il Fatto Quotidiano, 2 marzo 2025
Gaza, Israele ferma gli aiuti umanitari per il no di Hamas al piano Witkoff. A Gerusalemme 500 coloni assaltano la moschea di Al-Aqsa
La prima fase del cessate il fuoco è scaduta sabato 1 marzo, senza alcun accordo tra Israele e Hamas che si scambiano accuse e non solo. E mentre il gruppo militare palestinese comunica 4 morti e 6 feriti negli ospedali di Gaza, l’agenzia di stampa palestinese Wafa riferisce che più di 500 coloni israeliani avrebbero fatto irruzione nel complesso della moschea di Al-Aqsa, la più grande nella di Gerusalemme e parte del complesso di edifici sacri per ebrei, musulmani e cristiani. L’irruzione, secondo quanto riferito, sarebbe avvenuta sotto la protezione dei soldati israeliani, nel secondo giorno di Ramadan per il quale Israele ha imposto restrizioni agli ingressi nei luoghi di culto duramente criticate dalle autorità religiose palestinesi. Nella stessa mattinata di domenica, una persona è stata uccisa e un’altra è rimasta ferita in un attacco israeliano con droni su Beit Hanun, una città nel nord della Striscia, secondo i media palestinesi ripresi da Al Jazeera. Più tardi, la Protezione Civile della Striscia, gestita da Hamas, ha riferito di colpi di artiglieria e attacchi di carri armati “ai margini della città di Abassan al-Kabira, a est di Khan Yunis“, nel sud del territorio.
Intanto, nella notte tra sabato e domenica, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha deciso di bloccare l’ingresso di merci e forniture nella Striscia perché, è stato comunicato in una nota, Hamas ha rifiutato il piano per estendere la prima fase fino al Ramadan e alla Pasqua ebraica, proposto dall’inviato in Medio Oriente dell’amministrazione Trump, Steve Witkoff. In base al piano, ha fatto sapere Israele, i militari palestinesi dovranno rilasciare metà degli ostaggi il primo giorno e gli altri non appena raggiunto un accordo per un cessate il fuoco duraturo. Hamas, invece, insisterebbe perché si passi subito alla seconda fase del cessate il fuoco: “L’unico modo per raggiungere la stabilità nella regione e il ritorno dei prigionieri”. La risposta: “Israele non permetterà una cessazione delle ostilità senza il rilascio dei nostri ostaggi. Se Hamas continuerà nel suo rifiuto, ci saranno ulteriori conseguenze”.
Per Hamas, la decisione di Netanyahu “è un’estorsione a basso costo, un crimine di guerra e un palese attacco all’accordo di cessate il fuoco: fermare l’ingresso degli aiuti significa la decisione di Israele di far morire di fame i residenti della Striscia di Gaza. Deve essere presa una posizione internazionale dura per fare pressione su Israele affinché fermi tutto questo”. Secondo Israele, invece “l’allarme fame è stata una menzogna durante tutta la guerra. È una bugia”, ha detto il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar, tra i ministri israeliani le cui abitazioni sono state raggiunte da dimostranti che chiedono la continuazione dell’accordo sul cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. Oltre all’abitazione di Sa’ar, le proteste hanno raggiunto quelle della ministra della Scienza Gila Gamliel, dei Trasporti Miri Regev, del ministro degli Affari strategici Ron Dermer e del ministro degli Interni Moshe Arbel. Il blocco degli aiuti, riportano i media israeliani, sarebbe solo “una mossa simbolica“. Il governo ritiene che “25.200 camion entrati nella Striscia durante gli ultimi 42 giorni di cessate il fuoco, con aiuti umanitari sufficienti per 4 mesi”.