore di telecamere è successo per caso. La discussione violenta non è stata un “incidente” di percorso. Trump che assiste imbronciato alla messa in scena del suo vice che attacca il presidente ucraino come mai era accaduto, nella storia, tra le mura dello Studio Ovale. Giornalisti attoniti. Poteva sembrare che Vance stesse difendendo il suo Presidente dall’atteggiamento di Zelensky che rifiutava di chinare il capo. Invece no. Vance non stava difendendo Trump. Vance stava interpretando JD Vance in purezza. Un uomo duro, solido che calcola ogni mossa. Ricordate i suoi silenzi nelle ore subito dopo il giuramento di Trump? Qualcuno lo aveva già archiviato come l’ennesimo vicepresidente muto nell’ombra, lanciandosi in arditi paragoni con la sbiadita Kamala Harris, silenziosa e irrilevante, nella scia di Biden. Errore. JD Vance sta zitto quando pensa che sia il momento di costruire la mossa successiva. Non anticipa. Non si scopre. JD sa combattere, sa fare a pugni, conosce le risse come solo un vero Hillbilly (il buzzurro degli Appalachi) conosce.
È cresciuto tra le colline più povere e ruvide di tutti gli States. Dove i bianchi vivono in spaventose stamberghe tra gli alberi, si ingozzano di cibo tossico e ipercalorico e campano di qualche magrissimo sussidio statale dopo la chiusura delle miniere. E i ragazzini fanno a botte nei boschi. Vance ha vissuto un’infanzia fatta di inverni in Ohio, accanto all’acciaieria dove lavorava il padre, a vedere la madre distruggersi con la droga e nessun futuro possibile all’orizzonte. Le estati, un momento di sollievo e vera libertà a Jackson, Kentucky, casa della nonna. JD torna spesso qui, lo raccontano con orgoglio in paese. La tomba dei suoi è un minuscolo fazzoletto di terra con fiori finti sbiaditi e una rete metallica strappata e arrugginita.
Ci è tornato anche otto anni fa con Ron Howard, il grande regista di Hollywood, quando giravano il film Elegia Americana tratto dal suo romanzo, poi ha comprato una piccola fattoria. Elegia Americana ha venduto milioni di copie, il film è stato un successo e lui è diventato famoso. Il suo volto è diventato famoso. Ma la sua scalata era già cominciata.
In una notte di tragedia, alle prese con l’ennesima caduta agli inferi della madre, aveva scelto di tagliare gli ormeggi, partire e percorrere la sua strada, durissima, verso il successo. Parte. Lo ammettono a Yale, poi grandi studi legali. E l’incontro con Peter Thiel il filosofo miliardario della Silicon Valley fondatore di PayPal. Thiel che lavora con i servizi segreti di mezzo mondo grazie alla sua Palantir. Il miliardario di origini tedesche che non appare mai in pubblico se non per lunghe, filosofiche conferenze in cui parla dell’umanità che verrà, del suo sogno di un universo senza governo, dominato dalla libertà, e dell’apocalisse che ci aspetta. JD Vance e Peter Thiel lavorano insieme, moltiplicano i miliardi. Anche JD diventa ricco, molto ricco. Ma hanno in mente il potere. La politica. Anche se JD è diventato il narratore dei bianchi poveri d’America lasciati indietro. Ultimi nella scala sociale. Tutti quelli che votano Trump. Lui all’inizio è contro Trump poi, con Thiel, si convincono che è Trump la chiave migliore, già pronta, per arrivare al potere. Lui, che con il suo essere fuori dagli schemi per natura, permetterà di costruire un nuovo mondo senza istituzioni, senza regole, solo con individui che si costruiscono il proprio futuro. Perché quello è il paradosso di Vance. Quando ripensa al suo mondo, agli operai dell’Ohio, i disgraziati del Kentucky, non crede che i poveri, gli ultimi siano il prodotto di una società ingiusta. Pensa, al contrario, che siano loro a non combattere abbastanza. A non soffrire per costruire il futuro. A cadere nelle trappole di un sistema che ti porta a sognare quello che non puoi avere a indebitarti per avere di più e poi a crollare.
Un sistema corrotto che a scuola, invece di forgiare giovani pronti a lottare, li distrae con discorsi sul “genere” che indeboliscono la società. Lui, invece, è partito da lì e ce l’ha fatta da solo. Anche gli altri devono fare la sua stessa fatica. Non c’è mai il discorso delle opportunità nel racconto di Vance che evolve e si fa via via più intransigente negli anni, fino a continuare a vagheggiare, insieme a Thiel, un modello di società elitista. Ipermeritocratico. Senza spazio per il welfare, l’inclusione e la costruzione di percorsi per chi ha meno. Immagina un mondo in cui l’America sia dominante, e l’impegno – anche militare – degli Usa commisurato esclusivamente alla convenienza per gli Stati Uniti stessi. Il guadagno economico e strategico diventa l’unico strumento di valutazione. Tre anni fa, dialogando proprio con Steve Bannon in uno dei suoi podcast “War Room”, nei giorni in cui correva per la carica di senatore dell’Ohio, diceva brutalmente: «Penso che sia ridicolo che continuiamo a focalizzarci sul confine dell’Ucraina, non me ne importa nulla di cosa succede all’Ucraina in un modo o in un altro». E in più, dice Vance, l’aiuto americano all’Ucraina è un modo per finanziare l’Europa che non fa nulla. È duro, abrasivo, diretto fino diventare feroce ogni volta che dice quel che pensa.
I leader europei non si erano ancora ripresi dalla sua tirata sull’«Europa che non protegge la libertà di parola» fatta alla conferenza di Monaco due domeniche fa. Davanti a una platea attonita aveva affermato perentorio: «In Gran Bretagna e in tutta Europa, temo, la libertà di parola è in ritirata. A quanto pare, non si può imporre l’innovazione o la creatività, così come non si può forzare le persone su cosa pensare, cosa sentire o cosa credere, e crediamo che queste cose siano certamente collegate. E sfortunatamente, quando guardo l’Europa oggi, a volte non è così chiaro cosa sia successo ad alcuni dei vincitori della Guerra Fredda». Si riferiva a molte cose insieme, all’iniziativa della magistratura rumena di bloccare il candidato filorusso, alle policy per la diffusione di hate speech e fake news sui social media, ma la cosa chiave era il tono. Un tono duro e sfidante nei confronti degli europei, della loro visione del mondo. Negli ultimi giorni i vecchi europei hanno subito dal giovane vicepresidente americano lo stesso trattamento riservato a Zelensky. Vengono sbeffeggiati, perché sommersi dalle regole e considerati un ostacolo sul percorso di realizzazione di un progetto globale in cui spariscono le istituzioni internazionali, prevalgono le sole ragioni economiche e in cui, un elitismo di fondo, di fatto considera l’America “prima” perché è la migliore. Esattamente come nella società, solo i “migliori” devono avere spazio e potere nel mondo di Vance. D’altronde è la sua storia. A Jackson i vecchietti seduti ai tavoli di Arby’s, sulla strada principale, a mangiare con cinque dollari piattoni di uova e bacon (le uniche proteine che possono permettersi in una giornata) lo venerano come un eroe. Lui è il migliore perché ce l’ha fatta e se ne è andato da quella miseria. Adesso spiegherà al mondo quali sono le regole del gioco, perché lui non ha paura di niente. L’Hillbilly sopravvissuto al suo destino, non sarà un vicepresidente silente. È l’uomo di un piano, di un disegno inquietante. Fa parte di un piccolo e potentissimo gruppo di persone che si è diviso le parti in commedia con un progetto chiaro in mente.
Il percorso è appena iniziato.